Magazzino Memoria

Rossana Banti, la partigiana col cappotto rosso

11.11.2021
“Non avevo ancora 20 anni e ci sembrava l’unica cosa da fare. Nel gennaio del ’44 entrai nei Gap, facevo parte della rete clandestina che combatteva il nazifascismo. Spesso dovevo fare ‘la coppietta’, cioè andare in missione con qualcuno e fare finta di essere fidanzati per non destare sospetti: portavo la stampa clandestina e a volte anche dell’esplosivo. Si andava con mezzi di fortuna, in bicicletta, a piedi, da piazzale Clodio alla Nomentana e a Monte Sacro. Uno dei referenti era un macellaio di Monte Sacro che aveva un deposito: poi lo presero, lo portarono al forte Bravetta e lo fucilarono. (…)
Iniziò a diffondersi la voce che ‘la ragazza con il cappotto rosso’ portava la stampa clandestina, quindi dovetti mettere da parte il cappotto e andare a dormire fuori casa per un po’ di tempo.
Nel giugno ’44 era estate, la guerra continuava e c’era tutto il Nord Italia ancora occupato. Un mio vicino di casa faceva il misterioso e un giorno mi disse che c’erano degli ufficiali inglesi che avevano rapporti con i partigiani al Nord: questo mi interessava molto. Andai ad un appuntamento con uno di loro in una villa sopra piazza Euclide e mi fecero un colloquio. Parlavo bene inglese e mi presero. (…)
Giustizia, solidarietà, libertà: sono i miei valori, intramontabili, bisogna conservarli in ogni modo. La politica è nel mio Dna: se vedo che in Europa ci sono partiti fascisti o nazifascisti mi fa effetto: per questo credo che valga la pena di combattere ancora, anche io, alla mia età”.

Fonte: Carlotta Macerollo, da “Rossana Banti, la ‘ragazza col cappotto rosso’ che combatteva Hitler” – Rai News

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