Linguaggi

La vita allo specchio

19.01.2022

“Si sa che non esisto: esistono solo i mille specchi che mi riflettono.”

Vladimir Nabokov

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Ha indossato la camicia, ha preso l’ombrello

“Ha indossato la camicia, ha preso l’ombrello
non ha detto parola
nemmeno io.

Dopo che se n’è andato
sono rimasta innanzi allo specchio
ho estratto la lingua
per vedere se erano rimaste impigliate delle parole.
Purtroppo ho visto solo muscoli e vene.

Ho ritirato la lingua
sono scoppiata a ridere
la risata non è una parola – poi ho infranto lo specchio.

Da quel momento
ho continuato a infrangere specchi
invano
cercandone uno
che non riflettesse
più, uno specchio
che infrangesse me.”

A’isha Arna’ut, da “Non ho peccato abbastanza”

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Lo specchio

“Che oggetto triste
hanno inventato gli uomini!
Chiunque si specchia
sta di fronte a se stesso
e chi pone la domanda
è, al tempo stesso, l’interrogato.
Per entrare più a fondo
l’uomo deve fare il contrario,
allontanarsi.”

Kikuo Takano, “Lo specchio”, da “L’infiammata assenza”

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Kitagawa Utamaro

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Specchio infranto

“Nel tuo ricordo, ieri
e in memoria di quell’amore travolgente
ho vestito con una camicia verde la mia figura.
Ancora una volta mi sono fermata a fissare
il mio viso allo specchio
e ho sciolto pian piano le ciocche dei miei capelli.

Ho tratto il profumo dalla memoria, e l’ho sparso sul petto,
aggraziata mi sono truccata gli occhi d’azzurro

slacciate le mie trecce le ho posate sulle spalle
e accanto alle mie labbra, lentamente, ho disegnato un neo.
Oh malinconia, che lui non è qui adesso – mi sono detta –
ché stupore lo cogliesse per tutta questa grazia, e vanto.
Ché con un sorriso mi dicesse – quanto sei bella
ancora una volta – dopo aver visto la camicia verde sul mio corpo.
Adesso lui non è qui, per fissare nelle mie pupille nere
il riflesso delle guance sue.

A cosa serviranno stanotte i miei capelli sparsi al vento?
Dove sono le sue dita, perché trovino rifugio nella casa?

Lui non è qui,
ad annusare impazzito l’odore ammaliante del mio corpo.
O specchio, guardami morire dalla voglia,
lui non è qui, a stringermi con vigore tra le braccia.

Io mi guardavo allo specchio
e lui mi ascoltava:

come potrai tu disfare la nostra malinconia?
Si infranse, e urlò preso dalla pena:

oh donna, cosa possiamo fare, ci hai spezzato il cuore!

Nel tuo ricordo, ieri
e in memoria di quell’amore travolgente
ho vestito con una camicia verde la mia figura.
Ancora una volta mi sono fermata a fissare
il mio viso allo specchio
e ho sciolto pian piano le ciocche dei miei capelli.

Ho tratto il profumo dalla memoria, e l’ho sparso sul petto,
aggraziata mi sono truccata gli occhi d’azzurro

slacciate le mie trecce le ho posate sulle spalle
e accanto alle mie labbra, lentamente, ho disegnato un neo.
Oh malinconia, che lui non è qui adesso – mi sono detta –
ché stupore lo cogliesse per tutta questa grazia, e vanto.
Ché con un sorriso mi dicesse – quanto sei bella
ancora una volta – dopo aver visto la camicia verde sul mio corpo.
Adesso lui non è qui, per fissare nelle mie pupille nere
il riflesso delle guance sue.

A cosa serviranno stanotte i miei capelli sparsi al vento?
Dove sono le sue dita, perché trovino rifugio nella casa?

Lui non è qui,
ad annusare impazzito l’odore ammaliante del mio corpo.
O specchio, guardami morire dalla voglia,
lui non è qui, a stringermi con vigore tra le braccia.

Io mi guardavo allo specchio
e lui mi ascoltava:

come potrai tu disfare la nostra malinconia?
Si infranse, e urlò preso dalla pena:

oh donna, cosa possiamo fare, ci hai spezzato il cuore!”

Forough Farrokhzad (poetessa iraniana), “Specchio infranto”

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La memoria degli specchi

“Su questo specchio appeso
nel bagno della mia stanza
lei si pettinò una notte
prima di andarsene per sempre

Ora mi chiedo se la sua immagine
non sarà rimasta intrappolata nello specchio
come la giovane che si pettina
nel quadro di Renoir

Giorno dopo giorno la cerco
tra gli angoli argentati
ma l’unica cosa che ritrovo
è il riflesso di quel letto vuoto

Di quella notte mi rimangono
due suoi capelli
arrotolati nella mia spazzola
e la triste constatazione del fatto
che gli specchi non hanno memoria.

Óscar Hahn (poeta cileno), da “La memoria degli specchi”

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Foto di Robin Fox

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Se noi siamo figure
“Se noi siamo figure
di specchio che un soffio conduce
senza spessore né suono
pure il mondo d’intorno
non è fermo ma scorrente parete
dipinta, ingannevole gioco,
equivoco d’ombre e barbagli,
di forme che chiamano e
negano un senso – simile all’interno
schermo, al turbinio che ci prende
se gli occhi chiudiamo, perenne
vorticare in frantumi
veloci, riflessi, barlumi
di vita o di sogno
– e noi trascorriamo inerti spoglie
d’attimo in attimo, di flutto in flutto
senza che ci fermi il giorno
che sale o la luce che squadra le cose.”
Lucio Piccolo, da “Gioco a nascondere”
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Non hai idea
“Non hai idea
di quanto sia stato difficile
trovare un dono
da portarTi.
Nulla sembrava la cosa giusta.
Che senso ha portare oro
ad una miniera d’oro,
oppure acqua all’Oceano.
Ogni cosa che trovavo,
era come portare spezie
in Oriente.
Non Ti posso donare
il mio cuore
e la mia anima,
perché sono già Tue.
Così, Ti ho portato
uno specchio.
GuardaTi
e ricordami.”
Jalāl  al-Dīn Muḥammad Rumi
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Foto di Ferdinando Scianna
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Specchi
“Io, che sentii l’orrore degli specchi
non solo in faccia al vetro impenetrabile
dove finisce e inizia, inabitabile,
l’impossibile spazio dei riflessi
ma in faccia all’acqua specchiante che copia
l’altro azzurro nel suo profondo cielo
che a volte riga l’illusorio volo
d’uccello inverso o agita un tremore
e avanti alla distesa silenziosa
del sottile ebano la cui tersura
ripete come un sogno la bianchezza
d’un vago marmo o d’una vaga rosa,
oggi al termine di tanti e perplessi
anni d’errare sotto varia luna,
mi chiedo quale caso di fortuna
volle che io paventassi gli specchi.
Gli specchi di metallo, il mascherato
specchio di mogano che nella bruma
del suo rossastro crepuscolo sfuma
il volto che mirando è rimirato,
infiniti li vedo, elementari
esecutori d’un antico patto,
moltiplicare il mondo come l’atto
generativo, veglianti e fatali.”
Jorge Luis Borges
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Specchi
“Ts’aï-yu si riflette nell’argento lucido per aggiustare le sue
corone nere e le perle sui suoi diademi.
O se il rosso è troppo pallido negli occhi, o l’olio bianco
troppo lucido sulle guance, lo specchio, con un
sorriso, la avverte.
Il Consigliere si ammira nella storia, vaso lucido dove
tutto viene alla luce: marce
militari, parole
dei Saggi, sventure di costellazioni.
Il riflesso che ne riceve ordina la sua condotta.
*
Non ho né diademi né perle, e nessuna impresa da
compiere. Per regolare la mia singolare vita, contemplo
me stessa unicamente nel caro quotidiano.
La sua faccia, ‒ meglio del denaro o dei racconti antichi, ‒
insegna la mia virtù d’oggi.”
Victor Segalen
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Foto di Sonia Simbolo

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