Affabulazioni

Le storie di Nasreddin Hodja

08.01.2022

Le tigri

Nasrudin stava gettando manciate di briciole di pane tutt’intorno alla sua casa. “Che stai facendo?” Gli chiese un tale. “Sto tenendo lontane le tigri.” “Ma non ci sono tigri da queste parti.” “Proprio così: efficace, vero?”

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I Contadini che ci sapevano fare coi Numeri

Tra i luoghi che il mullah Nasreddin Hodja visitò nei suoi viaggi, c’era un villaggio i cui abitanti erano noti per essere particolarmente esperti nei calcoli. Nasreddin trovò alloggio presso la casa di un contadino. Il mattino dopo Nasreddin si accorse che nel villaggio non c’era un pozzo. Ogni mattina, un membro di ogni famiglia del villaggio caricava uno o due asini con delle brocche per l’acqua vuote, raggiungeva un ruscello ad un’ora di cammino dal villaggio, riempiva le brocche, e le riportava indietro, impiegando un’altra ora.
Non sarebbe meglio se aveste l’acqua nel villaggio?” Chiese l’hodja al contadino presso il quale abitava.
Oh, molto meglio – disse il contadino. – Ogni giorno l’acqua mi costa due ore di lavoro per l’asino e per il ragazzo che lo conduce. In totale 1.460 ore l’anno, se calcoliamo l’asino uguale al ragazzo. Se l’asino e il ragazzo impiegassero quel tempo a lavorare nei campi, io potrei, per esempio, piantare un intero campo di zucche e raccogliere 457 zucche in più ogni anno“.
Mi pare che voi abbiate previsto ogni cosa per bene, – disse l’hodja con ammirazione. – E allora, perché non scavare un canale che porti l’acqua al villaggio?
Non è così semplice – disse il contadino. – Sulla strada c’è una collina che dovremmo scavare e togliere. Se utilizzassi ragazzo e asino per scavare un canale, piuttosto che mandarli per acqua, ci metterebbero 500 anni, lavorando due ore al giorno. Io potrò forse campare ancora trent’anni, quindi mi costa molto meno farli portare l’acqua“.
Sì, ma sarebbe compito soltanto tuo scavare un canale? Ci sono molte famiglie in questo villaggio“.
Certamente – disse il contadino – Ci sono esattamente 100 famiglie. Se ogni famiglia mandasse un ragazzo e un asino ogni giorno per due ore, ci vorrebbero cinque anni per finire il canale. E se lavorassero dieci ore al giorno, per finirlo ce ne vorrebbe uno“.
Allora perché non parli con i tuoi compaesani e gli suggerisci di scavare il canale tutti insieme?
Dunque, se devo discutere una questione importante con un compaesano, lo invito a casa mia, gli offro tè e halvah, parliamo un po’ del tempo e delle previsioni per il prossimo raccolto, poi si parla della sua famiglia, delle sue figlie, e dei suoi nipoti. Poi gli offro il pranzo, e dopopranzo prendiamo di nuovo il tè. Poi lui s’informa della mia fattoria e della mia famiglia, poi arriviamo al punto, con piacere e con calma. Per tutto questo ci vuole un intero giorno. Siccome nel villaggio ci sono 100 famiglie, Io dovrei parlare con 99 capofamiglia. Devi ammettere che non posso permettermi di passare novantanove giorni di seguito in queste discussioni. La mia fattoria andrebbe alla malora. Il massimo che possa fare è invitare a casa mia un compaesano alla settimana. Ma se un anno ha cinquantadue settimane, mi ci vorrebbero almeno due anni per parlare con tutti i miei compaesani. Conoscendo i miei compaesani, tutti alla fine concorderebbero che sarebbe meglio avere l’acqua nel villaggio, perché ci sanno tutti fare coi numeri. E conoscendoli bene, ognuno di loro si impegnerebbe a partecipare all’impresa, se anche gli altri lo facessero. Insomma, dopo due anni dovrei cominciare tutto daccapo. Dovrei invitarli a casa mia e riferire che anche gli altri sono d’accordo a partecipare“.
E’ vero” – disse l’hodja. – Ma dopo due anni sareste pronti per cominciare il lavoro. E dopo ancora un anno, il canale sarebbe finito!
Esatto –  disse il contadino. – Così gli scansafatiche trarrebbero dal canale lo stesso vantaggio degli altri, ma senza la spesa“.
Devo ammettere che è così.” Disse l’hodja.
Così chiunque ci sappia fare coi numeri cercherà di sottrarsi al proprio dovere. Un giorno l’asino zoppicherà. Un altro giorno il figlio di qualcuno avrà la tosse. E poi si ammalerà la moglie di qualcun altro, e ci sarà bisogno del ragazzo e dell’asino per condurre il dottore. Ma nel nostro villaggio, tutti ci sanno fare coi numeri, così ognuno cercherà di evitare di fare la sua parte. E siccome ognuno di noi sa che gli altri non si ammazzeranno di lavoro, nessuno manderà il suo ragazzo e il suo asino a lavorare. Quindi i lavori per il canale non cominceranno mai.
Devo ammettere che i tuoi argomenti sembrano assai convincenti.” Disse l’hodja. Rimuginò per un po’, e d’improvviso esclamò: “Ma io conosco un villaggio, dall’altro versante dei monti, che ha esattamente gli stessi vostri problemi, ma sono vent’anni che c’è un pozzo“.
Bene –  disse il contadino – “Evidentemente non ci sanno fare coi numeri“.

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L’asino non può leggere più di questo

Un giorno, Tamerlano aveva ricevuto, in regalo, un asino egiziano di grande valore. Lo fece vedere ai suoi cortigiani che non fecero che elogiarlo. Rivolgendosi a Nasreddin Hodja: “E cosa ne pensi, tu, di quest’asino?”
In fede mia… secondo me, noto in quest’asino grandi doti. Se tu me lo ordini, posso insegnargli a leggere in pochi mesi.” Tamerlano, molto incuriosito, rispose: “Se tu vi riesci, ti ricompenserò bene.” Hodja, per questa storia, si vide accordare un periodo di tre mesi.
Al termine di questo periodo, Hodja portando il somaro per la cavezza, lo condusse da Tamerlano; poi, tirando fuori un grande libro che aveva portato con sé, lo mise davanti all’animale. Questo, subito, si mise a voltare velocemente, con la lingua, le pagine del libro e a ragliare quasi ad ogni pagina. Tamerlano, che si aspettava di vedere un artificio maggiore, domandò ad Hodja come avesse fatto per arrivare a questo risultato.
Hodja, di rimando: “Ecco… dopo aver lasciato la reggia, ho chiuso l’asino nella scuderia. Quel giorno non gli detti nulla da mangiare. Il giorno dopo feci rilegare un grosso libro e mettere grani d’orzo tra i fogli. L’asino affamato, sentendo l’orzo, cominciò a voltare le pagine del libro con la sua lingua. Dove non incontrava nulla, mi guardava in faccia e si metteva a ragliare. Ed é così che l’ho abituato a nutrirsi.” Un uomo dell’assemblea, per sminuire l’effetto delle parole di Hodja, disse: “Vediamo… francamente, io non ci ho capito nulla. L’asino ha semplicemente voltato le pagine e ragliato. Che c’è di straordinario in questo?
Nasreddin Hodja, in risposta: “L’asino non può leggere più di così! Solamente nel caso in cui si vorrebbe fargli apprendere di più, allora bisognerebbe veramente considerare asini noi stessi!
A queste parole, tutta l’assemblea, Tamerlano per primo, rise lungamente e di buon cuore.

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Vado a chiamare il dottore

La moglie di Nasreddin sta male e Nasreddin esce per andare a chiamare il dottore. Appena uscito, la moglie si affaccia alla finestra e gli grida: “Non ho più bisogno del dottore. Il dolore mi è passato!” Nasreddin continua a camminare, arriva dal dottore e gli dice: “Non abbiamo più bisogno di te“.

Restituiscimi il mantello

Nasreddin è per strada ed è l’ora dell’abluzione. Lega l’asino vicino ad un fiume, posa sull’asino il mantello e si immerge nell’acqua. Passa un ladro e ruba il mantello. Nasreddin torna e non trova più il mantello. Stizzito, toglie la sella all’asino e gli dice: “D’accordo, restituiscimi il mantello e io ti restituisco la sella“.

La destra e la sinistra

La moglie sveglia Nasreddin che dorme: “Dammi la lanterna, devo andare a fare un bisogno. È lì alla tua destra”. “Sei matta? Con questo buio come faccio a riconoscere la destra e la sinistra?

Il gusto è lo stesso

Nasreddin torna dalla vigna con due canestri pieni di grappoli d’uva. Dei bambini gli si stringono attorno e lo supplicano: “Mullah, facci assaggiare la tua uva!” Nasreddin stacca pochi acini dai grappoli e li dà ai bambini. “Ma Mullah, hai così tanta uva e a noi hai dato solo pochi acini”, si lamentano i bambini. “Bambini, non c’è nessuna differenza tra tutto un grappolo e un solo acino. Il gusto è esattamente lo stesso“.

Risposte diverse

Un tale vuole diventare discepolo di Nasreddin. È una giornata fredda e vede Nasreddin che si soffia sulle mani. “Mullah, perché fai così?” Chiede. “È ovvio, per scaldarle“. Risponde Nasreddin. Poi Nasreddin mesce la minestra in due ciotole, prende in mano la sua e ci soffia sopra. “Mullah, perché fai così?” Chiede il discepolo. “È ovvio, per raffreddarla.” Il discepolo si alza adirato. “Come posso fidarmi di te, se alla stessa domanda mi dai due risposte diverse?

L’asino perduto

 Nasreddin ha perso il suo asino, ma invece di cercarlo, corre avanti e indietro per il villaggio urlando a voce spiegata: “Lode a Dio! Lode a Dio il Misericordioso!“. Conoscendo l’affetto di Nasreddin per il suo asino, i vicini restano molto stupiti e gli chiedono: “Ma come? Hai perso il tuo asino e invece di chiedere a Dio di aiutarti a ritrovarlo, ritrovarlo, lo lodi in continuazione?“. “Non capite“, disse Nasreddin. “Ringrazio Dio perché, quando il mio asino si è perso, io non ero sulla sua groppa. Altrimenti sarei io quello che si è perso.

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Nasreddin Hodja fu un saggio che visse in Turchia intorno al XIII secolo. Il racconto più antico in cui viene citato si trova nel Saltukname, un’opera che contiene diverse storie del folklore popolare e che fu composta nel 1480 da Ebul Hayri Rumi. Qui si dice che Nasreddin Hodja “nacque a Shivrihisar e che i nativi di Shivrihisar erano famosi per il loro strano comportamento e ingenuità“. Figlio di un imam, alla morte del padre  ne prese il posto per poi trasferirsi  ad Akshehir, dove frequentò alcuni dei più grandi sapienti del tempo e dove insegnò nella scuola teologica della città, diventando anche giudice (kadi). A quanto pare Nasreddin era famoso per il suo spiccato senso dell’umorismo ed è forse questo il motivo per cui, nel tempo, gli venne attribuita tutta una serie di storielle buffe conservate dalla tradizione orale. Secondo alcune ipotesi, da lui sarebbe nato il personaggio di Giufà, tipico della tradizione siciliana: un sempliciotto, un credulone (un po’ come il nostro Pierino, tanto per intendersi),regolarmente raggirato da ogni sorta di imbroglioni. In realtà, sia Nasreddin che Giufà possono contare su un gran numero di personaggi simili presenti anche in altre culture. Nella tradizione giudaico-spagnola, per esempio, Giufà è un ragazzo che riunisce in sé tutte le possibili contraddizioni: può essere tonto quanto astuto, imbroglione oppure onesto, serio e compassato come pure burlone. La sua vena irriverente compare anche in Till Eulenspiegel, un personaggio che appartiene alla tradizione del Nord Europa e che ha ispirato numerose opere: forse una delle più celebri è il poema sinfonico I tiri burloni di Till Eulenspiegel, di Richard Strauss.

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