Luglio 1923
“Non lo nascondo: sono così disabituato all’idea della gente – ti prego, capiscimi – così disabituato, che i primi minuti del nostro incontro mi sembravano uno scherzo, un travestimento ingannevole […] Ci sono solo alcune cose di cui è difficile parlare: si scuote il loro meraviglioso polline toccandole con le parole… Sì, ho bisogno di te, del mio racconto di fate. Perché tu sei l’unica persona a cui posso parlare del grido di una nuvola, del canto di un pensiero e del fatto che quando oggi sono andato a lavorare e ho visto ogni girasole in faccia, mi hanno sorriso anche loro con i loro semi […] A presto mia strana gioia, mia tenera notte.
Novembre 1923
“Come posso spiegarti, mia gioia, stupenda gioia dorata, quanto posso essere tuo con i miei ricordi, le mie poesie, i miei impeti, i miei vortici interiori? Come posso spiegarti che non posso scrivere una parola senza ascoltare come tu la possa pronunciare; posso solo ricordare le sciocchezze vissute con un rimpianto così acuto per non averlo vissuto insieme a te, anche se il più personale, il più indescrivibile. Non parlo semplicemente di un qualsiasi tramonto dietro l’angolo di una strada. Mi capisci, gioia mia”?
“Puoi essere offesa per un brutto diminutivo perché sei così totalmente risonante come l’acqua del mare, amore mio… Giuro di non aver mai amato nessuno come amo te, con tanta tenerezza, alle lacrime, con un tale senso di splendore.”
“So di non riuscire a dirti nulla con le parole e quando siamo al telefono escono in modo così sbagliato. Perché con te bisogna parlare in modo splendido, come si parla ad esempio alle persone che non ci sono più da tempo…in termini di purezza, splendore e precisione spirituale…Puoi essere offesa per un brutto diminutivo perché sei così totalmente risonante come l’acqua del mare, amore mio”.
“Lo giuro, e gli schizzi di inchiostro non hanno niente a che vedere con questo, lo giuro su tutto ciò che mi è caro, in tutto ciò in cui credo. Giuro di non aver mai amato nessuno come amo te, con tanta tenerezza, al punto delle lacrime, con un tale senso di splendore.”
Vladimir Nabokov, da “Lettere a Vera”