Affabulazioni

Baloon

03.03.2024
La Baloon era una contadina del vercellese che nei tempi di carestia mi regalava qualche ovetto fresco per il mio fratellino di pochi mesi. Per andare dalla Baloon io passavo su un pontile di legni oramai consunti prossimi a franare nel piccolissimo rio che conduceva alle alacri risaie.
Quell’anno avevo fatto la monda quaranta giorni in fila con le altre mondine con le gonne rialzate fino alla vita cantando a squarciagola per portare a casa un tozzo di pane nero.
La sera una lavata di mani e otto ore di clavicembalo ben temperato per poter passare alla polifonia.
Sferzate di sole e di acqua, di musiche e pianti, di visioni celestiali e una grande voglia di vendere l’anima al diavolo per un giorno di felicità.
Era l’epoca, Maria santissima, in cui tornando da quelle seratacce violente qualche albero lentamente frusciava e io, inaspettatamente, ti vedevo stampato nel cielo.
Già allora, piccola e non creduta Bernadette, sporca di fango e di farina e di tanta, tanta follia religiosa.
Con quei pochi soldi andavo da una contadina che avevano soprannominato la Baloon e che mi voleva assai bene ma io non sapevo che Baloon fosse il suo soprannome, in realtà si chiamava Rita, e il giorno in cui entrai nel suo cortile gridando a squarciagola: “signora Baloon, signora Baloon”, lei si girò infuriata e mi calò in testa un intero paniere di uova.
Alda Merini, da “Elettroshock”, 2010
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Immagine in evidenza: Angelo Morbelli, “In risaia”, 1901

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