Linguaggi

“Libertà va cercando, ch’è sì cara”

30.03.2022

Or ti piaccia gradir la sua venuta:
libertà va cercando, ch’è sì cara,
come sa chi per lei vita rifiuta.”

Dante Alighieri, “Divina Commedia”, “Purgatorio”, Canto I, vv. 70-72
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Cyrano de Bergerac

“E cosa dovrei fare?
Cercarmi un protettore? Prendermi un padrone?
E come un’edera oscura che avvolge un tronco
E se ne fa un tutore leccandone la scorza,
Arrampicarmi con astuzia invece di salir con forza?
No, grazie.

Ma… cantare,
Sognare, ridere, muoversi, star soli, essere liberi,
Avere l’occhio attento, la voce che vibra,
Mettersi, quando piaccia, il feltro di traverso,
Per un sì, per un no, battersi, − o fare un verso!
Lavorare senza curarsi di gloria o di fortuna,
Al tale viaggio, al quale si pensa, sulla luna!
Non scrivere mai nulla che non nasca da sé,
E inoltre, con modestia, dirsi: ragazzo mio,
Sii pago dei fiori, dei frutti, finanche delle foglie,
Se è nel tuo giardino, in te, che li cogli!
Poi, se per caso arriva un po’ di trionfo,
Non essere obbligati di rendere qualcosa a Cesare,
Faccia a faccia con sé stessi tenersi il merito,
In breve, disdegnando d’essere l’edera parassita,
Anche se non si è quercia o tiglio,
Salire non molto in alto, forse, ma da solo.

Edmond Rostand, da  “Cyrano de Bergerac”

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Libertà

“Sui miei quaderni di scolaro
Sui miei banchi e sugli alberi
Sulla sabbia e sulla neve
Io scrivo il tuo nome
Su tutte le pagine lette
Su tutte le pagine bianche
Pietra sangue carta cenere
Io scrivo il tuo nome
 Sulle dorate immagini
Sulle armi dei guerrieri
Sulla corona dei re
Io scrivo il tuo nome
Sulla giungla e sul deserto
Sui nidi sulle ginestre
Sull’eco della mia infanzia
Io scrivo il tuo nome
Sui prodigi della notte
Sul pane bianco dei giorni
Sulle stagioni promesse
Io scrivo il tuo nome
Su tutti i miei squarci d’azzurro
Sullo stagno sole disfatto
Sul lago luna viva
Io scrivo il tuo nome
Sui campi sull’orizzonte
Sulle ali degli uccelli
Sul mulino delle ombre
Io scrivo il tuo nome
Su ogni soffio d’aurora
Sul mare sulle barche
Sulla montagna demente
Io scrivo il tuo nome
Sulla schiuma delle nuvole
Sui sudori dell’uragano
Sulla pioggia fitta e smorta
Io scrivo il tuo nome
Sulle forme scintillanti
Sulle campane dei colori
Sulla verità fisica
Io scrivo il tuo nome
Sui sentieri ridestati
Sulle strade aperte
Sulle piazze dilaganti
Io scrivo il tuo nome
Sul lume che s’accende
Sul lume che si spegne
Sulle mie case raccolte
Io scrivo il tuo nome
Sul frutto spaccato in due
Dello specchio e della mia stanza
Sul mio letto conchiglia vuota
Io scrivo il tuo nome
Sul mio cane goloso e tenero
Sulle sue orecchie ritte
Sulla sua zampa maldestra
Io scrivo il tuo nome
Sul trampolino della mia porta
Sugli oggetti di famiglia
Sull’onda del fuoco benedetto
Io scrivo il tuo nome
Su ogni carne consentita
Sulla fronte dei miei amici
Su ogni mano che si tende
Io scrivo il tuo nome
Sui vetri degli stupori
Sulle labbra intente
Al di sopra del silenzio
Io scrivo il tuo nome
Su ogni mio infranto rifugio
Su ogni mio crollato faro
Sui muri della mia noia
Io scrivo il tuo nome
Sull’assenza che non desidera
Sulla nuda solitudine
Sui sentieri della morte
Io scrivo il tuo nome
Sul rinnovato vigore
Sullo scomparso pericolo
Sulla speranza senza ricordo
Io scrivo il tuo nome
E per la forza di una parola
Io ricomincio la mia vita
Sono nato per conoscerti
Per nominarti
Libertà.”
Paul Éluard, “Libertà”
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Christo e Jeanne-Claude, “Running Fence”
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Sotto il cielo della libertà
“Dove la mente non conosce paura
e la testa si tiene alta,
dove il sapere è libero, a tutti,
dove il mondo non è chiuso
dalle pareti di una casa,
dove la mente è a Te indirizzata,
verso pensieri e azioni sempre più grandi,
sotto questo cielo di libertà, Padre mio,
fa’ che il mio popolo si desti.”
Rabindranath Tagore, “Sotto il cielo della libertà”
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Alla libertà
“O libertà, concedici che alfine
ti si miri negli occhi.
Noi t’abbiamo aspettato tanto tempo
e le anime nostre nella notte,
ti cercavano errando come spettri.
Ma perché Libertà pallido hai il volto?
È il ricordo di ciò che tu hai sofferto?
O forse non abbiamo ancora agito
molto per te?”
Sandor Petofi (poeta e patriota ungherese), “Alla libertà”
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Il miele selvatico sa di libertà
“Il miele selvatico sa di libertà,
la polvere del raggio di sole,
la bocca verginale di viola,
e l’oro di nulla.
La reseda sa d’acqua,
e l’amore di mela,
ma noi abbiamo appreso per sempre
che il sangue sa solo di sangue…
Invano il procuratore romano,
tra gridi sinistri della plebe,
lavò davanti al popolo le mani,
e invano la regina di Scozia
tergeva da rossi schizzi
le palme affusolate, nell’afosa
oscurità del palazzo reale…”
Anna Andreevna Achmatova, “Il miele selvatico sa di libertà”
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René Magritte, “La grande famiglia”,  1963
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Libertà
“Costruiamo castelli in aria
navighiamo sui nostri sogni
liberiamo una gazzella in aperta campagna
coloriamo la terra con i colori del cielo
recintiamo le sabbie del deserto
con l’erba del cuore e le lacrime della generosità.
Affinché tu possa abitarvi
scuoterti e raccoglierti
rafforzarti e trasgredire
stupirti e sottrarre
ogni cosa che ti assomiglia
occupare le tue pupille
affinché tu possa guardare con sguardo nuovo.
Camminare o volare
abitare nella tempesta o nell’etere
superare le sorgenti e lo stagno.
Tu sei libero di pensare
sei il ribelle, il mago oppure il naufrago
nelle tenebre del deserto
sei libero di volare
sei libero di fare qualsiasi cosa.
Schiavi di noi stessi, e dei nostri amori, dei nostri sovrani
schiavi dei confini, dei sensi e delle parole
schiavi delle apparenze, delle abitudini e delle credenze
schiavi sottomessi
sognatori
ribelli
fendete il cuore che vi ha ferito
e gettatelo nel fuoco!
Liberatevi degli abiti consunti
diffondete le foreste
fuggite dai vostri carnefici
razziate le navi perché sono le vostre mura
fate tacere gli anni e i secoli
per allontanare le vostre anime
scalate i miracoli con la vostra fantasia
siate l’inizio e la fine
il sole e la luna
condensate gli elementi dell’universo nei vostri pori
colpite a fondo,
per il vostro Signore, non è forse la libertà cibo squisito?”
Nada al Hajj, “Libertà”
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Sulla libertà
“E un oratore disse:
“Parlaci della Libertà”.
E lui rispose:
Alle porte della città e presso il focolare
vi ho veduto, prostrati,
adorare la vostra libertà,
così come gli schiavi si umiliano in lodi
davanti al tiranno che li uccide.
Sì, al bosco sacro e all’ombra della rocca
ho visto che per il più libero di voi
la libertà non era che schiavitù e oppressione.
E in me il cuore ha sanguinato,
poiché sarete liberi solo quando
lo stesso desiderio di ricercare la libertà
sarà una pratica per voi
e finirete di chiamarla
un fine e un compimento.
In verità sarete liberi
quando i vostri giorni
non saranno privi di pena
e le vostre notti di angoscia e di esigenze.
Quando di queste cose
sarà circonfusa la vostra vita,
allora vi leverete al di sopra di esse,
nudi e senza vincoli.
Ma come potrete elevarvi
oltre i giorni e le notti
se non spezzando le catene
che all’alba della vostra conoscenza
hanno imprigionato l’ora del meriggio?
Quella che voi chiamate libertà
è la più resistente di queste catene,
benché i suoi anelli vi abbaglino
scintillando al sole.
E cos’è mai se non parte di voi stessi
ciò che vorreste respingere per essere liberi?
L’ingiusta legge che vorreste abolire
è la stessa che la vostra mano
vi ha scritto sulla fronte.
Non potete cancellarla bruciando i libri di diritto
né lavando la fronte dei vostri giudici,
neppure riversandovi sopra le onde del mare.
Se è un despota colui che volete detronizzare,
badate prima che il trono eretto dentro di voi
sia già stato distrutto.
Poiché come può un tiranno
governare uomini liberi e fieri,
se non per una tirannia
e un difetto della loro stessa libertà
e del loro orgoglio?
E se volete allontanare un affanno,
ricordate che questo affanno
non vi è stato imposto,
ma voi l’avete scelto.
E se volete dissipare un timore,
cercatelo in voi e non nella mano di chi
questo timore v’incute.
In verità, ciò che anelate e temete,
che vi ripugna e vi blandisce,
ciò che perseguite e ciò che vorreste sfuggire,
ognuna di queste cose muove nel vostro essere
in un costante e incompiuto abbraccio.
Come luci e ombre unite in una stretta,
ogni cosa si agita in voi
e quando un’ombra svanisce,
la luce che indugia diventa ombra
per un’altra luce.
E così quando la vostra libertà
getta le catene,
diventa essa stessa la catena
di una libertà più grande.”
Khalil Gibran, “Sulla libertà”, da “Il profeta”
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Still I rise

“Puoi infangarmi nella storia
con le tue amare, contorte bugie.
Puoi schiacciarmi nella terra
ma, come la polvere,
io mi rialzerò.

La mia sfacciataggine ti disturba?
Perché sei afflitto dallo sconforto?
Perché cammino come se avessi pozzi di petrolio
che pompano nel mio salotto.

Proprio come le lune e i soli,
con la certezza delle maree,
come le speranze che volano alte,
io mi rialzerò.

Volevi vedermi spezzata?
Con la testa china e gli occhi bassi?
Spalle cadenti come lacrime,
indebolite dai pianti della mia anima?

La mia immodestia ti offende?
Non te la prendere così tanto
solo perché io rido come se avessi miniere d’oro
scavate nel mio giardino

Puoi ferirmi con le tue parole,
puoi trafiggermi con i tuoi sguardi,
puoi uccidermi con il tuo odio,
eppure, come la vita,
io mi rialzerò.

La mia sensualità ti disturba?
Ti coglie di sorpresa
Che io danzi come se avessi diamanti
alla confluenza delle mie cosce?

Dalle capanne della storia ignobile
io mi rialzerò.
Da un passato radicato nel dolore
io mi rialzerò.
Sono un oceano nero, impetuoso e vasto
che traboccante e gonfio avanza con la marea.

Lasciandomi indietro notti di terrore e paura
io mi rialzerò
In un nuovo giorno miracolosamente chiaro
io mi rialzerò
Portando i doni lasciati dai miei antenati,
sono la speranza e il sogno dello schiavo.
E così mi rialzerò,
mi rialzerò
mi rialzerò”

Maya Angelou, “Still I rise”

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Rob Gonsalves, “Bedtime aviaton, 

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Ho perduto la schiavitù contadina

“Ho perduto la schiavitù contadina,
non mi farò più un bicchiere contento,
ho perduto la mia libertà.
Città del lungo esilio
di silenzio in un punto bianco dei boati,
devo contare il mio tempo
con le corse del tram,
devo disfare i miei bagagli chiusi,
regolare il mio pianto, il mio “sorriso.
Addio, come addio? distese ginestre,
spalle larghe dei boschi
che rompete la faccia azzurra del cielo,
querce e cerri affratellati nel vento,
pecore attorno al pastore che dorme,
terra gialla e rapata
che sei la donna che ha partorito,
e i fratelli miei e le case dove stanno
e i sentieri dove vanno come rondini
e le donne e mamma mia,
addio, come posso dirvi addio?
Ho perduto la mia libertà:
nella fiera di Luglio, calda che l’aria
non faceva passare appena le parole,
due mercanti mi hanno comprato,
uno trasse le lire e l’altro mi visitò .
Ho perduto la sçhiavitù contadina
dei cieli carichi, delle querce,
della terra gialla e rapata.
La città mi apparve la notte
dopo tutto un giorno
che il treno aveva singhiozzato,
e non c’era la nostra luna,
e non c’era la tavola nera della notte
e i monti s’erano persi  lungo la strada.”

 Rocco Scotellaro, 1 luglio 1950

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La libertà
“La farfalla che è entrata dalla finestra della cucina
aleggiava per giorni in tutte le stanze
sbatteva contro il soffitto ogni volta che sognava l’aria
e il suo dolore si sfregava contro la luce fioca del paralume originale.
La farfalla che ha dormito molto
al suono degli alberi che stormiscono in televisione
ai margini dei sogni nelle canzoni popolari
non ricorda più il colore del cielo
nè distingue tra parete e spazio
perciò riconosce le mattine da una nostalgia nel cuore
e addomestica i suoi desideri vicino agli alberelli di plastica
nell’angolo del salone…
La farfalla che si è suicidata di recente con estrema felicità
in una bottiglia di aceto di mele
aperta da tempo
sulla superficie del frigorifero
sul cui lato è scritto
“I materiali conservati possono essere deperibili
Se si lascia lo sportello aperto”.
Mohamed Kheder (Poeta saudita) – Traduzione di Sana Darghmouni
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Foto di Christoffer Relander

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Per questa libertà
“Per questa libertà di canto sotto la pioggia
bisognerà dar tutto
Per questa libertà di essere strettamente legati
alle salde e dolci viscere del popolo
bisognerà dar tutto
Per questa libertà di girasole aperto nell’alba di fabbriche
accese e di scuole illuminate
e di terra che scricchiola e di bambino che si sveglia
bisognerà dar tutto
Non c’è alternativa se non la libertà
Non c’è cammino che la libertà
Non c’è altra patria che la libertà
Non ci sarà poema senza la violenta musica della libertà
Per questa libertà che è il terrore
di quelli che sempre la violarono
in nome di fastose miserie
Per questa libertà che è la notte degli oppressori
e l’alba definitiva di tutto il popolo ormai invincibile
Per questa libertà che illumina le pupille infossate
i piedi scalzi
i tetti sforacchiati
e gli occhi dei bambini che vagavano nella polvere
Per questa libertà che è l’impero della gioventù
Per questa libertà
bella come la vita
bisognerà dar tutto
se fosse necessario
perfino l’ombra
e non sarà mai abbastanza.”
Fayad Jamís, da “Grido, non serenata. Poesie di lotta e di resistenza” -Traduzione di Marcelo Ravoni e Antonio Porta
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Immagine: René Magritte, “Il bacio”,1957

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