“Il filo spinato è una semplice questione di opinione. “Noi dietro il filo spinato?”, ha fatto un anziano signore incrollabile, accompagnandosi con un malinconico cenno della mano. “Sono loro a vivere dietro il filo spinato!”, e intanto indicava le alte ville che si ergono come sentinelle dall’altra parte della recinzione. Se il filo spinato si limitasse a circondare il campo, se non altro si saprebbe dove ci si trova, ma quei nervi novecenteschi si snodano anche all’interno del campo stesso, intorno alle baracche e tra di esse, a formare una rete labirintica e impenetrabile. Di quando in quando si incontrano persone con le mani o il volto graffiati.
Ai quattro angoli del nostro villaggio di legno svettano torrette di guardia: piattaforme battute dal vento che poggiano su quattro pali alti. Su di esse la figura di un uomo con elmetto e fucile si staglia contro i cieli mutevoli. Alla sera può capitare di sentire il rumore di uno sparo sopra la brughiera, come quando quel signore cieco si smarrì troppo vicino al filo spinato…
E’ anche solo per questo motivo, per via del suo carattere così ambiguo, che è tanto difficile raccontare qualcosa di Westerbork. Da una parte vi si sta formando una comunità stabile – certo, si tratta di una convivenza forzata, ma presenta tutte le caratteristiche proprie di una società di individui; dall’altra è un campo destinato a un popolo in transito e ci sono sempre forti sommovimenti quando vi si riversano le masse che provengono dalle grandi città e dalla provincia, dalle case di riposo, dalle prigioni e dai campi di punizioni, da ogni angolo dei Paesi Bassi, per poi vedersi nuovamente deportate, pochi giorni dopo, alla volta di una deportazione sconosciuta.
Immaginerete la ressa in quel mezzo chilometro quadrato. Non tutti del resto sono come quell’uomo che ha preparato la bisaccia ed è partito di propria iniziativa, e interrogato sul perché, ha risposto di voler essere libero di andarsene quando piaceva a lui. Mi aveva fatto pensare a quel giudice romano che disse rivolto a un martire: “Sai che io ho il potere di ucciderti?”, al che l’altro rispose: “Ma tu sai che io ho il potere di morire ucciso?”
Etty Hillesum, da “Lettere da Westerbork”, 1942-1943
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Nell’immagine: Il campo di Westerbork , nei Paesi Bassi, tra il 1940 e il 1945. Dal 1942 al 1944, Westerbork venne utilizzato come campo di transito per gli ebrei olandesi destinati ai centri di sterminio nella Polonia occupata dai tedeschi.