Linguaggi

Libiam ne’ lieti calici

26.12.2021
“Libiam ne’ lieti calici
Che la bellezza infiora,
E la fuggevol ora
S’inebri a voluttà.”  
Giuseppe Verdi “La Traviata”
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Dimmelo in un alcool modo
“-Ti ho vista e mi è venuto un colpo al Liquore
-dici per scherzo o da Vermouth?
-dico davvero
-ne sei Certosino?
-ma sì, mi hai preso per un Crodino?
-scusa, è che sto vivendo un periodo Angostura
-come se il mondo giocasse Cointreau di te?
-anche a te capita questa sensazione?
-anche a me
-Aperol, pensavo fossi la Soda e unica
-una di queste sere potremmo Cynar insieme
-di solito Nocino grazie, ma il pranzo volentieri
-ok, ricominciamo punto e Zacapa?
-meglio di Ron, ma se vuoi possiamo andare a fare acqua Gin Lemon
-scusa, ma vestito così sembro un Bourbon
-ma no, sei Amabile anche se un Prosecco
-per te ingrasserei volentieri
-che fai te la Brandy? stavo scherzando
-lo so che scherzavi
-tappati la bocca dai
-con lo Scotch?
-sarebbe un gioco da Jagermeister, preferirei usare Filu’e Ferru
-ma Il mio Sangria scorre per te, senza di te sarei un uomo Mirto
-basta parole, andiamo via, a tutta Birra!
-voglio che tu lo sappia, io ti Amaretto!
-ti prego, dillo un’altra Vodka!
-ogni volta che ti vedo il mio cuore si Grappa al tuo
-dimmi qualcosa di forte ti prego
-io Assenzio di te faccio schifo!
-tu sei, tu sei una Goccia Imperiale in questo mare!
e così andarono a Campari insieme
e superarono tutti i momenti Amari
o almeno, a noi, Chivas di pensarla così.”

Gio Evan (GIovanni Giancaspro), “Dimmelo in un alcool modo”

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Foto di Sonia Simbolo

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Prontuario per il brindisi di capodanno

“Bevo a chi è di turno, in treno, in ospedale,
cucina, albergo, radio, fonderia,
in mare, su un aereo, in autostrada,
a chi scavalca questa notte senza un saluto,
bevo alla luna prossima, alla ragazza incinta,
a chi fa una promessa, a chi l’ha mantenuta,
a chi ha pagato il conto, a chi lo sta pagando,
a chi non è invitato in nessun posto,
allo straniero che impara l’italiano,
a chi studia la musica, a chi sa ballare il tango,

a chi si è alzato per cedere il posto,
a chi non si può alzare, a chi arrossisce,
a chi legge Dickens, a chi piange al cinema,
a chi protegge i boschi, a chi spegne un incendio,
a chi ha perduto tutto e ricomincia,
all’astemio che fa uno sforzo di condivisione,
a chi è nessuno per la persona amata,
a chi subisce scherzi e per reazione un giorno sarà eroe,
a chi scorda l’offesa, a chi sorride in fotografia,
a chi va a piedi, a chi sa andare scalzo,

a chi restituisce da quello che ha avuto,
a chi non capisce le barzellette,
all’ultimo insulto che sia l’ultimo,
ai pareggi, alle ics della schedina,
a chi fa un passo avanti e così disfa la riga,
a chi vuol farlo e poi non ce la fa,
infine bevo a chi ha diritto a un brindisi stasera
e tra questi non ha trovato il suo”

Erri De Luca, “Prontuario per il brindisi di capodanno”

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Fortunato Depero, “Riti e splendori d’osteria”, 1944

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Enivrez-vous

“Bisogna essere sempre ubriachi.
Tutto sta in questo: è l’unico problema.
Per non sentire l’orribile fardello del tempo.
Del tempo che rompe le vostre spalle
e vi inclina verso la terra,
bisogna che vi ubriachiate senza tregua.
Ma di che? Di vino, di poesia o di virtù,
a piacer vostro. Ma ubriacatevi.
E se qualche volta sui gradini di un palazzo,
sull’erba verde di un fossato,
nella mesta solitudine della vostra camera,
vi risvegliate con l’ubriachezza già diminuita o scomparsa,
domandate al vento, all’onda, alla stella, all’uccello, all’orologio,
a tutto ciò che fugge, a tutto ciò che geme,
a tutto ciò che ruota, a tutto ciò che canta,
a tutto ciò che parla, domandate che ora è;
ed il vento, l’onda, la stella, l’uccello, l’orologio vi risponderanno
“È l’ora di ubriacarsi!
Per non essere gli schiavi martirizzati del tempo, ubriacatevi;
Ubriacatevi senza smettere!
Di vino, di poesia o di virtù, a piacer vostro.”

Charles Baudelaire, “Enivrez-vous” (“Ubriacatevi”)

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Allorché recideranno il virgulto della mia vita

“Allorché recideranno il virgulto della mia vita,
Le mie parti saranno sparse lontane l’una dall’altra.
Se dal fango mio allora modelleranno una brocca
Fatela colma di vino e io tornerò alla vita.”

Omar Khayyam, da “Quartine”

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Gerrit Van Honthorst, “Il violinista ebbro”, 1623 (dettaglio)

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Se non bevi vino

Se non bevi vino, non rimproverare chi si ubriaca.

E non cominciare a intrecciare astuzie e inganni.

Non essere poi così fiero di non bere il vino, ché di certo

cento bocconi ingoi di cui il vino è umile servo.”

Omar Khayyam, da “Quartine”

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Mi dice la gente: “Gli ubriachi andranno all’inferno!

 

“Mi dice la gente: “Gli ubriachi andranno all’inferno!

Ma son parole queste prive di senso pel cuore:

se dunque andranno all’inferno i bevitori e gli amanti,

vedrai il Paradiso domani nudo come palmo di mano!

 

Io nulla so, non so se chi m’ha creato

m’ha fatto per il Cielo o m’ha destinato all’Inferno.

Ma una coppa e una bella fanciulla e un liuto sul lembo d’un prato,

per me son monete sonanti: a te la cambiale del Cielo!”

 

Omar Khayyam, da “Quartine”

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Tiziano, “Baccanale”, 1523

 

 

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Il saggio

 

“Ero perso con lo sguardo verso il mare
Ero perso con lo sguardo nell’orizzonte,
tutto e tutto appariva come uguale;
poi ho scoperto una rosa in un angolo di mondo,
ho scoperto i suoi colori e la sua disperazione
di essere imprigionata fra le spine
non l’ho colta ma l’ho protetta con le mie mani,
non l’ho colta ma con lei ho condiviso e il profumo e le spine tutte quante.
Ah, stenderei il mio cuore come un tappeto sotto i tuoi passi,
ma temo per i tuoi piedi le spine di cui lo trafiggi.
“L’idioma dell’Amore non si può veicolare con la lingua:
versa il vino, coppiere, e smetti quest’insulso parlare”

Khwāja Shams-ud-Dīn Muḥammad (Hafez), “Il saggio”, poeta e mistico persiano del ‘400

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Jan Steen, “I retori alla finestra”, 1662

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Brindiamo

“Brindiamo alle pazze, alle inadeguate
ribelli, combinaguai,
quelle che vedono le cose in modo diverso.
Non amano le regole e non rispettano lo status-quo
perché le donne che si credono così pazze
da pensare che possono cambiare il mondo
sono quelle che lo fanno.”

Jack Kerouac

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Eduard Manet, “Il bar delle Folies Bergère”, 1881 

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Cena di sabato sera

“La cipolla, la grattugerò
perché non si secchi la mia fonte di lacrime.
La patata, la pelerò
per il tuo gioco di prestigio con la pelle.
Lascia che suoni Nusrat Fateh Ali Khan, il menestrello sufi
perché ci apra una finestra su Konya,
una finestra adorna di narcisi, sonnolenta e languida,
e piena di piccioni viaggiatori.
Se chiamano
da MasterCard
o dall’Agenzia delle io-non-ho-affatto Entrate
di’ loro che sono andato in Kashmir
a cercare la palla da polo persa da tempo dal re indiano Aurangzeeb,
e che non è chiaro quando tornerò.
Non ridere, mia cara!
Le incomprensioni culturali
allontanano i seccatori
più in fretta di una vuota conversazione.
Ora, mentre questo riso indiano invecchiato cuoce,
metti due bicchieri, labbro a labbro, vicino alle nostre mani
della nostra annata più vecchia, quattro anni
e un ricordo del secolo scorso.
Un sorso di buon vino
è sufficiente a cancellare un secolo intero dalla memoria.
Sorso dopo sorso
possiamo tornare così indietro
che dopo cena
possiamo trovarci al chiaro di luna
tra i palmeti della Mesopotamia,
e verso mezzanotte
in un luogo primordiale nudo
e sconfinato.”

Abbas Saffari, “Cena di sabato sera”, da “Fiammiferi bruciati”

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Foto di Aleksandr Korchagin

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Ultimo brindisi
“Che lo vogliamo o no
Abbiamo solo tre alternative:
Il passato, il presente e il futuro.
E in realtà neanche tre
Perché come dice il filosofo
Il passato è passato
Ci appartiene soltanto nel ricordo:
Dalla rosa che è sfiorita ormai
Non si possono cogliere più petali.
Le carte da giocare
Sono soltanto due:
Il presente e il giorno del futuro.
E in realtà neanche due
Perché è un fatto acquisito ormai tra noi
Che il presente non dura
Se non in quanto diventa passato
E già è alle spalle…
come la gioventù.
Alla fine dei conti
Ci resta solamente il futuro:
Io alzo il mio bicchiere
Per questo giorno che non giunge mai
Ma che è l’unica cosa
Di cui noi veramente disponiamo.”
Nicanor Parra (poeta cileno), da “Canzoni Russe” in “L’ultimo spegne la luce”
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Accanto a un bicchiere di vino
“Il tavolo è tavolo, il vino è vino
nel bicchiere che è un bicchiere
e sta lì dritto sul tavolo.
Io invece sono immaginaria,
incredibilmente immaginaria,
immaginaria fino al midollo.
Gli parlo di tutto ciò che vuole:
delle formiche morenti d’amore
sotto la costellazione del soffione.
Gli giuro che una rosa bianca,
se viene spruzzata di vino, canta.
Mi metto a ridere, inclino il capo
con prudenza, come per controllare
un’invenzione. E ballo, ballo
nella pelle stupita, nell’abbraccio
che mi crea.
Eva dalla costola, Venere dall’onda,
Minerva dalla testa di Giove
erano più reali.
Quando lui non mi guarda,
cerco la mia immagine
sul muro.
E vedo solo
un chiodo, senza il quadro.”
Wislawa Szymborska, “Accanto a un bicchiere di vino”
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Foto in evidenza di Sonia Simbolo

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