“Vorrei parlarvi delle Akashinga che in lingua bantu significa “le coraggiose”.
Chi sono? Sono una task force tutta al femminile che difende gli animali in via d’estinzione dai cacciatori di frodo.
Siamo nel basso Zambesi, Zimbawe, Africa Sud-orientale.
Le Akashinga sono donne armate che si addestrano e si allenano duramente sfidando gli stereotipi maschili e la tradizione. Si prendono una rivincita sulla vita, si riprendono la vita e ciò che spetta loro di diritto: un futuro. Difendono la terra e gli animali per tutti noi, non solo per il proprio territorio.
Queste donne sono legate da difficili e dolorose storie che si portano a tracolla insieme al loro AK-47, donne relegate ai margini della vita sociale. Alcune orfane, altre vedove, ragazze madri o ripudiate dai mariti, mendicanti e prostitute costrette per sopravvivere a vendere il proprio corpo. Kelly Lyee Chigumbura aveva 17 anni quando è stata violentata vicino alla casa della sua famiglia nella valle dello Zimbabwe. Dopo aver realizzato che era incinta del figlio del suo stupratore, Chigumbura abbandonò la scuola e mise da parte il suo sogno di diventare infermiera. “I miei obiettivi erano andati in frantumi”, dice. “Era come se non potessi fare più nulla con la mia vita.”
Donne ai margini. Donne forti, piene di risorse, in attesa di un’occasione di riscatto. Che è arrivata quando Marcus Mader, un ex soldato dei corpi speciali australiani impegnato da anni nella lotta al bracconaggio, ha pensato: perché non ingaggiare queste donne, fiere, capaci e motivate nella lotta contro i cacciatori di frodo? In fondo la guerra in Iraq, dove Mader ha lavorato come contractor, gli ha insegnato chiaramente e con suo grande stupore, che le donne hanno un tasso di successo molto più alto nel contrastare la resistenza.
Già in Sudafrica si era tentato un esperimento simile nel 2013 con la “Black Mamba Anti-Poaching Unit”, reclutando donne per difendere rinoceronti, ghepardi e licaoni.
Ma questo progetto, avviato nella Phundundu Wildlife Area, nell’ecosistema Zambesi inferiore, non ha solo l’obiettivo di salvaguardare gli animali. È innovativo perché pensato per dare alle donne una vita nuova, renderle meno vulnerabili e discriminate. È una vera e propria azione di empowerment femminile. E ci sta riuscendo.
Quando si sono aperte le iscrizioni la risposta è stata impressionate. Sono arrivate in tantissime. Ora il plotone è composto da 26 donne, tutte altamente addestrate all’uso delle armi, al combattimento corpo a corpo, alle esercitazioni di guerriglia. Donne che studiano l’arte dell’imboscata e al tempo stesso le abitudini della fauna e i segreti della terra. Riconoscono le impronte, leggono i segni sugli alberi e seguono le tracce di uomini e animali. Le Akashinga padroneggiano le tecniche di pattugliamento e di mimetismo. Sanno prestare pronto soccorso in caso di attacco e sanno come perquisire, arrestare e preservare la scena di un crimine.
Quando il progetto è partito, la diffidenza, soprattutto maschile, è stata enorme. C’era molta resistenza, sia perché la task force era di donne, ma anche perché… di quali donne stiamo parlando? Di donne sfruttate ed emarginate dalla società. Quelle rifiutate, derise e minacciate. Donne abbandonate al loro destino.
Dirigendosi verso i campi di allenamento, venivano molestate dagli uomini ubriachi che urlavano: “Questo lavoro non fa per te. Non lo è mai stato. Torna a casa tua!”
Ma le donne sono coraggiose, siamo tutte Akashinga ben prima di essere dei Ranger. Non avendo mai ricevuto una forma di reddito sicura, avevano ormai affrontato miriadi di avversità e vissuto in condizioni di povertà estrema all’interno delle zone rurali emarginate dello Zimbabwe. Ogni giorno della loro vita. Sfidando il ridicolo e lo stereotipo non avrebbero mai perso quest’opportunità. E non si sono arrese. Finché sono tornate tutte a casa in divisa da Ranger.
Kumire è una madre single di 32 anni il cui marito è fuggito con una donna più giovane mentre era incinta del suo secondo figlio. “Questo lavoro non è pensato solo per gli uomini”, dice, “ma per tutti quelli che sono in forma e forze”. Per questo si allenano duramente tutto il giorno, con prove massacranti, sfinenti, al limite delle loro capacità: come trasportare una tenda da 90 chili in cima a una montagna con le gambe legate. Per 36 che provano, in 3 sole ce la fanno. Oggi, dopo un duro lavoro e uno forza incredibile, Vimbai, Tracey, Primerose, vestite in mimetica e col fucile d’assalto a tracolla, si aggirano per la boscaglia. La perlustrano, la custodiscono, la proteggono. Sia la terra che gli animali. Sono vere professioniste, capaci, serie, oneste. Praticano imboscate al mattino immerse nel verde sottobosco come un’ombra screziata. Al collo un AR-15 maneggevole nel combattimento ravvicinato, un’ arma è abbastanza precisa da abbattere un bersaglio nemico a 500 metri.
La prima unità africana anti-bracconaggio, armata di tutte le donne, sta cambiando il modo di vivere di tutto il territorio. Il parco era diventato una specie di area libera da chi voleva appendersi un trofeo sopra al caminetto. Adesso gli animali sono al sicuro e le coraggiose Akashinga arrestano i bracconieri senza sparare un singolo colpo. In un anno ne hanno arrestati 80.
Ramrod, dritta e orgogliosa, sorride mostrando la vivida cicatrice che le attraversa il labbro superiore, quello che il suo ex ragazzo le ha rotto picchiandola rabbiosamente quando era ubriaco. “Posso testimoniare il potere di questo programma di cambiare la mia vita. Ora ho il rispetto della mia comunità, anche da giovane madre single” spiega.
Le donne sono meno corruttibili degli uomini, è un dato di fatto ormai constatato, lavorano di più, si ubriacano meno e soprattutto sono fiere di ciò che fanno. Per loro non è solo un lavoro. Apprezzano essere Akashinga
perché hanno la possibilità di una vita migliore, anzi, di una vita.
I loro compiti sono di lavorare per fermare il crimine illegale: pattugliano all’interno e attorno alla riserva, interagiscono con la comunità, si mettono in contatto con le autorità locali, conducono una formazione regolare e mantengono un’alta etica di conservazione.
Da quando le Akashinga operano sul territorio il bracconaggio è crollato e tutte queste donne hanno conquistato l’indipendenza economica.
Ma volete sapere una cosa incredibile? Da quando queste donne proteggono la terra e perlustrano guardinghe il territorio, tutti si sono accorti di una cosa straordinaria: gli animali, in particolare gli elefanti e i bufali, sono meno aggressivi e attacchi e incidenti con la popolazione sono di gran lunga diminuiti. I contingenti femminili inducono meno aggressività negli animali.
Ci auguriamo che l’obiettivo che punta a reclutare 1000 donne, proteggendo una rete di 20 ex riserve di caccia entro il 2025 sia raggiunto.Lo Zimbabwe ospita la seconda popolazione di elefanti del mondo e la Lower Zambezi Valley è una delle quattro roccaforti del paese.
“Un crescente numero di prove suggerisce che potenziare le donne è la più grande forza per un cambiamento positivo nel mondo di oggi”
Il progetto Akashinga è un investimento per le donne e le loro famiglie, per lo sviluppo di comunità rurali, le aree limitrofe e selvagge. Dando autonomia alle donne, si porta localmente a una riduzione della povertà, si migliora l’assistenza sanitaria, si sviluppano nuove competenze, si consente ai bambini di andare a scuola, diminuisce lo stupro e la violenza sessuale e c’è un considerevole aumento dell’aspettativa di vita grazie alla riduzione delle malattie e una pianificazione familiare strutturata.
“Se educhi un bambino, creerai un uomo. Se educhi una donna, creerai un popolo.” – Dice un proverbio del Ghana.