Linguaggi

La pioggia racconta…

09.11.2021
“Chi desidera vedere l’arcobaleno, deve imparare ad amare la pioggia”
Paulo Coelho
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Paul Gustave Fischer, “Rainy Day”
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Racconto sulla pioggia
Tutto il giorno la pioggia non mi lascia.
“Vattene!”, io le dico rozzamente;
fa quattro passi indietro, poi, devota,
mesta mi segue come una bambina.
Come un’ala, la Pioggia alla mia schiena
s’è incollata. “Vergognati!”, le dico;
“l’ortolano t’invoca lacrimando,
corri dai fiori! Che hai trovato in me?”
Intanto in giro regna un’afa cupa;
dimenticando ogni altra cosa al mondo,
la Pioggia è qui con me, mentre d’intorno
mi danzan i bambini, quasi fossi
la macchina per innaffiare i prati.
M’infilo in un caffè, dentro una nicchia.
Alla finestra, come un accattone,
mi aspetta. Ed all’uscita mi castiga
con uno schiaffo umido sul viso;
ma subito la Pioggia audace e triste
mi lascia sulle labbra un bacio fresco,
che ha il profumo del cucciolo bagnato.
Son buffa col mio fradicio scialletto.
Bella Achatovna Achmadulina, “Racconto sulla pioggia”

 

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Tu e io abbiamo una pioggia in sospeso
“Tu e io abbiamo una pioggia
in sospeso
non importa se ad agosto
o a febbraio
pioverà
io ti asciugherò i capelli
tu mi inzupperai la vita.”
Milton Fernàndez, da “Nóstos”, 2023
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Foto di Daniel Stark
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Ascoltavo la pioggia
“Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quale fragile ardore
sillabava e moriva.
L’infinito tendeva
ori e stralci di rosso
profumando le pietre
di strade lontane.
Mi abitavano i sogni
odorosi di muschio
quando il fiume impetuoso
scompigliava l’oceano.
Ascoltavo la pioggia
domandare al silenzio
quanti nastri di strade
annodavano il cuore.
E la pioggia piangeva
asciugandosi al vento
sopra tetti spioventi
di desolati paesi.”

Alda Merini

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Elogio del grigio
“Vuoi mettere una giornata uggiosa
nuvole nere in cielo
minacciose e severe come matrigne
con la solare prevedibilità dell’io estivo?
Vorresti paragonare i misterici scrigni
e le magiche elucubrazioni
di un pomeriggio desolato e grigio
con i vortici popolosi delle feste?
“Datemi un temporale
una biblioteca
un gatto nero
… e vi trasmuterò il mondo!”
Un’acquosa aria elettrica
m’invita ad esplorare
i cauti incubi del quotidiano.
Vi ho mai parlato dei danni
che i raggi solari dell’ingenuo
mi causano sulla pelle dell’anima?
Lo spirito casalingo del fuoco
illumina i sapienti libri eterni,
lontano dai percorsi consueti
di un borghese “dì di festa”.
E speriamo che piova ancora.”

Michele Nigro, “Elogio del grigio”

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Marc Chagall, “Rain”, 1911

 

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Gli acquazzoni estivi non si fanno annunciare

“Gli acquazzoni estivi non si fanno annunciare.
Irrompono in un cielo terso,
fulminei e violenti.
Scuri e minacciosi.
Entrano in scena non invitati.
Come attori consumati
scostano i tendoni del sipario
e salgono sul palcoscenico
improvvisando un monologo.
Il pubblico, colto di sorpresa,
ascolta attonito e muto.
A fine esibizione
non vi è scroscio di applausi.
Gli artisti se ne sono già andati.
Spariti tra le quinte.
In sala, nel silenzio fradicio,
restano pozzanghere
di stupore e rammarico.
Neppure il più robusto degli ombrelli
può offrire riparo.
Si attende l’arcobaleno.
Si attende sempre un arcobaleno
a ripulire il cielo,
ad asciugare gli abiti,
a riportare il sereno,
fuori e dentro.”

Anja Bluez, da “A lievi passi”

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Arrivi quando meno ti ricordo
“Arrivi quando meno
ti ricordo, quando
più lontano sembri
dalla mia vita.
Inaspettato come
quelle tempeste che si inventa
il vento
un giorno immensamente azzurro.
Poi la pioggia
trascina le sue spoglie
e mi cancella le tue impronte.”

Meira Delmar

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Gustave Caillebotte, “Strada di Parigi in un giorno di pioggia”, 1877

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Per fiorire non basta il sole
“Per fiorire
non basta il sole
bisogna saper indirizzare bene
tutta la pioggia
che ci portiamo dentro.”

Gio Evan

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Stanza dopo stanza, lampada dopo lampada

“Stanza dopo stanza, lampada dopo lampada,
i palazzi si risvegliano
e tutto intorno la pioggia apre i suoi petali
con un lento sussurro che percorre
sete e tendaggi.
Dormiamo dentro a un fiore che si alza
troppo lentamente sul mondo.
Tuttora ignoriamo da quale paese remoto
ci ha portati il sonno,
ma ci risulta che tra la notte e il giorno
sono passati gli anni…
La pioggia sta schiudendo la sua corolla
nel mezzo della quale ci svegliamo.
Ora so che il tuo sorriso, i tuoi capelli,
i tuoi occhi dove la notte si attarda,
la neve che cade sui tuoi seni
e queste stesse parole
sono anche petali di qualche immenso calice,
petali che si stanno aprendo, amore mio,
con lo stesso sussurro della pioggia
sui vetri.”

Eugenio Montejo, da “La lenta luce del tropico”

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Carlo Brancaccio, “Napoli, via Toledo, impressione di pioggia”, 1888-1889

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Seguo questo corso di sabbia

“Seguo questo corso di sabbia
tra i ciottoli e la duna
la pioggia d’estate piove sulla mia vita
su me la mia vita che mi sfugge mi insegue
e finirà il giorno del suo inizio
caro istante ti vedo
in questa tenda di bruma che indietreggia
dove non dovrò più calpestare
quelle lunghe soglie mobili
e vivrò il tempo di una porta
che si apre e si richiude.”

Samuel Beckett, da “Dieppe”

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Ascoltami come chi ascolta piovere

“Ascoltami come chi ascolta piovere,
né attenta né distratta,
passi lievi, pioviggine,
acqua che è aria, aria che è tempo,
il giorno non finisce di andarsene,
la notte non arriva ancora,
figure della nebbia
al voltare l’angolo,
figure del tempo
nell’ansa di questa pausa,
ascoltami come chi ascolta piovere,
senza ascoltarmi, ascoltando ciò che dico
con gli occhi aperti verso dentro,
addormentata con i cinque sensi svegli,
piove, passi lievi, rumore di sillabe,
aria e acqua, parole che non pesano:
ciò che fummo e siamo,
i giorni e gli anni, questo istante,
tempo senza peso, pesantezza enorme,
ascoltami come chi ascolta piovere,
lampeggia l’asfalto umido,
il vapore si alza e cammina,
la notte si apre e mi guarda,
sei tu e il tuo sembiante di vapore,
tu e il tuo volto di notte,
tu e i tuoi capelli, lento lampo,
attraversi la strada ed entri nella mia fronte,
passi d’acqua sopra le mie palpebre,
ascoltami come chi ascolta piovere,
l’asfalto lampeggia, tu attraversi la strada,
è la nebbia errante nella notte,
è la notte addormentata nel tuo letto,
è l’ondeggiare del tuo respiro,
le tue dita d’acqua bagnano la mia fronte,
le tue dita di fiamma bruciano i miei occhi,
le tue dita d’aria aprono le palpebre del tempo,
sgorgare di apparizioni e resurrezioni,
ascoltami come chi ascolta piovere,
passano gli anni, ritornano gli istanti,
senti i tuoi passi nella stanza vicina?”

Octavio Paz, da “Il fuoco di ogni giorno”

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Norman Garstin, “La pioggia che piove ogni giorno”, 1889

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La pioggia

“La pioggia ha un vago segreto di tenerezza,
una vaga sonnolenza rassegnata e amabile,
si desta con lei un’umile musica
che rende vibrante lo spirito addormentato del paesaggio.

È un bacio azzurro che la Terra accoglie,
il mito primitivo che torna a realizzarsi.
Il contatto ormai freddo dei vecchi cielo e terra
con un clima mite di sere interminabili.

È l’aurora del frutto. Quella che ci dà i fiori
e ci unge del santo spirito dei mari.
Quella che diffonde vita sulle sementi
e nell’anima tristezza di qualcosa di vago.

La nostalgia terribile di una vita perduta,
il fatale sentimento di esser nati tardi,
o l’inquieta illusione di un impossibile domani
con l’inquietudine prossima del colore della carne.

L’amore si ridesta nel suo grigio ritmo,
il nostro cielo interiore ha un trionfo di sangue,
ma il nostro ottimismo si muta in tristezza
vedendo le gocce morte sopra i vetri.

Sono le gocce: occhi di infinito che guardano
il bianco infinito che fu per loro madre.

Ogni goccia di pioggia tremula sul vetro sporco
lascia divine ferite di diamante.
Sono poeti dell’acqua che hanno visto e meditano
ciò che la massa dei fiumi non sa.

Oh pioggia silenziosa, senza tormente né venti,
pioggia calma e serena di squilla e dolce luce,
pioggia buona e pacifica, tu sei quella vera
che scende amorosa e mesta sulle cose!

Oh pioggia francescana che porti con le gocce
anime di chiare fonti e umili sorgenti!
Quando scendi sui campi lentamente
apri coi tuoi suoni le rose del mio petto.

Il canto primitivo che sussurri al silenzio
e la storia sonora che racconti alle fronde
li commenta piangendo il mio cuore deserto
su un nero e profondo pentagramma senza chiave.

La mia anima è triste di pioggia serena,
rassegnata di tristezza di cose irrealizzabili,
e il mio cuore mi impedisce di ammirare
una stella che s’accende all’orizzonte.

Oh pioggia silenziosa che gli alberi amano
e sei per la pianura dolcezza di emozioni;
concedi all’anima le stesse nebbie e risonanze
che poni nello spirito del paesaggio addormentato!”

Federico García Lorca, “La pioggia”

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Banksy, “Bambina con l’ombrello”, 2008

 

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Ancora cadrà la pioggia

“Ancora cadrà la pioggia
sui tuoi dolci selciati,
una pioggia leggera
come un alito o un passo.
Ancora la brezza e l’alba
fioriranno leggere
come sotto il tuo passo,
quando tu rientrerai.
Tra fiori e davanzali
i gatti lo sapranno.

Ci saranno altri giorni,
ci saranno altre voci.
Sorriderai da sola.
I gatti lo sapranno.
Udrai parole antiche,
parole stanche e vane
come i costumi smessi
delle feste di ieri.
Farai gesti anche tu.
Risponderai parole ‒
viso di primavera,
farai gesti anche tu.

I gatti lo sapranno,
viso di primavera;
e la pioggia leggera,
l’alba color giacinto,
che dilaniano il cuore
di chi più non ti spera,
sono il triste sorriso
che sorridi da sola.
Ci saranno altri giorni,
altre voci e risvegli.
Soffriremo nell’alba,
viso di primavera.”

Cesare Pavese, “Ancora cadrà la pioggia”, da “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”, 1950

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Una volta poi…

“Una volta, poi, parlerò di qualcosa
di bello di cose soavi
tenere con un’impercettibile
tristezza
una sera quando il cielo si farà bello
quando le case ingrigiranno
e tutto sarà nebbia

Là nella pioggia
tra le case monocrome
parlerò della potenza
delle foglie d’autunno
perché sarà ottobre

Dietro la nebbia
tacete col colletto
alzato con le mani
infreddolite in tasca
senza luce come l’ombra

E la pioggia scende sulle nostre teste
scoperte sotto i nostri colletti soavi
tenera pioggia
cade sulle case sugli alberi e il cielo
diventa sempre più bello

E la bellezza poi scenderà su di voi
con un’impercettibile
tristezza e capirete
che d’ora in poi sarà sempre autunno”

Agota Kristof, “Una volta poi…”, da “Chiodi”

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Carl Spitzweg, “Il poeta povero”, 1837

 

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Penso a te
“Penso a te
nei vari modi in cui la pioggia scende.
A volte questi pensieri sono
pioggerellina, appena percettibile, niente
di più leggero.
A volte uno scroscio battente, una
solerte pulizia primaverile della mente.
A volte, un terribile temporale.
Sempre di più, con l’età,
odio le metafore,
amo la leggerezza,
temo i temporali.”
Norman MacCaig
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Poggia
“Piove oggi, piove molto,
come se stessero lavando il mondo
il mio vicino di casa guarda la pioggia
e pensa di scrivere una lettera d’amore
una lettera d’amore alla donna che vive con lui
e gli cucina e gli lava i vestiti e fa l’amore con lui
e assomiglia alla sua ombra
Il mio vicino non dice mai parole d’amore alla sua donna
entra in casa dalla finestra e non dalla porta
da una porta si entra in tanti posti
al lavoro, in caserma, in carcere, in tutti i palazzi del mondo
ma non nel mondo
né in una donna
né nell’anima
voglio dire
in quel cassetto o nave o pioggia che chiamiamo così
Come oggi
che piove molto
e fatico a scrivere la parola amore
perché l’amore è una cosa e la parola amore un’altra cosa
e solo l’anima sa dove entrambe s’incontrano
e quando
e come
ma l’anima cosa può spiegare
per questo il mio vicino ha delle tempeste in bocca
parole che si schiantano contro le rocce
parole che non sanno che c’è il sole perché nascono e
muoiono nella stessa notte in cui ha amato
e lasciano lettere nel pensiero che lui non scriverà mai
come il silenzio che esiste tra due rose
o come me
che scrivo parole per tornare
al mio vicino che guarda la pioggia
alla pioggia
al mio cuore esiliato”
Juan Gelman (poeta argentino), “Pioggia” (Trad. di Milton Fernandez)
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Emerico Imre Toth, “Bowler Hat”
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Desidero la pioggia
“Desidero la pioggia
che sciacqua la bocca
sabbiosa il semolino le scorze
di noci patate mele cadute
desidero la pioggia che ripulisce lo stomaco
sospinge acqua morbida nelle vene al cuore
desidero la pioggia che schiarisce e gonfia
i miei capelli lisci e li arriccia
e strofina via dalle spalle la sabbia di ieri
desidero la pioggia che resta nelle pozzanghere
lì dentro voglio infilare i miei piedi tristi
desidero la pioggia che mi distende
i tratti del volto e lava via il sale.”
Helga Maria Novak (poetessa islandese di lingua tedesca), “Desidero la pioggia”, da “Finché arrivano lettere d’amore. Poesie 1956-2004”, traduzione di Paola Quadrelli
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La pioggia
“Bruscamente la sera si è schiarita
perché già cade la pioggia minuziosa.
Cade o è caduta. La pioggia è una cosa
che senza dubbio succede nel passato.
Chi la sente cadere ha recuperato
il tempo in cui la sorte fortunata
gli rivelò un fiore chiamato rosa
e lo strano colore del rosso.
Questa pioggia che acceca i vetri
rallegrerà in sperdute periferie
le nere uve di una pergola in un patio che non esiste più. La bagnata
sera mi porta la voce, la voce desiderata,
di mio padre che ritorna e che non è morto.”
Jorge Luis Borges, “La Lluvia” – Trad. di Livio Bacchi Wilcock
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Daniel Del Orfano, “Pioggia a Venezia”
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Sono la pioggia
“Sono la pioggia e vado
scalza di terra in terra.
Il vento gioca tra i miei capelli
con la sua snella mano bruna.
La mia sottile veste di ragnatela
è più grigia del grigio dolore.
Sono sola. Soltanto qui e là
gioco con un cerbiatto malato.
Nei fili che tengo in mano
sono infilate
tutte le lacrime che mai
pallida bocca di fanciulla pianse.
Le ho tutte rubate nel cuore della notte
a snelle fanciulle,
quando, mano nella mano col desiderio,
attendevano ansiose sul lungo sentiero.
Sono la pioggia e vado scalza di terra in terra.
Il vento gioca tra i miei capelli
con la sua snella mano bruna.”
(8.3.1941)
Selma Meerbaum-Eisinger (1924-1942), da “Non ho vuto il tempo di finire. Poesie sopravvissute alla Shoa”, cura e traduzione di Adelmina Albini e Stefanie Golisch, 2009
Selma era una poetessa ebrea di Cernowitz (oggi Ucraina), che aveva cominciato a scrivere poesie quando aveva 15 anni. Deportata insieme alla sua famiglia nel campo di Michailowska, morì di tifo a 18 anni.
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“Vorrei che non piovesse
ti giuro
che non piovesse in questa città
senza te
e ascoltare i rumori dell’acqua
nella sua discesa
e pensare che lì dove tu vivi
senza di me
sta piovendo sulla stessa città.
Avrai forse i capelli bagnati
accanto a te il telefono
che non usi per chiamarmi
per dirmi
ti amo questa notte
mi inondano i ricordi di te
scusami
la letteratura mi ha ucciso
ma tu le somigliavi tanto.”
Cristina Peri-Rossi (poetessa e scrittrice uruguaiana) – Traduzione di Milton Fernández
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John Constable, “La baia di Weymouth”, 1816 circa
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Piove fitto stanotte
“Il suono dell’acqua nelle grondaie è sordo e continuo
come il rumore dei bombardieri quando volavano verso Belgrado
come una coscienza che sta per presentarti un conto da saldare
tu dormi io ho gli occhi vivi di inquietudine dietro alle palpebre
mentre ogni goccia che cade se cade vuol dire che pesa più del cielo intero
così ti stringo per proteggerti – proteggerti da cosa mi chiedo
e rispondo: in notti come questa per proteggerti da me.”
Francesco Tomada
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Foto di Andrzej Berlowski
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Piove… Aspetta, non dormire
“Piove… Aspetta, non dormire,
Ascolta bene ciò che dice il vento
E ciò che dice l’acqua mentre batte
Con le dita minute contro i vetri.
Tutto il mio cuore diventa orecchio
Per ascoltare l’ammaliata sorella,
Che ha dormito nel cielo,
Che ha visto il sole da vicino,
E adesso scende elastica e allegra
Dalla mano del vento,
Come una viaggiatrice
Che torna dal regno delle meraviglie.
Come sarà felice il grano morbido!
Con quanta avidità s’offrirà l’erba!
Quanti diamanti penderanno adesso
Dal fogliame profondo nei pineti!
Aspetta, non dormire. Ascoltiamo
Il ritmo della pioggia
Appoggia tra i miei seni
La fronte silenziosa.
Io sentirò pulsare le tue tempie
Palpitanti e tiepide
Come fossero dei martelli vivi
Battendo sulla mia carne.
Aspetta, non dormire. Questa notte
Noi due siamo un mondo,
Isolato dal vento e dalla pioggia
Dentro il tiepido rifugio dell’alcova.
Aspetta, non dormire. Questa notte
Siamo forse la radice sublime
Dalla quale germinerà domani
Il tronco bello di una stirpe nuova.”
Juana de Ibarbourou, dalla Rivista “Poesia”, N.200, Dicembre 2005, Crocetti Editore – Traduzione di M. Canfield
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In evidenza: Foto di Sonia Simbolo

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