Fosforescenze

L’arte di salutare

13.11.2021
“Sia la strada al tuo fianco, il vento sempre alle tue spalle, che il sole splenda caldo sul tuo viso e la pioggia cada dolce nei campi attorno e, finché non ci incontreremo di nuovo, possa Dio proteggerti nel palmo della sua mano.”

Benedizione di San Patrizio

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Sunra, “Drop Love”, Street Art in Francia

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“Vi auguro l’impensato, l’introvato, il mai voluto (che non è l’involuto).
Vi auguro il pensiero totalmente altro, che pensa ciò che mai finora è stato pensato, con parole nuove e con un punto di vista nuovo.
Vi auguro di riuscirlo a comprendere, e riuscire a farlo comprendere ai vostri contemporanei.
E in questo modo fuoriuscire dal vecchio per entrare in una dimensione autenticamente vera e nuova. Vi auguro la semplicità di pensare l’amore del mondo.”
Victor Cusack
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“Così viviamo, in un continuo prendere congedo”
Rudolf Kassner, da “La libertà e l’abisso”

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“Buongiorno alle vite
minime – ai respiri
che non si pesano -alle forme
sotto misura – buongiorno
oggi buongiorno domani
buongiorno senza sfiorarvi
nel timore che già
non siate più”
Giusi Quarenghi, da “Nota di passaggio”, in “Tiramore”, 2006
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“In quechua, la lingua degli antichi signori del Perù, la parola “addio” non esiste. Me lo raccontò una volta una ragazza, all’aeroporto di Cuzco. E mi regalò questa, che ogni tanto mi torna alle labbra, come una carezza: “Tupananchiskama”. “Fino a quando la vita ci farà rincontrare”.
Milton Fernàndez
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“Sawubona”. “Shikoba”
Fra le tribù del Natal, in Sudafrica, è il saluto più comune. Letteralmente significa “ti vedo, sei importante per me e ti apprezzo.”. In risposta a sawubona spesso si usa shikoba, “allora io esisto per te”.
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“La domanda più indiscreta,
più insolente,
più insoffribile,
e la più comune anche,
la più poliglotta,
la più persecutoria,
al telefono e faccia a faccia,
la domanda che mette alla tortura
chi ama la verità
perché la si formula
per avere in risposta
una miserabilissima bugia
è: “come stai?
Guido Ceronetti
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“I veri addii scattano nella mente, sono silenziosi. Sono i più veri, i più pericolosi. Sono quelli che tieni per te. E puoi anche continuare a sentirla una persona. Non ti avrà più se l’hai salutata dentro.”
Massimo Bisotti
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“Nankurunaisa”: In giapponese significa “Con il tempo si sistema tutto”.
Proverbio giapponese
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Nankurunaisa
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Giungete le mani e dite “Namastè”.
Significa: “Io onoro in te il luogo dove risiede l’intero universo. Se tu sei in quel luogo in te, e io sono in quel luogo in me, siamo una sola cosa”.

Leo Buscaglia

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“Possano i fiori accompagnare il tuo cammino e la luce del sole illuminare la tua giornata.

Possano i canti degli uccelli rallegrare ogni passo lungo il cammino.

Possa un arcobaleno muoversi con te in un cielo che è sempre azzurro.

E possa la felicità riempire il tuo cuore ogni giorno, per tutta la vita.”

Benedizione irlandese

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“Quando incontri qualcuno, ricorda che è un incontro sacro.
Come lo vedi, ti vedi.
Come lo tratti, ti tratti.
Come lo pensi, ti pensi.
Ricorda che attraverso lui o lei, o ti perderai o ti ritroverai.”
Franco Battiato
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“Samādhi”

(in sanscrito: devanāgarī: समाधि, “mettere insieme”, “unire con”)

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“L’amore allora è scambio di abbracci affondati,
un bisogno di nodo.
E in fondo a ogni stretta finita,
in fondo al darsi pace,
resta non detto un addio indurito.
Strano sentirsi perduti tutti i giorni
e non dirsi mai addio.”
Erri De Luca, da “Tre cavalli”, 1999
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“Salutarsi è negare la separazione, è dire: “oggi giochiamo a separarci ma ci vedremo domani”.
Jorge Luis Borges, da “L’artefice”, 1960
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“L’amore consiste in questo, che due solitudini si proteggono a vicenda, si toccano e si salutano.
Rainer Maria Rilke, da “Lettere a un giovane poeta”, postumo 1929
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Laily, “L’addio”
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“Non mi piacciono gli addii, ho imparato a scantonarli; non esiste nulla di definitivo figuriamoci gli addii e i fazzoletti e le strizzate di mano.”
Pier Vittorio Tondelli, da “Pao Pao”, 1983
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Ingrid Bergman e Humphrey Bogart in un’inquadratura del film “Casablanca”, diretto da Michael Curtiz nel 1942

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Dovendo dire addio a un luogo e a una persona mi sono ripassato gli addii letterari che so, caso mai potessero consolarmi. Da Tasso (“Fur segni forse della tua partita, / vita de la mia vita?”) a Bob Dylan (“Addio è una parola troppo grossa / così ti dirò solo arrivederci”); dallo Shakespeare dei Sonetti (“Addio! /Troppo caro tu sei perché ti tenga!”) al Racine di Berenice (“Addio! Pensa, signore, quanto risuoni questa / dispietata parola agli amanti funesta!) … Cosa me n’è venuto? Nessun soccorso, se non la persuasione che, seppure non valga benda quando lo strazio è più nudo, l’atto stesso di bendarsi con le parole contiene una qualche virtù di svago analgesico, come il lamento o l’urlo o il morso alle labbra del ferito sulla barella.
Gesualdo Bufalino, da “Il malpensante”, 1987
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“Così viviamo, in un continuo prendere congedo”
Rainer Maria Rilke, da “Elegie duinesi”, 1923
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Δεν ελπίζω τίποτα, δε φοβούμαι τίποτα, είμαι λέφτερος.
Non mi aspetto niente.
Non ho paura di niente.
Sono libero.
Nikos Kasantzakis, “Epitaffio”
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David Ligare
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“Addio miei cari, che il vento vi sia leggero”
Günther Eich, da “Daltonismi”, in “Secondo le carte di Seume”, 1972
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Zhang Yingnan
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“Dimmi se disturbo,
disse lui, entrando,
perché se è così me ne vado
immediatamente.
Non solo disturbi,
risposi,
metti sottosopra la mia intera esistenza.
Benvenuto.”
Eeva Kilpi (Finlandia, 1928)
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Immagine dal web
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“Che la terra sia la tua stanza
il pavimento tappezzato
di raggi stellari; afferra
l’argenteo vento e prendi
spazio: è il tuo turno, danza.”
May Swenson, dalla poesia “Che la terra sia il tuo palco”, in “A Cage of spines”, 1958
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“Ogni cosa che scriviamo è una lunga, lunghissima lettera d’addio, destinata a restare senza risposta: talvolta è indirizzata ai morti, talvolta alla vita stessa.”
Asli Erdogan, da “Neppure il silenzio è più tuo”, 2017
(Asli Erdogan è una scrittrice e giornalista turca, attivista per i diritti umani. Arrestata il 16 agosto 2016, insieme ad altri giornalisti del quotidiano filo-curdo “Özgür Gündem” con l’accusa di “propaganda terroristica”, dal 2017 vive in esilio.)
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Immagine in evidenza: Fernando Botero, “Good morning”, 2006

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