Affabulazioni

Io me lo ricordo il mio insegnante di italiano del liceo

17.02.2025
“Io ho preso tanti di quei 4 da farci una collana di perle. Quattro, rimandato a settembre… una volta si faceva così. Una volta mi feci rimandare in quattro materie e una la fecero scegliere a me. Pensa un po’ che gentili. Perché era impossibile darmene solo tre. E quindi ricordo che scelsi storia dell’arte, pensando che fosse leggera. Invece era complicata anche quella. Niente. Ho rovinato la vacanza a mio papà e a mia mamma.
Però me lo ricordo… Mi sono ricordato di quell’amarezza di ritornare a casa e darmi dello stupido. Perché avrei potuto studiare un po’ di più ed evitarmi quell’estate orrenda.
È da lì che ho imparato quello che dovevo fare. Se nessuno mi avesse bocciato, se nessuno mi avesse dato 4, io non sarei seduto qui. Sarei un cretino di una certa età, seduto su qualche poltrona in qualche parte d’Italia. Annoiato, burbero.
Che cosa avrei potuto dirvi? No, io sono bello felice di essere qui. Faccio chilometri per essere qui. Li ho fatti ieri, li farò oggi, li farò domani. Non mi lamento perché è un lavoro meraviglioso. Però il mio compito è strigliarvi. Non è pettinarvi il pelo.
Mi dispiace. Avrebbero dovuto chiamare un altro. Io non sono buonista per nulla. Perché credo che per educare ci voglia una certa severità. La severità non è cinismo. Non è cattiveria. È bontà.
Non è dare le pacche, le scudisciate come facevano i nostri nonni. Per carità. Quello è autoritarismo. Non serve a nulla l’autoritarismo. Serve l’autorevolezza.
Io me lo ricordo il mio insegnante di italiano del liceo. Si chiamava Leone. Dal nome era straordinario. Era bello poi. Tutte le insegnanti erano pazze di lui. Bello, lontano, imprendibile. Il massimo. Arrivava e c’era un silenzio… sembrava che fossero tutti morti. E lui l’unico vivo. E parlava. E poi ti interrogava. E quando tu ti arrampicavi sugli specchi, come succedeva, ad un certo punto faceva così: non diceva una parola. Era la tua fine.”
Paolo Crepet

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