“Una casa può essere fatta di pareti o di abbracci.”
Fabrizio Caramagna
La casa dei venti
a Antonia W.
Salvatore Ritrovato, da “La casa dei venti”
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Bugie colorate
Emanuel Carnevali, “Bugie colorate”
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La casa è disordinata
Jorge Meretta, da “Ávese”, 2003
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Case
Nikita Gill, “Case”
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Laurent Chéhère, dalla serie “Le case volanti”
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Casa
“Dammi una casa
che non sia mia,
dove possa entrare e uscire dalle stanze
senza lasciar traccia,
senza mai preoccuparmi dell’idraulico,
del colore delle tende,
della cacofonia dei libri vicino al letto.
Una casa leggera da indossare,
in cui le stanze non siano intasate
delle conversazioni di ieri,
dove l’ego non si gonfia
a riempire gli interstizi.
Una casa come questo corpo,
così aliena quando provo a farne parte,
così ospitale
quando decido che sono solo in visita.”
Arundhati Subramaniam, “Casa”
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Confondimi con qualcosa che hai in casa
“Confondimi con qualcosa che hai in casa:
una tazza, un mestolo forato, o con l’incarto del pane
che io possa avere una grazia comune,
essere presa in mano o piegata e riposta,
esser gesto quotidiano, ricordo di giochi, di prove di fuochi,
di crosta nel latte,
un odore di soglia che avverti già sulle scale
o la presa alla cieca, la sicurezza persino banale
di trovarmi nello stesso posto, in uno stipetto;
esserti persino cara
in qualche momento, quando tutto ti è estraneo
e persino l’albero cambia forma
la chioma notturna diventa cava, grotta, e di fosforo diventano gli
occhi, in fretta, in fretta;
fammi sillaba piena, sensata,
trattami col senso che dà
una riposante maneggevole realtà:
son fatta di un solo mistero,
le spalle controvento,
le impronte cardiache,
segnaletiche, in fila indiana,
là dove smarrisci la tua parola
meridiana.”
Daniela Andreis, da “La casa orfana”, 2013
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Laurent Chéhère, dalla serie “Le case volanti”
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Giorni d’inverno nella casa estiva
“Nella solitudine di questi giorni d’inverno
con gli alti fiori di aloe rossi
nel giardino, in casa non c’è nessuno
e io la abito.
Ci sono gli uccelli. E la luce del sud
nel giorno indeciso.
Viene la notte con gli occhi bendati
e cieca cade fuori dai muri
così fredda, così ampia.
Vivo nell’intimità della casa vuota,
e nelle stanze disabitate
posso sentire il suono attutito della vita,
toccare il tempo congelato,
gustare negli specchi un sapore dolce
la noia di un’immagine senza la gioventù.
E ci sono, però, il calore di una vita già indossata,
il segreto entusiasmo di essere stato.”
Francisco Brines, “Giorni d’inverno nella casa estiva”
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Laurent Chéhère, dalla serie “Le case volanti”
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La stanza vuota
“A Carlos Edmundo de Ory in memoriam
Era uno dei tuoi giochi preferiti.
Cosa c’è in una stanza vuota?
domandavi. Noi restavamo in silenzio.
Cosa c’è in una stanza vuota?
Quelli che non conoscevano il gioco
dicevano magari: Niente, e tu dicevi: No.
Niente è niente, ho chiesto cosa.
Finché qualcuno diceva, ad esempio: Silenzio.
E tu dicevi: Sì.
E un altro diceva: Polvere.
E il gioco cominciava a decollare.
Orme di passi sopra il pavimento.
Un fantasma. Una presa. Il foro
d’un chiodo. La penombra.
Il quadrato che lascia sul muro
l’assenza di un quadro. Un filo.
Una lettera per terra.
L’impronta di una mano sulla parete.
Un raggio di sole che entra dalla finestra.
Una ragnatela. Un pezzetto
di carta. Un’unghia. Una formica smarrita.
La musica che arriva dalla strada
(c’è musica senza nessuno che la ascolti?).
Una macchia d’umidità o di fumo.
Scarabocchi o uccelli o nomi
o un disegno di Laura sulla parete.
E tu dicevi sì o no.
Tu lo sapevi. Eri l’inventore del gioco.
Tu già sapevi, Carlos, cosa c’è
nella stanza vuota dove sei appena entrato.
Era uno dei tuoi giochi preferiti.
– Cosa c’è in una stanza vuota?
– Un fantasma.
– L’hanno già detto.
– Sì, ma quello che dico io è un altro.”
Juan Vicente Piqueras, “La stanza vuota”
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Laurent Chéhère, dalla serie “Le case volanti”
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Compravendita
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“Per quanto staranno così
separati dalla propria armonia
note volate via
dallo stesso spartito,
per quanto vivranno così,
le nuche sulla federa sudata
il silenzio negli occhi
lo strepito delle mani accasciate
c’è tanto silenzio, qui, padre
la vita si alza in silenzio, qui, padre
respira salendo verso le tenebre
lo sforzo di un tronco strozzato dall’edera
e fuori sciama e chiama la gioventù fogliante
primavera mia
che ci sono finestre dove il sole
si affaccia come non desiderato
e azzurri che depongono
la loro azzurra dolcezza;
la speranza è nel gesto, papà,
senza radice e puro
dalla tua mano alla mia
dalla mia mano alla tua
lo splendore di un frutto maturo.”
Pierluigi Cappello, “Casa di riposo, primo piano”
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La mia casa a Pennabilli
“Adesso abito quassù
in una casa di montagna
e passo il tempo con delle foglie secche
che le metto in fila sopra uno scalino;
o vado a toccare quei fili d’acqua
che saltellano giù da una fessura di sassi
dove le trote stanno accovacciate al fresco
e Silvestro le prende con le mani
come fanno i gatti con le farfalle.
Mi piace anche fare dei conti
con un’aritmetica elementare:
due e due quattro sei e sei dodici
se vai a comprare sette uova e tre cadono
a terra, quante ne restano sane?
O altrimenti faccio delle righe sulla sabbia
del cortile, delle aste una dopo l’altra
per ricordare la sveltezza
delle gambe di una volta e l’aria
piena di lucciole e la bicicletta
e la fionda, gli aquiloni
e laggiù per ogni Ferragosto
il mare che stava disteso dietro montagne
di sabbia come una bestia buona
sotto le carezze del padrone.
Il pomeriggio sto seduto a guardare
la valle e la montagna in fondo
con tutti i campi che sembrano stracci
ad asciugare al sole e ogni tanto le strisce
rosse dei papaveri, dei mucchietti di case
come dei nidi di rondini appoggiati a terra
e la gente piegata a lavorare
piccola come la polvere e io seduto
con tutta ’sta roba dentro gli occhi
e con la memoria che è diventata bianca
e su questo lenzuolo ogni tanto passa
la voce della mia povera mamma
e l’odore delle mele cotogne
che stavano in cima all’armadio.”
Tonino Guerra, “La mia casa a Pennabilli”
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Il mio indirizzo
“Ho cancellato oggi
il numero della mia casa,
Ho strappato la targa
che portava
il nome della mia via
e quelle di tutte le altre.
Ma se tu assolutamente
vuoi trovarmi,
bussa alla porta
di ogni casa,
in ogni via
delle città di tutti i paesi
– tutto allo stesso tempo
è una cattiva sorte
e una benedizione –
e ovunque dove risplende
uno spirito libero:
sappilo, là è casa mia.”
Amrita Pritam, “Il mio indirizzo”, da “Di volta in volta e altre poesie”
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Edward Hopper, “La colina del faro”, 1927
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Il luogo è illuminato dal ricordo
“Alle nostre case nell’assenza dopo la guerra e l’abbandono”
1.
Tristezza è
visitare le rovine di casa tua in sogno
e fare ritorno senza polvere sulle mani
2.
Delicatezza è
innaffiare i fiori appassiti
nel giardino dei vicini
perché quelli di casa tua sono morti secchi sotto le bombe
3.
Distanza è
geografia della sopraffazione
che separa città lontane mille miglia
in una lasci i panni sul filo del bucato
nell’altra tendi la mano al vento
per raccoglierli.
4.
Alla mano sospesa sul campanello della vecchia casa
chi può dire
“Le case non sono di chi le ha lasciate”.
Widad Nabi
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Geometria
Nell’immagine in evidenza: Dipinto di Nic Dempster, artista neozelandese