Linguaggi

Primavera verrà…

03.12.2021
“I fiori della primavera sono i sogni dell’inverno raccontati, la mattina, al tavolo degli angeli.”
Khalil Gibran

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E’silenzi
“A m’arcórd che la mi ma
la antrévva tla mi cambra
e l’éra ad maz
e i gréll i cusévva la campagna
a là dalòngh.
Tl’aria dòuza
cumé dòp una févra
a stémmi ad che silénzi
ch’l’antrévva d’impartótt.”
Il silenzio
“Ricordo che mia madre
entrava nella mia stanza
ed era maggio
e i grilli cucivano la campagna
là lontano.
Nell’aria dolce
come dopo una febbre
stavamo in quel silenzio
che entrava dappertutto.”

Nino Pedretti

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Primavera

“Primavera, io vengo dalla via, dove il pioppo è stupito,
dove la lontananza sbigottisce, dove la casa teme di crollare,
dove l’aria è azzurra come il fagottino della biancheria
di colui che è dimesso dall’ospedale!
Dove la sera è vuota come un racconto interrotto,
lasciato da una stella senza continuazione
per rendere perplessi mille occhi tumultuosi,
insondabili e privi di espressione.”

Boris Pasternak, “Primavera”

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Sandro Botticelli, “Primavera”, 1480 circa

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Mi adagio nel mattino di primavera

“Mi adagio nel mattino di primavera.
Sento
nascere in me scomposte
aurore. Io non so più
se muoio oppure nasco.”

Sandro Penna, “Mi adagio nel mattino di primavera”

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Se noi non avessimo amato

“Se noi non avessimo amato,
chissà se quel narciso avrebbe attratto l’ape
nel suo grembo dorato,
se quella pianta di rose avrebbe ornato
di lampade rosse i suoi rami!
Io credo non spunterebbe una foglia
in primavera,
non fosse per le labbra degli amanti
che baciano,
non fosse per le labbra dei poeti
che cantano.”

Oscar Wilde, “Se noi non avessimo amato”

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Addio a una vista

“Non ce l’ho con la primavera
perché è tornata.
Non la incolpo
perché adempie come ogni anno
ai suoi doveri.

Capisco che la mia tristezza
non fermerà il verde.
Il filo d’erba, se oscilla,
è solo al vento.

Non mi fa soffrire
che gli isolotti di ontani sull’acqua
abbiano di nuovo con che stormire.

Prendo atto
che la riva d’un certo lago
è rimasta – come se tu vivessi ancora –
bella com’era.

Non ho rancore
contro la vista per la vista
sulla baia abbacinata dal sole.

Riesco perfino ad immaginare
che degli altri, non noi,
siedano in questo momento
su un tronco rovesciato di betulla.

Rispetto il loro diritto
a sussurrare, a ridere
e a tacere felici.

Suppongo perfino
che li unisca l’amore
e che lui la stringa
con il suo braccio vivo.

Qualche giovane ala
fruscia nei giuncheti.
Auguro loro sinceramente
di sentirla.

Non pretendo alcun cambiamento
dalle onde vicine alla riva,
ora leste, ora pigre
e non a me obbedienti.

Non pretendo nulla
dalle acque fonde accanto al bosco,
ora color smeraldo,
ora color zaffiro,
ora nere.

Una cosa soltanto non accetto.
Il mio ritorno là.
Il privilegio della presenza –
ci rinuncio.

Ti sono sopravvissuta solo
e soltanto quanto basta
per pensare da lontano.”

Wisława Szymborska, “Addio a una vista”

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Vincent Van Gogh, “Ramo di mandorlo fiorito” 1890

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La primavera non c’è più

“Molto tempo prima
che ci gettassimo su petrolio, ferro e ammoniaca
c’era ogni anno
il tempo degli alberi che verdeggiavano irresistibili e violenti.
Noi tutti ricordiamo
i giorni più lunghi
il cielo più chiaro
l’aria mutata
della primavera destinata a venire.
Ora leggiamo nei libri
di questa celebrata stagione
e pure da molto tempo
non sono stati scorti sulle nostre città
i famosi stormi di uccelli.
La gente ancora seduta sui treni è la prima
a sorprendere la primavera.
Le pianure la mostrano
nell’antica chiarezza.
Certo negli alti spazi sembrano passare tempeste:
esse toccano solo le nostre antenne”.

Bertolt Brecht, “La primavera non c’è più”

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Il ramo rubato
“Nella notte entreremo
a rubare
un ramo fiorito.
Passeremo il muro,
nelle tenebre del giardino altrui,
due ombre nell’ombra.
Ancora non se n’è andato l’inverno,
e il melo appare
trasformato d’improvviso
in cascata di stelle odorose.
Nella notte entreremo
fino al suo tremulo firmamento,
e le tue piccole mani e le mie
ruberanno le stelle.
E cautamente
nella nostra casa,
nella notte e nell’ombra,
entrerà con i tuoi passi
il silenzioso passo del profumo
e con i piedi stellati
il corpo chiaro della Primavera.”
Pablo Neruda, “IL ramo rubato”
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Rene Magritte, “Ready-Made Bouquet”, 1956 

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La primavera ha molti silenzi
“La primavera ha molti silenzi
La primavera ha molti suoni:
pattini graffiano il pavimento, macinando polvere.
Gli uccelli ritagliano l’aria in brevi melodie.
Il vento dimentica di essere occasione metereologica
e sussurra antichi aforismi estivi.
Il mare si allunga
scricchiola dolcemente, si rompe le ossa…
La primavera ha molti silenzi:
i germogli slegano il loro segreto
dal senso remoto
i boccioli non dicono nulla.
Ci sono cose che nemmeno il vento può tradire.
La Terra mette un dito sulle labbra
e allenta il suo moto, inquieto, cauto…
Non meravigliarti
se sto in silenzio
la notte di aprile è al tuo fianco.
La primavera è fitta di silenzi.
Laura Riding
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Foto di Alexandra Bochkareva
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Primavera, primavera in abbondanza
“Primavera, primavera in abbondanza
i tuoi canali storti, le tue pinete
sognano d’altre avventure, tu non hai
mica la paura che io tengo, dell’inverno
quando abbrividisce il vento.
Strappi rami agli orticoltori, semini
disagi nella mia anima (la quale bella
se ne sta in ginocchio), provi a me
stessa che tutto ciò che ha un fine
non ha fine.
Oppure credi di dileguarti, sorniona
nascosta da una nuvola di piogge
carica sino all’inverosimile.
Ma il mio pianto, o piuttosto una stanchezza
che non può riportarsi nel rifugio
strapazza le foglie, che ieri
mi sembravano voglie, tenerezze anche
ed ora sperdono la mia brama.
Di vivere avrei bisogno, di decantare
anche queste spiagge, o monti, o rivoletti
ma non so come: hai ucciso il tuo grano
nella mia gola.
Assomigli a me: che tra una morte
e l’altra, tiro un sospiro di sollievo
ma non mi turbo; o mi turbo? del tuo
sembrare agonizzante mentre ridi.
E bestemmia la gente: è più fiera
di te che dello spazio che ti strugge
portandoti fra le mie braccia. E io
stringo una pallida mummia che non
odora affatto: escono semi dai suoi
occhi, pianti, virgole, medicinali
e tu non porti il monte nella casa
e tu non puoi fruttificare, queste
sorelle che ti vegliano.
Sembri infatti un morto nella cassa
e non ho altro da fare che di battere
i chiodi nella faccia”.
Amelia Rosselli
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La primavera
“Conosco una città
dove la primavera
arriva e se ne va
senza trovare un albero
da rinverdire,
un ramo da far fiorire
di rosa o di lillà:
Per quelle strade murate
come prigioni
la poveretta s’aggira
con le migliori intenzioni:
appende un po’ di verde
ai fili dei tram, ai lampioni,
sparge dei fiori
davanti ai portoni
(e dopo un momentino
se li riprende il netturbino).
Altro da fare
non le rimane,
per settimane e settimane,
che dirigere il traffico
delle rondini, in alto,
dove la gente
non le vede e non le sente.
Di verde in quella città
(e dirvi il suo nome non posso)
ci sono soltanto i semafori
quando non segnano rosso.”
Gianni Rodari, “La primavera”
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Foto di Andrea Coltrioli

 

 

 

 

 

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