Dice: “Il filo sottile che tiene insieme due persone”.
“Quale filo?” dice lei, come se tornasse a terra da una grande distanza.
“Il filo di tutto quello che le tiene collegate anche quando sono lontane. Anche quando non si vedono e non si parlano.”
“Perché dici il filo?”
“Perché una cosa molto sottile e molto resistente, no? Che puoi anche non vedere, ed è estensibile quasi senza limiti attraverso la distanza e il tempo e l’affollamento delle altre persone che occupano lo spazio e lo attraversano in ogni direzione.”
Lei lo guarda. Lui pensa a quello che succede ogni volta che con E. decidono di non sentirsi più e il filo che li collega sembra sul punto di spezzarsi: al senso di vuoto che gli cresce intorno e gli preme sui timpani e gli risucchia l’aria dai polmoni e gli impedisce di stare fermo in un punto.
Dice: “Però non è affatto scontato che ci sia, il filo”.
“No?”
“No. Magari due pensano di essere molto legati, poi appena provano ad allontanarsi scoprono che in realtà stanno benissimo ognuno per conto suo.”
“E allora perché pensavano di essere legati?”
“Perché erano tenuti insieme da una colla di pura abitudine e oggetti e luoghi condivisi e gesti stratificati. E’ una colla così forte da sembrare una saldatura permanente, ma appena uno dei due prova a staccarsi non c’è nessuno filo che lo segua.”
“Che triste.”
“Sì. La maggior parte dei legami sono di questo genere, credo.”
“Come fai a sapere che invece il filo c’è?”
“Quando provi a romperlo, e ti trovi in caduta libera attraverso il senso delle cose.”
“E di cosa è fatto, questo filo?”
“Di uno scambio continuo di domande e risposte. Sguardi, anche solo immaginati. Assonanze e intuizioni e sorprese, curiosità reciproca che non si esaurisce.
E similitudini, no? E differenze.”.
Andrea De Carlo, da “Pura Vita”
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Foto tratta dalla pagina Fb “Un tea avec toi”