Affabulazioni

L’ora di fantasia

20.07.2020
“In sogno ho visitato la scuola del futuro. Somiglia alla nostra: coi banchi, le aule, i disegni sul muro. Ci sono ancora le materie, i bidelli e i professori ma insieme alla matematica, alla storia e alla geografia nei programmi del futuro hanno inserito la Fantasia.
Il professore non entra, ma esce, e a volte parla ai ragazzi la lingua del pesce. Fa lezione in silenzio, o in piedi sulla cattedra, ogni tanto si tuffa di sotto e ogni giorno presenta agli studenti qualcosa di rotto.
Come lo aggiustiamo? Chiede ai ragazzi.
Un giorno a rompersi è il ginocchio, poi è la volta dell’astuccio, del cancellino, dell’uovo nel tegame; ogni tanto si rompe l’amicizia, la speranza, o magari si rompe un legame.
Come aggiustiamo l’amore? Domanda il professore.
E gli allievi provano, inventano, formulando ipotesi e fantasie. In quell’ora magica, capita che le verità si travestano da bugie. Se non sapessi che è l’ora di Fantasia, direi che somiglia a un laboratorio di falegnameria.
Il giorno dopo il prof entra cantando, poi sottovoce grida: ora vi domando! Da dove comincia il tutto? Come si digerisce un lutto? Come si fa a cucinare la pace? Come scopri che cosa ti piace? Gli studenti ascoltano, e nessuno può rispondere prima di aver contato fino a piove.
Fino a piove? E che numero è?
Nessuno lo sa, dice il professore, è questa la specialità. Aiuto i ragazzi a disegnare mondi immaginari, futuribili scenari, universi pericolosi e mondi meravigliosi, a inventare soluzioni, a giocare con le domande, così ognuno di loro esce da qui un po’ più piccolo e un po’ più grande. A questo serve, dice lui, la fantasia. A immaginare diversa la vita: la tua, la mia. A vedersi nuovi, a disegnarsi più alti, a diventare capaci di piangere, a saltare senza salti, a saper perdonare gli altri, a nuotare sul divano, a essere vicini da lontano, a imparare ad avere paura, a pregare anche senza Dio, ad avere il coraggio di dire: io non sono solo io.
Ho incontrato i ragazzi, a lezione finita, e mi hanno detto: oggi abbiamo provato a svitare la vita! E dopo averla svitata, l’abbiamo guardata da vicino, giorno per giorno, istante per istante, e quando l’abbiamo riavvitata era più … più …
… era più?
Ma poi è suonata la campanella, e gli studenti sono volati via; anche nella scuola del futuro i ragazzi corrono nei corridoi, belli e fragili come gli eroi.
Il giorno dopo, sempre in sogno, ho assistito all’interrogazione: la cosa più sorprendente è che nell’ora di Fantasia il prof viene interrogato dallo studente!
Da dove arriva la fantasia? Gli ha domandato una ragazza vestita di blu. Lui, da vero filosofo, le ha detto: dimmelo tu. E lei ha risposto: dal fatto che la vita non è come vuoi tu, e così te la inventi. Il prof. di Fantasia le ha sorriso: non avrei saputo dirlo altrimenti. Voto: centoventi!
Come, centoventi?!
Eh, già. La Fantasia ha voti fantastici: alcuni sono colori, altri sono numeri a caso, altri sono lievi buffetti sul naso. Sul quaderno della ragazza blu c’era persino un voto che aveva la forma del fiore di loto. Era un voto profumato, e annusandolo mi sono svegliato.
Che sogno, che scuola di matti, che follia, l’ora di Fantasia!? La Fantasia come materia! O forse la materia come fantasia, direbbe il professore.
La studierei per ore. Mi piacerebbe imparare a contare fino a piove. O magari proverei ad aggiustare l’amore, magari. O forse cercherei di trasformare i miei pensieri, quando si fanno troppo funesti.
E tu, all’ora di Fantasia, che cosa chiederesti?”
Luca Chieregato, “L’Ora di Fantasia”
(Joan Mirò, “Il giardino“, 1925)

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