Linguaggi

Kintsugi dell’anima

04.11.2021
“Bisogna sentirsi fragili, per essere scolpiti dal vento,
per ritrovarsi creature sperdute, cariche di malinconie.
La fragilità ti apre sentieri, pensieri taciuti per troppo tempo.
È nel sentiero delle cose fragili, che basta un colpo di vento per imparare a volare.
Volare lontani, fragili, per farsi radici forti, farsi sguardo negli infiniti universi.
Eroi fragili che si fanno semi per le magnolie, per gli ippocastani, per il mandorlo.
Essere fragili per essere pronti a rinascere piu forti di prima.
Una forza lieve, che ara la terra e semina il grano.”
Antonio Catalano, da “Discorsi Inutili”, 2019
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C’è una cosa più importante del nostro fiorire

“C’è una cosa più importante del nostro fiorire: il nostro rifiorire.
Che la notizia circoli tra quei feriti che noi tutti siamo;
giunga a quanti hanno tentato e sbagliato;
riscatti coloro che si sono perduti nei corridoi lunghi dei loro inverni.”

 

José Tolentino Mendonça

 

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Bisogna salvare le ferite

“Bisogna salvare le ferite.
Non lasciarle sole, sperdute nell’idea fissa
della medicazione e della guarigione.
Bisogna interrogare le ferite e aspettare le risposte.
La risposta alla ferita siamo noi.
I nostri gesti, le nostre possibilità accolte o respinte,
i tremori e gli assalti rispondono tutti alle ferite.
Perdere una ferita significa perdere una segnaletica importante
per un viaggio dentro le orme dell’esistenza,
un viaggio che ci accomuna e ci distingue,
ci fa cantati,
cantati dalla vita cruda.”
Chandra Livia Candiani, da “Questo immenso non sapere: Conversazioni con alberi, animali e il cuore umano”
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Non dimenticare mai
“Non dimenticare mai”,
gli aveva raccomandato,
“che la vita ama quelli
che l’aspettano a un angolo della strada,
con un fiore in mano.
Puoi anche cadere in ginocchio,
strisciare per terra,
ferirti a sangue.
E con questo?
Non crolla mica il mondo!
Sono cose che succedono.
C’è sempre il tempo per risollevarsi.
Soltanto le statue non si piegano.”

Alkioni Papadaki, da “Il colore della luna”

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Ho vissuto alla velocità dei sogni
“Ho vissuto alla velocità dei sogni
Tra sfavillanti scintille
Ho piantato un albero di susine
Ne hanno assaggiato i frutti
Meno male che ho amato la tristezza
Soprattutto la tristezza che c’è nell’occhio delle pietre
Del mare dell’essere umano
E ho amato la gioia improvvisa
Meno male che ho amato la pioggia
Meno male che sono stato in carcere
Ho amato l’irraggiungibile
In tutte le mie nostalgie
Meno male che ho amato il ritorno.”

Nazim Hikmet

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Svegliati. Il giorno ti chiama
“Svegliati. Il giorno ti chiama
alla tua vita: il tuo dovere.
A nient’altro che a vivere.
Strappa ormai alla notte
negatrice e all’ombra
che lo celava, quel corpo
di cui è in attesa, sommessa,
la luce, nell’alba.
In piedi, afferma la retta
volontà semplice d’essere
pura vergine verticale.
Senti il tuo corpo.
Freddo, caldo? Lo dirà
il tuo sangue contro la neve
da dietro la finestra;
lo dirà
il colore sulle tue guance.
E guarda il mondo. E riposa
senz’altro impegno che aggiungere
la tua perfezione a un altro giorno.
Il tuo compito
è sollevare la tua vita,
giocare con lei, lanciarla
come voce alle nubi,
a riaffermare le luci
che ci hanno lasciato.
Questo è il tuo destino: viverti.
Non devi fare nulla.
La tua opera sei tu, niente altro.”

Pedro Salinas, da “La voce a te dovuta”

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Alberto Burri, “Il Grande Cretto”, 2015
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Cicatrici

“Non c’è cicatrice, per quanto brutale paia,
che non racchiuda bellezza.
Una precisa storia si narra in essa,
un qualche dolore. Ma anche la sua fine.
Le cicatrici, allora, sono le cuciture
della memoria,
una finitura imperfetta che sana
danneggiandoci. La forma
che il tempo trova
di non dimenticare mai le ferite.”

Piedad Bonnett (poetessa colombiana),  “Cicatrici”, da “Explicaciones no pedidas” (“Spiegazioni non richieste”)

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Microfratture

“L’idea della catastrofe, una catastrofe silenziosa,
appena avvertita, ma inevitabile.
Oppure le microfratture psichiche,
le microfratture di un’anima.
La mia anima è piena di
microfratture. Sono i piccoli traumi nascosti,
dimenticati, che tornano ogni tanto, quando l’anima è sotto sforzo,
quando non te ne accorgi. Dentro sono franato tutto. Non me ne accorgo,
ma lo sono. Magari quando attraversi una strada e un rumore ti fa rabbrividire,
quando tremi alla pronuncia di un nome, quando
hai un improvviso soprassalto di insicurezza. Le microfratture
sono le telefonate e gli appuntamenti che ti snervano,
improvvisamente,
l’andare in una stanza e chiedersi: che ci sto a fare,
ecc. ecc.
tutto un elenco dei nervosismi, dei soprassalti, delle cose che ti feriscono,
e le minuzie che ti snervano, ecc ecc
il cervello che funziona troppo.”
Carlo Bordini, “Microfratture”
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In me c’è qualcosa di rotto

“In me c’è qualcosa di rotto.
Sono come l’orologio che si ferma
poco dopo averlo caricato,
come il piatto incrinato ce non torna
nuovo se anche
lo incolli con cura.

In me c’è qualcosa di schiacciato.
Sono come il tubetto di dentifricio
quando nulla ne esce
se anche lo premi,
come la pallina da ping-pong ammaccata
che non può tenere più in gioco
nemmeno un buon giocatore.

Ci sono oggetti distrutti e schiacciati
dal principio, senza motivo, in me:
l’ombrello che non sta aperto, il violino
fuori uso e i sandali coi cinturini rotti,
il rubinetto intasato, il flauto
sfiatato, la lampada consumata.

Eppure non mi perdo d’animo,
l’ira non mi trascina, né mi tormento
come una volta, anzi mi auguro
di potermi riempire
di quelle cose inutili,
restando distrutto e schiacciato,
in questo trovando il mio orgoglio.”

Kikuo Takano, da “L’infiammata assenza”

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Immagine dal web

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Lascia che le cose si rompano

“Lascia che le cose si rompano, smetti di sforzarti di tenerle incollate.

Lascia che le persone si arrabbino.
Lascia che ti critichino, la loro reazione non è un problema tuo.

Lascia che tutto crolli, e non ti preoccupare del dopo.
Dove andrò?
Che farò?
Nessuno si è mai perso per la via, nessuno è mai rimasto senza riparo.

Ciò che è destinato ad andarsene se ne andrà comunque.
Ciò che dovrà rimanere, rimarrà comunque.

Troppo sforzo, non è mai buon segno, troppo sforzo è segno di conflitto con l’Universo.
Relazioni
Lavori
Case
Amici e grandi amori.

Consegna tutto alla Terra e al Cielo, annaffia quando puoi, prega e danza ma poi lascia che sbocci ciò che deve e che le foglie secche si stacchino da sole.

Quel che se ne va, lascia sempre spazio a qualcosa di nuovo: sono le leggi universali.

E non pensare mai che non ci sia più nulla di bello per te, solo che devi smettere di trattenere quel che va lasciato andare.

Solo quando il tuo viaggio sarà terminato, allora finiranno le possibilità, ma fino a quel momento, lascia che tutto crolli, lascia andare.”

Claudia Crispolti

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Amo i gesti imprecisi

“Amo i gesti imprecisi,
uno che inciampa, l’altro
che fa urtare il bicchiere,
quello che non ricorda,
chi è distratto, la sentinella
che non sa arrestare il battito
breve delle palpebre,
mi stanno a cuore
perché vedo in loro il tremore,
il tintinnio familiare
del meccanismo rotto.
L’oggetto intatto tace, non ha voce
ma solo movimento. Qui invece
ha ceduto il congegno,
il gioco delle parti,
un pezzo si separa,
si annuncia.
Dentro qualcosa balla.”

Valerio Magrelli, da “Nature e venature”

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C’è una frattura
“C’è una frattura
dalla quale emerge ciò che è intatto.
Una distruzione da cui
emerge qualcosa di indistruttibile.
C’è un dolore al di là di ogni dolore
che conduce alla gioia
e una fragilità dalla cui profondità
emerge la forza.
C’è uno spazio vuoto
troppo ampio per le parole,
uno spazio che attraversiamo
con ogni perdita.
Al di fuori di questa oscurità
siamo benedetti.
C’è un grido più forte di qualunque suono
i cui bordi seghettati tagliano il cuore
e mentre rompiamo
ciò che è indistruttibile
impariamo a cantare.”
Rashani Réa, “C’è una frattura”
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Pier Tofoletti
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Le cicatrici
“Non c’è cicatrice, per quanto atroce,
che non racchiuda bellezza.
Una storia puntuale si racconta in essa.
Certo, il dolore, ma anche la sua fine.
Le cicatrici sono punti sulla memoria,
un rammendo imperfetto, che guarisce
ferendo.
Il tempo, che trova il modo
di non farci scordare le sconfitte.”
Piedad Bonnet, “Le cicatrici”, da “Explicaciones no pedidas”, 2011
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Foto di Sonia Simbolo
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Non lo sapevo
“Non lo sapevo
ma avevo come tutti
il mio punto di rottura
come i vetri
come la terracotta
come il ferro.
Incrinata sbreccata e fusa
cammino in questa stanza
coperta fino alle unghie.
Nessuno tranne te
può vedermi debole.”
Elisa Ruotolo, da “Corpo di pane”, 2019
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Immagine in evidenza:Paige Bradley, “Expansion”, scultura kintsugi

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