Linguaggi

Il sentimento del tempo

12.11.2021
“Ogni momento accade due volte: all’interno e all’esterno, e sono due storie diverse.”
Zadie Smith, da “Denti bianchi”
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“Tu ne quaesieris, scire nefas, quem mihi, quem tibi
finem di dederint, Leuconoe, nec Babylonios
temptaris numeros. ut melius, quidquid erit, pati.
seu pluris hiemes seu tribuit Iuppiter ultimam,
quae nunc oppositis debilitat pumicibus mare 5
Tyrrhenum: sapias, vina liques, et spatio brevi
spem longam reseces. dum loquimur, fugerit invida
aetas: carpe diem quam minimum credula postero.”

Orazio, Carmina, 1,11

“Non cercare così – che non si può – quale a me, quale a te
Sorte, o Candida, sia data da Dio; lascia di leggere
Quelle cifre Caldee. Prenditi su quel che viene, e via!
O che abbiamo più verni anche, oppur sia l’ultimo questo, che
ora il mare tirreno urta ed infrange alle scogliere, tu
spoglia il vino nel filtro, e, s’è breve la nostra via,
lunga non la voler tu la speranza. Ecco, parliamo e un po’
questa vita fuggì. L’oggi lo sai: non il domani, oh! No.”

Traduzione di Giovanni Pascoli

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Sentimento del tempo

 

“E per la luce giusta,
Cadendo solo un’ombra viola
Sopra il giogo meno alto,
La lontananza aperta alla misura,
Ogni mio palpito, come usa il cuore,
Ma ora l’ascolto,
T’affretta, tempo, a pormi sulle labbra
Le tue labbra ultime.”
Giuseppe Ungaretti, da “Sentimento del tempo”, dall’omonima raccolta del 1933

 

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Quando un giorno ti lascia

 

“Quando un giorno ti lascia
pensi all’altro che spunta.
E’ sempre pieno di promesse il nascere
sebbene sia straziante.
E l’esperienza di ogni giorno insegni
che nel legarsi, sciogliere o durare,
non sono i giorni se non vago fumo.”
Giuseppe Ungaretti, da “Il taccuino del vecchio” (1952-1960)
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Aspetta un minuto

 

“Aspetta un minuto”
Disse il secondo,
“Sbrigati, che non vedo l’ora”
Disse il minuto,
“E’ tutto il giorno che aspetto”
Disse l’ora,
“Non c’è più tempo!”
Disse il giorno,
Il tempo restò in silenzio,
Ma qualcuno si accorse che sorrideva.

Mescalero

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Ritorno
“Potessero ritornare quei tempi – dice –
quando le cose belle erano in eccesso
e credibili – come un fiore nel bicchiere,
come due innamorati sulla panchina del giardino
o i passeri con le code impertinenti.
E appena cominciava a piovere, tre angeli con gli ombrelli rosa
stavano fuori dalla tua finestra e ti sussurravano
la poesia che avresti scritto sulla metrica della pioggerellina.”

Yannis Ritsos, “Ritorno”, da “Molto tardi nella notte”, 1991

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L’agopuntura

“Sono spilli d’agopuntura i giorni
me li conficco tutti uno a uno
che sembro un porcospino zeppo d’aghi.
mi hanno reso insensibile totale
e col filo li annodo fra di loro,
ne tesso come un baco un gran tappeto,
che vola intorno al mondo in santa pace
quanta ne può donare un uliveto.”

Guido Oldani, “L’agopuntura”

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Le ore in cui si aspetta

“Le ore in cui si aspetta
non hanno una durata
del tempo quotidiano,
la loro durata non è quella
di un pendolo che oscilla regolare,
ma quella di un cuore che batte,
a spasmi
e inciampi.
Chi aspetta davvero è vivo,
aspetta sempre con amore, con un
eccessivo,
sprecato,
indicibile,
ridicolo
amore.”

Stefano Benni, da “Le Beatrici”

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Gennady Blohin

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Lentamente arriva

“Lentamente ma viene
s’avvicina il futuro
piano piano ma arriva
oggi è al di là
della nuvola scelta
e al di là del tuono
e della terra ferma
rallentando viene
qual fiore diffidente
che tiene d’occhio il sole
e non domanda niente
ormai è già vicino
ma giunge senza urgenza
arriva con progetti
e sacchi di semenza
con angeli malmessi
e rondini fedeli
piano piano ma arriva
senza fare rumore
attento soprattutto
ai sogni calpestati
i ricordi giacenti
e quelli appena nati
lentamente ma arriva
s’avvicina il futuro
piano piano
ma viene
e già quasi arrivato
con la più bella nuova
con una stella povera
ancora senza nome
lentamente ma arriva
il futuro reale
lo stesso che inventammo
noi stessi con l’azzardo
sempre più noi stessi
sempre meno l’azzardo
lentamente ma viene
il futuro s’appressa
piano piano
ma arriva
lentamente ma arriva
lentamente ma arriva
lentamente ma arriva.”

 

Mario Benedetti

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Ti chiamano avvenire

 

“Ti chiamano avvenire
perché non vieni mai.
Ti chiamano avvenire
e aspettano che tu arrivi
come un animale mansueto
a mangiare dalle loro mani.
Ma tu rimani
al di là delle ore,
rintanato chissà dove.
Domani!
E domani sarà un altro giorno tranquillo,
un giorno come oggi, giovedì o martedì,
o qualunque altra cosa ma non quello
che continuiamo ad aspettare,
ancora,
sempre.”

Ángel González Muñiz

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Ogni tanto si fermava a guardare il mondo
“Ogni tanto si fermava a guardare il mondo che passava
era in quei momenti che discuteva con il tempo
che amabile conversatore era il tempo
un po’ presuntuoso a volte
ma sempre gentile
gli piaceva l’ironia delle loro conversazioni
gli piaceva quell’educata compostezza
che aveva il tempo
quando andava via”

m.c.m. (Maria Carmela Miccichè)

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Tobia Ravà, “Algoritmi Trascendentali”

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Ogni giorno

“Ogni giorno lascia in eredità al successivo un sole morente
e ogni notte ne piange un’altra.
Un’estate dopo l’altra viene raccolta insieme alle foglie cadute
e del suo dolore canta il mondo.

E domani moriremo, privati della parola,
e come nel giorno in cui uscimmo ci fermeremo dinnanzi al portale quando chiuderà.
E se il cuore gioirà: ecco, Dio ci ha avvicinati,
si ricrederà e tremerà temendo il sacrilegio.

Ogni giorno offre al successivo un sole ardente,
una notte dopo l’altra riversa stelle,
sulle labbra di pochi solitari si ferma una poesia:
per sette vie ci dividiamo e per una sola facciamo ritorno.”

 

Avraham Ben Yitzhak (pseudonimo di Avraham Sonne, poeta ebreo nato in Polonia)

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Gli attimi segreti

 

“Gli attimi segreti
ci profumano accanto
sia presto che tardi
nel giorno,
gli attimi segreti
alzano i loro visi verso noi
sia presto che tardi
nella vita.
In questa luce di rugiada,
in questa oscurità di fiori
restiamo vicini
fin tanto che…”
Astrid Tollefsen (poetessa norvegese), “Gli attimi segreti”, da “Ogni giorno è con noi”
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Dove nasce il giorno
“Il giorno non nasce in tutte le parti del mondo,
ma solo in segreto,
là dove nessuno lo vede.
Da niente diventa increspatura di vita,
da buio diventa cammino,
da notte diventa orizzonte
Il giorno non ha fretta di diventare colore
ma si tinge lentamente
salendo dal cuore del mondo
scalda pian piano il manto del mondo
come il respiro che esce dal freddo letargo infinito dell’insensibilità
seziona il nero come a cercare nella notte dell’anima
quell’unica luce della fratellanza
e solo alla fine si lascia trovare.”
Guatan Tavara, “Dove nasce il giorno”
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E l’amore guardò il tempo e rise

“E l’amore guardò il tempo e rise.
Un sorriso lieve come un sospiro,
come l’ironia di un batter di ciglio,
come il sussurro di una verità scontata.
Perché sapeva di non averne bisogno.
Perché sapeva l’infinita potenza del cuore
e la sua poesia e la magia di un universo perfetto,
al di là dei limiti del tempo e dello spazio.

E le ragioni dell’uomo, fragile come un pulcino,
smarrito come un uccello,
cannibale come un animale da preda.
Perché conosceva la tenerezza di una madre,
l’incanto di un bacio,
il lampo di un incontro.

Poi finse di morire per un giorno,
nella commedia della vita,
nell’eterno gioco della paura,
nascosto, con il pudore della sofferenza,
con la rabbia della carne,
con il desiderio di una carezza.

Ma era là, beffardo, testardo, vivo.
E rifiorì alla sera,
senza leggi da rispettare,
come un Dio che dispone, sicuro di sé,
bello come la scoperta, profumato come la luna.

Ma poi si addormentò in un angolo di cuore
per un tempo che non esisteva
e il tempo cercò di prevalere,
nel grigio di un’assenza senza musica, senza colori.

E sbriciolò le ore nell’attesa,
nel tormento per dimenticare il suo viso, la sua verità.

Ma l’amore negato, offeso,
fuggì senza allontanarsi,
ritornò senza essere partito,
perché la memoria potesse ricordare
e le parole avessero un senso
e i gesti una vita e i fiori un profumo
e la luna una magia.

Perché l’emozione bruciasse il tempo e le delusioni,
perché la danza dei sogni fosse poesia.

Così mentre il tempo moriva, restava l’amore.”

(Questa poesia, erroneamente attribuita a Luigi Pirandello, è in realtà di Antonino Massimo Rugolo, in “Sulle Ali della tenerezza”, Editore Laruffa, p, 72)

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Igor Morski

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Vicini… Solo per poco

“Vicini,
solo per poco,
ci ha posto
l’universo
assegnandoci
con parsimonia
uno scampolo di tempo
sul quale ricamare
una misera manciata
di momenti vissuti
insieme
una matassa di seta
con cui tessere
il drappo incompiuto
della nostra storia
e un filo infinito
che ora unisce me a te.

Dovunque sei.”

Slawka G. Scarso, “Vicini… Solo per poco”

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Proprio ora

“Proprio ora introduco in questo ago
il filo di un proposito che taccio
e inizio a rammendare. Nessuno dei prodigi
annunziati da insigni taumaturghi
s’è ultimato e gli anni vanno in fretta,
dal niente al poco, e sempre col vento contro il viso,
quale lungo cammino d’angoscia e di silenzi.
E siamo dove siamo, meglio saperlo e dirlo
e piantare i piedi in terra e dichiararci,
noi, eredi di tempi di dubbi e di rinunce,
in cui il frastuono annega le parole,
con molti specchi in mezzo a nasconder la vita.
E non ci serve a niente la brama né il rimpianto,
né il tocco di selvatica rude malinconia,
che noi indossiamo come pullover o cravatta
quando la via lasciamo. Abbiamo appena
quello che abbiamo e basta: lo spazio della storia
che corrisponde a noi nei fatti, e un piccolo
territorio per viverla. Mettiamoci
in piedi un’altra volta e che si senta
solenne e chiara la voce di tutti.
Gridiamolo, chi siamo e che ognuno ascolti.
E, alla fine, che ognuno si vesta
come gli pare meglio e poi, per strada!
Ché tutto sta per farsi e, sì, tutto è possibile.”
Miquel Marti I Pol, “Proprio ora”
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Amo tutto ciò che è stato
“Amo tutto ciò che è stato,
tutto quello che non è più,
il dolore che ormai non mi duole,
l’antica ed erronea fede,
l’ ieri che ha lasciato dolore,
quello che ha lasciato allegria
solo perché è stato,
ed è volato
e oggi è già un altro giorno.”
Fernando Pessoa, da “Una sola moltitudine”
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Futuro 1

“Qualcuno a quest’ora avrà finito di sognare
mentre i popoli migrano,
qualcuno si sarà di nuovo messo a letto,
per qualcuno il mattino non diventera mai sera,
qualcuno porterà fuori l’immondizia
e ascolterà lo scroscio della pioggia improvvisa.
Un gatto trotterà nel sentiero di ghiaia,
di nuovo sarà ancora notte,
con i platani chini sull’asfalto, le tende chiuse
e il corpo ancora in grado di obbedire.
In uno dei palazzi di fronte un cane resterà immobile
per ore vicino al suo padrone
nel suo futuro semplice di ciotola
in attesa di cibo che tintinna nell’aria.”

Antonella Anedda, “Futuro 1”

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Attimo

“Cammino sul pendio d’una collina verde.
Erba, tra l’erba fiori
come in un quadretto per bambini.
Il cielo annebbiato, già tinto d’azzurro.
La vista si distende in silenzio sui colli intorno.

Come se qui mai ci fossero stati cambriano e siluriano,
rocce ringhianti l’una all’altra,
abissi gonfiati,
notti fiammeggianti
e giorni nei turbini dell’oscurità.

Come se di qua non si fossero spostate le pianure
in preda a febbri maligne,
brividi glaciali.

Come se solo altrove fossero ribolliti i mari
e si fossero rotte le sponde degli orizzonti.

Sono le nove e trenta, ora locale.
Tutto è al suo posto e in garbata concordia.
Nella valletta un piccolo torrente in quanto tale.
Un sentiero in forma di sentiero da sempre a sempre.
Un bosco dal sembiante di bosco pei secoli dei secoli, amen,
e in alto uccelli in volo nel ruolo di uccelli in volo.

Fin dove si stende la vista, qui regna l’attimo.
Uno di quegli attimi terreni
che sono pregati di durare.”

Wislawa Szymborska, “Attimo”

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Immagine dal web

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Tra l’andarsene e il restare

“Tra l’andarsene e il restare dubita il giorno,
innamorato della sua trasparenza.
La sera circolare è già baia:
nel suo quieto viavai oscilla il mondo.
Tutto è visibile e tutto è elusivo,
tutto è vicino e tutto è intoccabile.
I fogli, il libro, il bicchiere, la matita
riposano all’ombra dei loro nomi.
Palpitare del tempo che nelle mie tempie ripete
la stessa ostinata sillaba di sangue.
La luce fa del muro indifferente
uno spettrale teatro di riflessi.
Nel centro di un occhio mi scopro;
non mi guarda, mi guardo nel suo sguardo.
Si dissipa l’istante. Senza muovermi,
io resto e me ne vado: sono una pausa.”

Octavio Paz, da “Albero interiore” (1976-1987)

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Dammi il mio giorno

“Dammi il mio giorno;
ch’io mi cerchi ancora
un volto d’anni sopito
che un cavo d’acque
riporti in trasparenza,
e ch’io pianga amore di me stesso.

Ti cammino sul cuore,
ed è un trovarsi d’astri
in arcipelaghi insonni,
notte, fraterni a me
fossile emerso da uno stanco flutto;

un incurvarsi d’orbite segrete
dove siamo fitti
coi macigni e l’erbe.”

Salvatore Quasimodo, “Dammi il mio giorno”

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Giorni

“Ci son giorni che nascono soli
e spariscono al vento,
altri invece diventano fiori
nei giardini del tempo.

Noi viviamo lasciando al rimpianto
le giornate più belle,
ma la vita ha un giardino soltanto
tra le mani e le stelle.”

Andrea Casoli, “Giorni”, da “Piccole poesie passeggere”

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Non c’era più tempo

“Non c’era più tempo. La camera era entrata in una fiala.
Non era più dato spartire l’essenza. Non avevi
più la collana. Non avevi più tempo. Il tempo era una luce
marina tra le persiane, una festa di sorelle,
la ferita, l’acqua alla gola, Villa Litta. Non c’era
più giorno. L’ombra della terra riempiva gli occhi
con la paura dei colori scomparsi. Ogni molecola
era in attesa. Abbiamo guardato il rammendo
delle mani. Non c’era più luce. Ancora una volta
ci stanno chiamando, giudicati da una stella fissa”.

Milo De Angelis

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Foto di Christoffer Relander

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Il tempo

Il saggista  disse:
C’è un tempo per l’amore    un tempo per la serietà
Un tempo per il gioco             un tempo per la menzogna…
Un tempo per l’amara verità
Disse la volpe, politico e mercante:
Hai ragione!
C’è un tempo per mentire… e un tempo per la verità mendace
E io che nella sciocca saggezza    sono costretto e soffocato
Dissi: «Credo ad un solo Dio…»
E singhiozzavo
La morte non ha tempo
La morte è di ogni tempo

Sayed Hegab (poeta egiziano), “Il tempo”

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Dalla solita sponda del mattino

“Dalla solita sponda del mattino
io mi guadagno palmo a palmo il giorno:
il giorno dalle acque così grigie,
dall’espressione assente.

Il giorno io lo guadagno con fatica
tra le due sponde che non si risolvono,
insoluta io stessa per la vita.”

Alda Merini

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Considera che il tuo oggi

“Considera che il tuo oggi
non ha alcun potere sul domani
ed il pensiero del domani
non ti procura che malinconia.
Non buttare via questo istante
se il tuo cuore non è pazzo
poiché il resto della tua vita
non sai quanto possa valere”.
Omar Khayyàm, poeta persiano (XI sec.)
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Ninte no xe passao 
“Ninte no xe passao
e duto vive e xe presente;
un sielo solo levante e ponente,
un solo sol m’ha iluminao.
I primi vogi che m’ha inamorao
xe quii che ‘desso rie
e infinite restie
basa dì e note el lio de Grao.
Ogni gei xe incùo
ansi xe adesso,
ogni vento xe el messo
de Dio, nel sielo de velùo.
E ninte mai more
nel mondo:
un solo, ma fondo
xe ‘l corso del l’ore.
La mutassion origina el canto;
no ‘vè paura de sparì;
dura un atimo el di
ma xe eterno l’incanto.”
(Niente è passato e tutto vive ed è presente, un cielo solo levante e ponente, un solo sole m’ha illuminato.
I primi occhi che m’hanno innamorato sono quelli che adesso ridono e infinite onde baciano giorno e notte il lido di Grado. Ogni ieri è oggi, anzi è adesso, ogni vento è il messo di Dio, nel cielo di velluto. E nulla mai muore nel mondo: uno solo, ma in fondo, è il corso delle ore. La mutazione origina il canto; non aver paura di sparire; dura un attimo il giorno, ma è eterno l’incanto.)
Biagio Marin, “Ninte no xe passao”
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Non di questo presente ora bisogna vivere

“Non di questo presente ora bisogna
vivere – ma in esso sì – non c’è modo
pare, d’averne un altro, non c’è chiodo
che scacci questo chiodo. Né chi sogna
va meglio, che le più volte si infogna
a figurarlo, e fa più groppi al nodo
se cerca di disfarlo (sta nel todo
che si crede nel nada, sempre) o agogna
ma con che lama? troncarlo. La mente
infortunata non ha altra fortuna
dunque, che nel pensiero? Certo a niente
più la mia si consiglia che sei in una
disposizione o un offertorio gente
dispersa solennemente s’aduna.”

Giovanni Raboni

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L’attimo sospeso

A Tzvetan Todorov

Quando il marinaio di Triana, con la bocca tra le mani,
gridò: “Terra!”, e l’Ammiraglio credette terminata la sua avventura,

l’astronomo che spiava molti secoli la morte di una stella,
il copista sul punto di trovare la pagina in cui aveva perso il suo destino,
il geometra che tirava i dadi per calcolare la superficie esatta della terra,
il contadino che scavava il solco con i denti per sentire vicino al labbro il seme,
la ragazza che sollevava ad ogni istante la sua gonna per vedere se la donna era già arrivata,
il pastorello impegnato al crepuscolo con un agnellino tra le gambe,
il poeta attonito senza sapere dove erano andate le parole che lo abbandonarono,
la sarta che conservava le sue lacrime imbastendole nell’orlo della tunica,
la sentinella che aspirava a custodire l’alcova della regina perché sognare non basta,
la monaca che cercava negli avanzi sillabe di conversazione per non passare la vita da sola,
il confessore sul punto di invidiare la colpa di peccati che altri gli inventavano,
il soldato avido alla cui lussuria territoriale il Papa provvedeva,
la tessitrice che si dissolveva negli occhi disegni come polvere, come pianto, come sfilacciatura,
il muratore di fronte alla parete in cui aveva mescolato ruzzoloni di bambino con cadute dell’anima,
il carceriere che non capiva perché il prigioniero volesse uscire se fuori piovigginava,
la partoriente che espiava con grido altissimo la colpa di quell’appuntamento,
il neonato che cominciava a morire tutta la vita contandosi gli anni,
il chirurgo che con il trapano voleva accertare cosa pensava la sua signora,
il cavaliere che misurava il tempo impiegato dal nitrito ad arrivare al nuovo mondo,
e l’indovino che andava a predire questa sventura,
sospesero di colpo quello che ognuno faceva,

ma quando il capitano dopo lo schiaffo alla ragazza india la fece gettare ai cani
per non essersi lasciata convincere a conoscere altro maschio che suo marito,
ripresero le loro occupazioni abituali nel punto
in cui quelle gesta di mare le avevano interrotte.

Jorge Enrique Adoum (1926-2009), poeta, politico e diplomatico ecuadoriano, considerato uno dei maggiori esponenti della poesia latino-americana

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Jack Vettriano, 1951

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Un anno brutto

“Un anno brutto
Un anno ventoso
Un anno di lacrime
Un anno di dubbi
Un anno di lunghe giornate
Un anno di incostanza
Un anno senza orgoglio.

La vita non è una trappola
l’amore non è una trappola
neppure la morte è una trappola.
Dunque gli amici perduti sono liberi
liberi e puri.

Ho trovato il mio amore
in questo brutto anno
che mi chiede di non sentirmi abbattuto.
Ho trovato
la mia speranza nel disappunto
la mia luna nella notte
il mio amore nell’anno brutto.

E ho preso fuoco
proprio quando
stavo diventando cenere.”

Ahmad Shamlou (poeta iraniano)

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Io sono un bambino

“Io sono un bambino
che gioca a nascondino
con Dio, cioè con se stesso.
Sono l’adesso.
Sono l’ombra di un cipresso,
le nuvole che ne tracciano le forme.
Sono le vostre orme.
Sono ovunque camminiate.
Sono le stagioni passate
e le future.
Sono le vostre avventure.
Le vostre paure.
Io sono un bambino
che gioca a nascondino
con Dio, cioè con se stesso.
Sono l’adesso.”
Aldo Nove, da “I poemetti della sera”, 2020
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  Salvador Dalì, “La persistenza della memoria”, 1931

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L’ora di Barga

“Al mio cantuccio, donde non sento
se non le reste brusir del grano,
il suon dell’ore viene col vento
dal non veduto borgo montano:
suono che uguale, che blando cade,
come una voce che persuade.

Tu dici, È l’ora, tu dici, È tardi,
voce che cadi blanda dal cielo.
Ma un poco ancora lascia che guardi
l’albero, il ragno, l’ape, lo stelo,
cose ch’han molti secoli o un anno
o un’ora, e quelle nubi che vanno.

Lasciami immoto qui rimanere
fra tanto moto d’ale e di fronde;
e udire il gallo che da un podere
chiama, e da un altro l’altro risponde,
e, quando altrove l’anima è fissa,
gli strilli d’una cincia che rissa.

E suona ancora l’ora, e mi manda
prima un suo grido di meraviglia
tinnulo, e quindi con la sua blanda
voce di prima parla e consiglia,
e grave grave grave m’incuora:
mi dice, È tardi; mi dice, È l’ora.

Tu vuoi che pensi dunque al ritorno,
voce che cadi blanda dal cielo!
Ma bello è questo poco di giorno
che mi traluce come da un velo!
Lo so ch’è l’ora, lo so ch’è tardi;
ma un poco ancora lascia che guardi.

Lascia che guardi dentro il mio cuore,
lascia ch’io viva del mio passato;
se c’è sul bronco sempre quel fiore,
s’io trovi un bacio che non ho dato!
Nel mio cantuccio d’ombra romita
lascia ch’io pianga su la mia vita!

E suona ancora l’ora, e mi squilla
due volte un grido quasi di cruccio,
e poi, tornata blanda e tranquilla,
mi persuade nel mio cantuccio:
è tardi! è l’ora! Sì, ritorniamo
dove son quelli ch’amano ed amo.”

Giovanni Pascoli, da “Canti di Castelvecchio”, 1903

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Arte poetica
“Guardare il fiume fatto di tempo e d’acqua
e ricordare che il tempo è un altro fiume.
Sapere che ci perdiamo come il fiume
e che passano i volti come l’acqua.
Sentire che la veglia è un altro sogno,
sogno di non sognare e la morte
che il nostro corpo teme è questa morte
di ogni notte, che chiamiamo sonno.
Vedere nel giorno o nell’anno un simbolo
dei giorni dell’uomo e dei suoi anni,
trasfigurare l’oltraggio degli anni
in una musica, un rumore, un simbolo,
Vedere nella morte il sonno, nel tramonto
un triste oro, questo è la poesia
che è povera e immortale. La poesia
si volge come l’aurora e il tramonto.
Talora nel crepuscolo un volto
ci guarda dal fondo di uno specchio;
l’arte deve esser come quello specchio
che ci rivela il nostro proprio volto.
Ulisse, dicono, stanco di prodigi,
pianse d’amore, scorgendo la sua Itaca
umile e verde. L’arte è quell’Itaca
di verde eternità, non di prodigi.
È anche come il fiume senza fine
che passa e resta; è specchio di uno stesso
Eraclito incostante, uno e diverso
sempre, come il fiume senza fine.”
Jorge Luis Borges, da “L’artefice”, 1960
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Io li conosco I domani che non arrivano mai
“Io li conosco I domani che non arrivano mai
Conosco la stanza stretta
E la luce che manca da cercare dentro
Io li conosco i giorni che passano uguali
Fatti di sonno e dolore e sonno
per dimenticare il dolore
Conosco la paura di quei domani lontani
Che sembra il binocolo non basti
Ma questi giorni sono quelli per ricordare
Le cose belle fatte
Le fortune vissute
I sorrisi scambiati che valgono baci e abbracci
Questi sono i giorni per ricordare
Per correggere e giocare
Si, giocare a immaginare domani
Perché il domani quello col sole vero arriva
E dovremo immaginarlo migliore
Per costruirlo
Perché domani non dovremo ricostruire
Ma costruire e costruendo sognare
Perché rinascere vuole dire costruire
Insieme uno per uno
Adesso però state a casa pensando a domani
E costruire è bellissimo
Il gioco più bello
Cominciamo…”
Ezio Bosso
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Non c’è più un tempo per nascere
“Non c’è più un tempo per nascere un tempo per morire
si nasce e si muore nello stesso momento infinite morti
ci assediano è l’ora che ognuno raccolga
in sé la morte degli altri il frumento assiderato
dal gelo il topo che si dibatte nella gabbia
il marito che piange la moglie infedele. E l’ora
di cogliere il dolore degli altri in una mano
e portarsela in fronte a stamparvi croci e croci in rosso
udire il nostro grido nella bocca dell’uomo
che ci passa accanto per caso è l’ora di aprire
tutte le finestre tutte le porte abbattere i muri se occorre
per poterci guardare negli occhi trovare una parola
nuova che non sia preghiera ma urlo.
E l’ora che dalla morte nasca la vita”
Andrea Camilleri, “Non c’è più un tempo per nascere”
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Sanja Marušić, “With You”
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Un giorno non come un altro nella vita
“Salgono per greppi
e sui costoni
mai così fitti
e alti e luminosi
i papaveri rossi,
t’entrano nella macchina
come lampi,
trapassano vetri
e specchi
s’intrecciano sugli occhi
e tra le mani,
ebbra la corsa
dentro quel rosso smisurato,
no, ancora non lo sai,
fugge l’ultimo anno
giovane e felice
e venne il giorno cupo,
un giorno non come un altro
della vita,
e la spagnara limpida
e compatta
quell’azzurro lieve
come l’aria
scomparve nelle tenebre
oscurata,
e s’oscurarono i cieli
e tutti i campi
anche il verdone perse
il suo colore
e nero lo stridio
nere l’erbe,
nel nero che t’avvolge
e che ti schianta
le tempie fatte cupe
come il respiro
come nella pellicola
che arde e brucia
i fotogrammi tutt’attorno,
mutilata la salvano
le forbici,
in cenere si spengono
le ore che quel giorno
cerchiano, il più cupo
sì, mi restano
la casa e le figure
nella mia macchia persa
la più lontana,
quell’odore dell’acqua,
di muschio e raganella
verde e bagnato,
l’antico scalzo e biondo
che lento s’incammina
verso le nubi
dopo il ricordo cede,
i fotogrammi tutti
sono bruciati,
ma qualche brano resta,
scendi per l’aspra piana
scordi compagni e prati,
e tu e la donna entrate
soli dentro quel mare
vuoto, così remoto
e gli spini dei ricci
nella carne
la corsa no arrestano,
felice
oggi c’è molta luce
nella macchia,
vengono fuori bisce
al primo raggio,
tra le foglie cammino
intorpidito
come quella lumaca
dentro l’erbe
che il ragazzo toglie
da una scatola buia
e ripenso a quel giorno,
un giorno non come un altro
della vita.”
Umberto Piersanti, da “Nel folto dei sentieri”, 2010
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  Giorgio De Chirico, “I piaceri del poeta”, 1912
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Il tempo è
“Il tempo è
troppo lento per coloro che aspettano,
troppo rapido per coloro che temono,
troppo lungo per coloro che soffrono,
troppo breve per coloro che gioiscono;
ma per coloro che amano,
il tempo non è.”
Henry Van Dyke
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Aveva ragione il tempo
“Aveva ragione il tempo nel condurre la propria ansia
a stabilirsi dove gli piaceva
e nel possedere i suoi rituali e ostilità.
Ora comprendo i suoi ritardi e balbettii
e la sua rapidità nelle scelte azzeccate,
l’ostinazione nel saldare alcune parole a un’estremità dell’infanzia
e altrettante in un angolo di questa roca strada
che tanto assomiglia alla vita, piena di sorprese e di silenzi.
Per questo motivo perdonami per le tante insolite ore,
per convocarti in notti di presagi e rancori
per ammucchiare nello stesso cassetto rovine e fatti quotidiani
tra la stanchezza dei giorni e l’ostinata musica dei silenzi.
Aveva ragione il tempo nel sostenere il proprio ritmo
e la vita di avere i suoi affanni
per starsene qui
con tutta la fretta dell’istante.
Per tale motivo perdonami per le urgenze
per non conoscere la grammatica e le parole di una lingua dimenticata
per aver smarrito taccuini, le chiavi
e la vecchia canzone dai ritmi precisi e cenere
come se nell’ansia del tempo
ciascun giorno, ignorando l’ora,
si perdessero i sogni.”
Federico Díaz-Granados, poeta colombiano
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L’ora
“L’ora viene e l’ora va.
Tante cose sono chiuse in un’ora:
il conflitto dei sentimenti,
il desiderio che soffia
come vento mattutino.
In un’ora il giorno esprime
le sue preghiere o maledizioni
e io rimango il povero tipo
pieno di gioia o di tormento.
In un’ora è chiuso il mondo
ignaro e senza brame,
ma quasi mai so dove riposa
e sonnecchia il mio mondo.”
Robert Walser, “L’ora”
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Conosco appena le mani
“Conosco appena le mani,
le scarpe che metto ai piedi.
Conosco il giorno e la notte
e i terrori del vento.
Ma gli anni? Dove son gli anni,
e tutti i libri che ho letto?
I volti amati si sfrondano
delle loro vicende,
non restano che i nomi.
Tutto nella memoria
cade a pezzi, sprofonda
senza rumore
nelle botole dei morti.
Ah, dove sono le acute presenze
del passato, le sue calde forme,
la cera su cui incidevano
i miei sentimenti?
Dove si nasconde il senso
delle cose che ho vissuto,
e i brividi lucenti
e i cieli dell’avventura?”
Vittorio Bodini
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Geografia delle ventiquattr’ore
“La mattina
è sempre inghilterra
nebbia e vapore di cavalli
la lattaia
e i giornali del mattino
a pranzo è l’italia
impigliata negli spaghetti
vino della toscana
pomeriggio
si stiracchia il portogallo,
sbadiglia all’ombra la spagna
ed è subito sera
dovunque”
Georgi Gospodinov (poeta e scrittore bulgaro), da “Lettere a Gaustìn e altre poesie”, a cura di Giuseppe Dell’Agata, 2022
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Questo giorno che ho perso
“Questo giorno che ho perso
e che non ha fruttato
se non una mestizia, il puntiglio
del suo modesto mucchio
di faccende.
Questo giorno che ho perso
ed ero nell’esilio
dentro panni che non erano miei
e scarpe che mi disagiavano
e tasche che non riconoscevo
e correvo correvo puntuale
senza neanche un dono
per nessuno. Solo un vuoto, corto
respirare. A conferma che nel disamore
il fare anche se fai resta non fatto.”
Mariangela Gualtieri, da “Quando non morivo”, 2019
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Il giorno nuovo
(a Giacomo)
“Cerca la luce d’ogni temporale,
nel fulmine e nel tuono il varco aperto.
Sempre la quiete segue la tempesta
così come l’età che chiama l’età nuova.
In ogni adesso è il poi che potrà essere,
nessuna fuga ti darà futuro,
il commuoversi muto dei tuoi sensi
che guida ad ogni passo chi lo cerca.
Arriverà e già sarai altrove,
inseguitore strenuo d’orizzonti,
sentinella dell’alba, nel chiarore
che annuncia il giorno nuovo,
nell’aurora.
27.VI.2014
Francesco Scarabicchi, “Il giorno nuovo”, da “La figlia che non piange”, 2021
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ID’s Photo
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Ora
“ORA
Ora.
Ora è tanto tempo fa.
Ora:
settembre –
pomeriggio.
Odore
di calda cenere.
Come se io stesso
bruciato oggi,
fossi cenere.
Sono qui?
Non sono io?
Tonda come un piatto
e pesante di mele,
di pere
è la luce.
Sono.
Sono qui con i fiori.
Ciglia dei soli,
noccioli
nel cerchio delle pupille:
occhi,
vicini ai miei occhi.
Non sono più?
Il giorno dell’uomo:
nel buio di bronzo
un lampo.
Ora:
un settembre,
pomeriggio.
ORA
È tanto tempo fa.”
Ernst Meister, da “Non conosco nulla di più scuro della luce” (Traduzione di Stefanie Golisch)
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Place des Vosges
“Futuro era quello di prima, del tempo dei miei quindici anni.
Ogni notte consumo le suole delle scarpe camminando fino a plaza Matriz,
e mi siedo ad aspettare il futuro.
Vieni e compra arachidi ricoperte di cioccolato e siediti.
Le donne che fumano già mi conoscono.
Io no, ancora non mi conosco.
E nemmeno vedo nessuno, né nulla.
Mangio arachidi ricoperte di cioccolato.
Aspetta qualcuno?
Sì, il futuro.
Respiro profondo, seduto accanto alla Cattedrale, di spalle a via Sarandí.
Ogni notte, sono assiduo e puntuale.
So che quando il futuro apparirà, verrà in volo da dietro il Municipio.
Una raffica, e lo imprigionerò nei polmoni e mi condurrà leggero come un palloncino, lontano dalla piazza.
La notte è fresca, ha piovuto stasera.
E oggi, è arrivato?
No, deve essere in ritardo, arriva da molto prima.
Le arachidi ricoperte di cioccolato mi pesano come pietre.
E guardo le mie scarpe, indifese.”
Alfredo Fressia (poeta, critico letterario e traduttore uruguaiano), da “Radici del Paradiso”
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Foto di Vicente Cervera Casino
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Il tempo
“La vita è il dovere che portiamo per realizzarlo in casa.
Quando si guarda, già sono le sei!
Quando per guardare, già è venerdì!
Quando si guarda, già è Natale…
Quando si guarda, già è passato l’anno…
Quando si guarda perdemmo l’amore della nostra vita.
Quando si guarda passarono 50 anni!
Ora è troppo tardi per riprovare…
Se mi fosse dato un giorno, un’ altra opportunità, nemmeno lo guardavo l’orologio.
Sarei sempre andato avanti e avrei buttato sul cammino la buccia dorata e inutile delle ore…
Avrei tenuto stretto l’amore che mi sarebbe stato di fronte e avrei detto che lo amo…
E c’è ancora: non evitare di fare qualcosa che ti piace solo per mancanza di tempo.
Non evitare di avere persone al tuo lato per pura paura di essere felice.
L’unica mancanza che sentirai sarà di questo tempo che, infelicemente, non tornerà mai più.”
Màrio de Miranda Quintana (poeta brasiliano), “Il tempo”
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Il Tempo Secca l’Amore
“Il tempo secca la bellezza,
secca l’amore, secca le parole.
Lascia tutto libero, lieve,
separato per sempre
come i granelli di sabbia nelle acque.
Il tempo secca la nostalgia,
secca i ricordi e le lacrime.
Lascia qualche ritratto, appena,
vagando asciutto e vuoto
come queste conchiglie di spiaggia.
Il tempo secca il desiderio
e le sue vecchie battaglie.
Secca il fragile arabesque,
vestigio del muschio umano,
densa torba mortuaria.
Aspetterò il tempo
con le sue aride conquiste.
Aspetterò che ti secchi,
non sulla terra, Amor-Perfetto,
in un tempo dopo le anime.”
Cecilia Meireles, “Il tempo secca l’amore”
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Dipinto di Rossella Deste
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Se ogni giorno cade
“Se ogni giorno cade
dentro ogni notte
c’è un pozzo
dove la chiarità sta rinchiusa.
Bisogna sedersi sul bordo
del pozzo dell’ombra
e pescare luce caduta
con pazienza.”
Pablo Neruda, da “Il mare e le campane”, 1974
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Che bello che questo tempo
“Che bello che questo tempo
è come tutti gli altri tempi,
che io scrivo poesie
come sempre sono state scritte,
che questa gatta davanti a me si sta lavando
e scorre il suo tempo,
nonostante sia sola, quasi sempre sola nella casa,
pure fa tutte le cose e non dimentica niente
– ora si è sdraiata ad esempio e si guarda intorno –
e scorre il suo tempo.
Che bello che questo tempo, come ogni tempo, finirà,
che bello che non siamo eterni,
che non siamo diversi
da nessun altro che è vissuto e che è morto,
che è entrato nella morte calmo
come su un sentiero che sembrava difficile, erto
e poi, invece, era piano.”
Claudio Damiani, da “La mia casa”, 1994
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Aby Warburg, “Mnemosyne”, Tavola 48: “Fortuna. Simbolo conflittuale dell’uomo che libera se stessa”
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Il tempo è bestia gentile
“Il tempo è bestia gentile
che inghiotte il misero pranzo quotidiano,
il bagno ignoto di tutti i giorni
e lo sconforto dell’anima.
Li deglutisce facendo finta di niente.
Il tempo è una bestia gentile.
Inghiotte perfino l’innocenza
dei bimbi che cantano ingenui
una piccola canzone, e con le loro voci
le nostre meno ingenue.
Il tempo è bestia gentile.
Inghiotte gentilmente, in silenzio,
come per farci scordare l’enigma
insolubile e il senso della vita:
come avesse del tutto smarrito
il ricordo dell’uomo ucciso
durante la guerra,
quello del marito perso
e di tutte le cose importanti:
migliaia di misteri da risolvere,
decine di migliaia di domande da porre.
Domani ci sarà il campionato di baseball?Domani potremo pescare? Domani,come trascorrerò il domani?
Così il domani arriva. Risolto
sarà solo il quiz dei settimanali.
Il tempo è bestia gentile.”
Kikuo Takano, da “Tenebre come tenebre”, traduzione di Paolo Lagazzi e Yasuko Matsumoto
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