Pensieri

La teoria del cigno nero

21.01.2022

“Ciò che qui chiameremo Cigno nero (con la maiuscola) è un evento che possiede le tre caratteristiche seguenti. In primo luogo, è un evento isolato che non rientra nel campo delle normali aspettative, poiché niente nel passato può indicare in modo plausibile la sua possibilità. In secondo luogo, ha un impatto enorme. In terzo luogo, nonostante il suo carattere di evento isolato, la natura umana ci spinge a elaborare a posteriori giustificazioni della sua comparsa, per renderlo spiegabile e prevedibile.
Riassumo le tre caratteristiche: rarità, impatto enorme e prevedibilità retrospettiva (ma non prospettiva).
Un numero limitato di Cigni neri riesce a spiegare quasi tutto il nostro mondo: il successo delle idee e delle religioni, la dinamica degli eventi storici e addirittura alcuni elementi della nostra vita personale. Dalla fine del Pleistocene, qualche decina di millenni fa, l’effetto di questi Cigni neri è andato aumentando. L’accelerazione è iniziata durante la rivoluzione industriale, perché il mondo è diventato più complicato, mentre gli eventi comuni, quelli che studiamo  e cerchiamo di prevedere leggendo i giornali, sono divenuti sempre più irrilevanti.
Pensate a quanto poco sarebbe servita la vostra conoscenza del mondo per prevedere ciò che stava per accadere alla vigilia del 1914 (non imbrogliate  utilizzando le spiegazioni che vi sono state inculcate dal vostro professore delle superiori). E che mi dite dell’ascesa di Hitler e della guerra che ne seguì?  E della rapida fine del blocco sovietico? E dell’affermazione del fondamentalismo islamico? E della diffusione di Internet? E del crollo del mercato nel 1987 (e della sua ancor più imprevista ripresa)? Manie, epidemie, mode, idee, nascita di generi e di scuole artistiche, tutte seguono la dinamica del Cigno nero. In pratica questo vale per quasi tutto ciò che vi è di importante intorno a noi. (…)
Al fenomeno in sé si aggiunge il fatto che noi tendiamo a comportarci come se il Cigno nero non esistesse. Non intendo solo voi, i vostri cugini e me, ma tutti gli “scienziati sociali” che per più di un secolo hanno creduto, a torto, che i loro strumenti potessero misurare l’incertezza. (…)
Perché noi, scienziati e non scienziati, siamo portati a guardare i dettagli, invece che il quadro generale? (…) E perché, se seguite il mio ragionamento, la lettura dei giornali di fatto diminuisce la nostra conoscenza del mondo?
È facile comprendere che la vita è l’effetto cumulativo di pochi scossoni rilevanti. (…)
La logica del Cigno nero rende ciò che non si sa molto più importante ciò che si sa. (…)
Non è strano che un evento accada proprio perché non è stato previsto? Che tipo di difesa abbiamo contro situazioni del genere? (…)
L’incapacità di prevedere gli eventi isolati implica l’incapacità di prevedere il corso della storia (…). Eppure noi agiamo come se potessimo cambiare il corso della storia. Produciamo stime sul deficit della previdenza sociale o sul prezzo del petrolio nei prossimi trent’anni senza renderci conto che non siamo in grado di fare previsioni neanche per la prossima estate. (…) Ciò che sorprende non è la rilevanza degli errori di previsione, ma il fatto che non ne siamo per nulla consapevoli. (…) Poiché fraintendiamo la catena causale che lega scelte politiche e azioni, con la nostra ignoranza aggressiva  possiamo facilmente provocare Cigni neri, come un bambino che gioca in un laboratorio di chimica. (…)
Dato che i Cigni neri sono imprevedibili, dobbiamo accettare la loro esistenza (invece che tentare ingenuamente di prevederli). Ci sono moltissime cose che possiamo ottenere focalizzandoci sull’anticonoscenza, ossia su quello che non conosciamo. Tra i numerosi vantaggi c’è quello di poter collezionare Cigni neri fortunati (di tipo positivo) aumentando al massimo la nostra esposizione ad essi. In alcuni campi, come la scoperta scientifica e gli investimenti in capitale di rischio, il successo legato a ciò che è sconosciuto è sproporzionatamente alto, poiché di solito da un evento raro si ha poco da perdere e molto da guadagnare. (…)
Un altro limite umano deriva dall’eccessiva attenzione che riserviamo  a ciò che sappiamo: tendiamo ad apprendere lo specifico, non il generale. (…) Molto continuano a ricordarmi quanto sia importante essere pratici e assumere iniziative concrete piuttosto che “teorizzare” sulla conoscenza. La storia della Linea Maginot dimostra quanto siamo condizionati dallo specifico. Dopo la Grande Guerra, per evitare un’altra invasione tedesca, i francesi costruirono una barriera lungo il percorso della precedente invasione. Hitler la aggirò (quasi) senza sforzo. I francesi avevano studiato la storia con diligenza, ma l’avevano appresa con troppa precisione; furono eccessivamente pratici e concentrati sulla loro sicurezza.
Noi non impariamo spontaneamente il fatto che non impariamo ciò che non impariamo. Il problema sta nella struttura della nostra mente: non apprendiamo regole, ma fatti, solo fatti. Pare che non siamo molto bravi a recepire le metaregole (come la regola per cui abbiamo la tendenza a non apprendere le regole). Disprezziamo appassionatamente ciò che è astratto.
Come mai? (…)
Ma c’è un quesito più profondo. Per cosa è fatta la nostra mente?
È come se fossimo in possesso delle istruzioni per l’uso sbagliate. La nostra mente non sembra fatta per pensare e riflettere; se lo fosse, per noi oggi le cose sarebbero più semplici.
Ma in tal caso non esisteremmo e io non sarei qui a parlarne: il mio ipotetico antenato riflessivo e introspettivo sarebbe stato mangiato da un leone, mentre il suo cugino non pensante, ma rapido e reattivo, sarebbe corso a cercare riparo.(…)”

Nassim Nicholas Taleb, da “Il cigno nero”. 2007

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Foto di Arianna Arcangeli

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