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Un pohela boishakh a Centocelle

21.05.2020

In Bangladesh e nel Bengala Occidentale il pohela boishakh (o poila boishakh) si festeggia il 14 aprile.

Di cosa sto parlando?

Del capodanno, ovviamente, una delle festività nazionali per eccellenza. Nell’antichità seguiva il ciclo lunare e si inaugurava in primavera. Poi, con il tempo, la tradizione ha cominciato a seguire il ciclo solare e ha stabilito, come data per i festeggiamenti, il primo giorno del mese Boishak, che cade intorno al 14 aprile.
È l’occasione in cui tutta la popolazione si riunisce, nonostante le differenze religiose e regionali. Questa ricorrenza affonda le radici in un contesto rurale, nelle campagne, dove la tradizione ha più ampio respiro rispetto alle città, anche se ormai il capodanno è ampiamente vissuto ovunque, soprattutto nella capitale Dacca.
La giornata inizia prestissimo: è consuetudine attendere l’alba sotto un grande albero o lungo la riva di un lago; si prosegue con una pulizia profonda della casa, per rispetto agli ospiti che accoglierà. Si indossano gli abiti più eleganti, precisamente quelli tradizionali della festa: le ragazze, ad esempio, sfoggiano il sari dagli orli rossi, i tipici bracciali churi, i fiori ful e gli immancabili bindis (le decorazioni per la fronte); gli uomini, invece, portano il paejama di colore bianco o pants oppure il lungi (dhoti/dhuti), cioè una lunga gonna o ancora il kurta, cioè una tunica.
Il capodanno è un giorno da trascorrere interamente con parenti, amici e vicini di casa. Fiere, sagre con vari prodotti agricoli e artigianali, concerti, spettacoli, danze e canzoni popolari, folk, di augurio per il nuovo anno e molto altro si susseguono durante tutto il poila boishakh. Colori, profumi, sapori speziati pervadono le strade e le tavole di tutto il paese.
Esattamente due anni fa ho avuto il piacere di assistere e prender parte a questa festa, organizzata dalla comunità bengalese di Roma presso il parco di Centocelle.

Sono felice di condividere qui su Yunus questa esperienza, per testimoniare in prima persona la bellezza dell’integrazione, dello scambio sculturale e di come sia splendido sentirsi accolti, sentirsi a casa.

Foto e testo di Sonia Simbolo

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