Affabulazioni

Il mercante e il genio

22.01.2022

C’era una volta un mercante che possedeva grandi ricchezze. Un giorno in cui doveva andare a sbrigare un affare importante in un luogo molto lontano dalla sua abitazione, salì a cavallo e partì con una valigia in cui aveva messo una piccola scorta di biscotti e di datteri.
Il quarto giorno del suo viaggio, lasciò la strada  che stava percorrendo per andare a rinfrescarsi sotto gli alberi. Vicino ad un grande noce, trovò una fontana d’acqua limpidissima. Scese da cavallo, lo legò ad un albero e, tirati fuori dalla valigia un po’ di biscotti e  una manciata di datteri, si sedette accanto alla fonte lanciando da una parte e dall’altra i noccioli dei frutti.
Una volta terminato il suo pasto frugale, da buon musulmano si lavò le mani, il viso, i piedi e si mise a pregare.
Non aveva ancora finita la preghiera, quando vide apparire un Genio gigantesco, tutto bianco per la vecchiaia, che, dirigendosi verso di lui con la sciabola sguainata, gli disse:
Alzati ché ti voglio uccidere come hai fatto tu con mio figlio.
Oh, buon Dio! — esclamò il mercante — come posso aver ucciso vostro figlio se non lo conosco neppure?!
Non ti sei forse seduto qui? — ribatté il Genio — Non hai preso dei datteri dalla tua valigia, e non li hai mangiati gettando i noccioli a destra ed a sinistra?
Sì, ho fatto ciò che dite, non posso negarlo.” Ammise il mercante.
E allora, – replicò il mercante – se l’hai fatto,  io ti dico che hai ucciso mio figlio, perché lui passava di lì proprio mentre tu lanciavi i noccioli,  uno dei quali l’ha colpito ad un occhio e lui è morto.
Ah! signore, vi chiedo perdono! — implorò il mercante — vi  giuro che non volevo uccidere vostro figlio e, se ciò è avvenuto, l’ho fatto innocentemente; per cui vi supplico di perdonarmi e di volermi risparmiare la vita.
No, no! — Esclamò il Genio, ben deciso a portare a termine il suo proposito. — Devo ucciderti come tu hai ucciso mio figlio!
Con queste parole, afferrò il mercante per un braccio, lo scaraventò a terra e sollevò la sciabola per tagliargli la testa. Il mercante, piangendo e continuando  a protestare la sua innocenza, invocava la sua sposa, i suoi figli e intanto pronunciava delle parole così  commoventi che avrebbero intenerito perfino la pietra. Il Genio, sempre brandendo la sciabola e tenendola sollevata sopra  la sua  testa, aspettò pazientemente che l’infelice terminasse di lamentarsi.
È inutile che tu pianga! – Gridò – Quand’anche le tue lacrime fossero di sangue, questo non mi impedirebbe di ucciderti!
Che! — replicò il mercante — volete davvero togliere la vita ad un povero innocente?
“.— rispose il Genio risolutamente.
Vedendo che il Genio stava per tagliargli la testa, il mercante urlò: “Abbiate almeno la bontà di accordarmi una dilazione: datemi il tempo di andare a dire addio alla mia sposa ed ai miei figli. Dopo, tornerò subito qui e potrete fare di me ciò che vorrete“.
Di quanto tempo hai bisogno?” Chiese il Genio. “Vi domando un anno, non riuscirei mai a concludere i miei affari in minor tempo“.
Il Genio lasciò il mercante vicino alla fontana e sparì.
Il mercante salì a cavallo e riprese il suo viaggio; ma se da una parte era contento di essere scampato alla morte, dall’altra era profondamente triste pensando al  giuramento che aveva pronunciato.
Quando arrivò a casa, scoppiò in singhiozzi così accorati, che i suoi pensarono subito che gli fosse successo qualcosa di terribile. Sua moglie gli domandò quindi il motivo delle sue lacrime.
Ah!” — Si lamentò il marito. — Ma perché mi devo trovare in questa situazione? Mi resta solo un anno da vivere!
E così raccontò per filo e per segno ciò che era successo tra lui e il Genio. Ascoltando la sua storia, tutti cominciarono a disperarsi.
Il giorno successivo, il mercante decise di sistemare i suoi affari, affrettandosi in primo luogo a pagare i debiti. Salutò gli amici e fece cospicue elemosine ai poveri, liberò i suoi schiavi, divise i beni tra i suoi figli, nominò i tutori per i minorenni e restituendo a sua moglie quello che le apparteneva in virtù del contratto di matrimonio, le donò quanto gli veniva concesso  dalla legge.
Trascorso un anno, per il mercante arrivò il momento di partire. Fece la valigia e vi mise il drappo nel quale voleva essere seppellito.
Figli miei — disse — separandomi da voi obbedisco agli ordini di Dio. Seguite il mio esempio, piegatevi coraggiosamente a questa necessità e pensate che il destino dell’uomo è quello di morire!
Pronunciate queste parole, partì sottraendosi alle grida ed ai lamenti della sua famiglia e arrivò nel luogo in cui aveva promesso di tornare. Smontò da cavallo, si sedette ai bordi della fontana ed aspettò il Genio. Mentre languiva in questa terribile attesa, apparve un buon vecchio che portava una cerva legata e che si avvicinò a lui. Si salutarono a vicenda, e il vecchio chiese al mercante: “Fratello, perché siete venuto in questo luogo deserto, in cui non vi sono che spiriti maligni e in cui non si vive  sicuri?
Il mercante soddisfece allora la curiosità del vecchio raccontandogli l’avventura che l’aveva portato fino a lì. Il vecchio l’ascoltò con stupore e poi esclamò:
Incredibile! E voi vi siete legato con un giuramento inviolabile! Io voglio assistere al vostro incontro con il Genio.”
Si sedette quindi vicino al mercante e, mentre s’intrattenevano, arrivò un altro vecchio seguito da due cani neri. Giunto fino a loro, li salutò e domandò che cosa facessero lì. Il vecchio che conduceva la cerva gli raccontò l’avventura del mercante. Il secondo arrivato, trovando la faccenda molto curiosa,  prese la stessa decisione: si sedette accanto agli altri ed appena si unì alla loro conversazione, sopraggiunse un terzo vecchio, che, rivolgendosi ai primi due, domandò loro perché il mercante che era con  loro avesse un volto così afflitto. Gliene fu spiegata la ragione e anche lui volle assistere a ciò che sarebbe avvenuto fra il Genio ed il mercante, per cui si unì agli altri.
Ben presto essi scorsero nella campagna un vapore denso, come un turbine di polvere sollevato dal vento. Quel vapore, avanzando fino a loro e poi dissipandosi improvvisamente, lasciò intravedere il Genio, che senza salutarli si avvicinò al mercante con la sciabola in mano e, afferrandolo per un braccio, gli ordinò: “Alzati! Che io ti uccida come tu hai ucciso mio figlio!” Il mercante e i vecchi, terrorizzati, si misero a piangere e ad urlare.
Quando il vecchio che conduceva la cerva vide il Genio afferrare il mercante, si gettò ai piedi di quel mostro e baciandoglieli, lo scongiurò: “Principe dei Geni, vi supplico umilmente di contenere la vostra collera e di farmi la grazia di ascoltarmi. Io vi racconterò la mia storia e quella di questa cerva, a condizione che se la troverete di vostro gradimento e se vi sorprenderà, rimetterete a questo sventurato mercante un terzo della sua pena.
Il Genio stette qualche tempo a riflettere, ma infine acconsentì: “Va bene, vediamo.
Io comincio il mio racconto” — riprese il vecchio…

Da “Le mille e una notte”

Lascia un commento