Musichiamo

Al Dievel (La marcia del Diavolo)

01.02.2022
Noi sognavamo un mondo diverso, un mondo di libertà, un mondo di giustizia, un mondo di pace e un mondo di fratellanza e serenità.
E allora riflettete, ragionate con la vostra testa e continuate la nostra lotta”.
Germano Nicolini, “Comandante Diavolo”
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“In dla basa svein a Curès
andom a pianter di èlber.
Dop quarant’an e des ed galera
un om l’è ste tolt dal fang

E tòti cal pianti ch’i posen servir
a der a c’l om là al respir.
C’al posa campèr duseint an incàra,
una volta lèber dal suspet.

C’al veint e i usèe i posen purter
luntan al paroli ed la veritèe,
c’as sapia in gir che c’l om là l’è ste
un dievel sol p’r i tedèsc.

E se po’ un quelch’dun dop al dumèla
l’andrà incàra a tac a sta storia
cuntela bein ai vostr anvòo
la vicenda del Comandante Diavolo.

Un om c’l’a ciapè al colpi d’un èter
perché a’n vliva mia fer la spia.
A gh’è ches cl’ava pèrs quel in dal cor,
ma mai dal partigian al curàg.

C’al veint e i usèe i posen purter
luntan al paroli ed la veritèe,
c’as sapia in gir che c’l om là l’è ste
un dievel sol p’r i tedèsc.”

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“Nella bassa vicino a Correggio
andiamo a piantare degli alberi.
Dopo quarant’anni e dieci di galera
un uomo è stato tolto dal fango.

E tutte quelle piante che possano servire
a dare a quell’uomo il respiro.
Che possa vivere ancora duecento anni
una volta libero dal sospetto.

Che il vento e gli uccelli possano portare
lontano le parole della verità,
che si sappia in giro che quell’uomo è stato
un diavolo solo per i tedeschi.

E se poi qualcuno dopo il duemila
tornerà ancora su questa storia
raccontatela bene ai vostri nipoti
la vicenda del comandante Diavolo.

Un uomo che ha preso le colpe di un altro
perché non ha voluto fare la spia.
Può darsi che abbia perso qualcosa nel cuore
ma mai del partigiano il coraggio.

Che il vento e gli uccelli possano portare
lontano le parole della verità,
che si sappia in giro che quell’uomo è stato
un diavolo solo per i tedeschi.”

Al Dievel (La marcia del Diavolo)

«Io sono una persona del popolo molto modesta, che ha fatto solo il suo dovere di italiano. Io credo che voi con questo canto, con questo vostro entusiasmo giovanile che mi riporta a cinquant’anni fa quando anch’io avevo 25 anni; io credo che voi abbiate voluto ricordare tutti i partigiani, non solo della mia zona, i 70 caduti in combattimento, ma tutti i partigiani d’Italia […]. Io non sono un cultore della musica moderna, non sono neanche – permettetemi l’espressione – un esegeta, cioè non riesco a capirla in tutta la sua profondità. Sento comunque che parte dall’animo e sento che voi oggi traducete nella musica, nell’entusiasmo, nella passione, nelle sofferenze e nello spirito di lotta dei partigiani quello che noi siamo stati! Io ho avuto il modo, amico e compagno, di cantare quando ero in carcere ricordando coloro che mi davano la forza di resistere, perché sapevo di essere un partigiano pulito ed onesto che meritava il rispetto del Paese e non la carcerazione. La forza di resistere mi è venuta dal fatto che mi sentivo sempre l’uomo partigiano che combatteva per una causa giusta che non era terminata il 25 aprile, perché noi abbiamo combattuto per un’Italia diversa!»

Germano Nicolini, “Comandante Diavolo”

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