Affabulazioni

Il compleanno

12.04.2022

Il 18 gennaio è il compleanno di mamma. Avrebbe novant’anni. Li avrebbe voluti, non era stanca di vivere, di leggere. “Chissà se dove vado ci saranno i libri“: non ho sentito nessuno sperare in un aldilà fornito di biblioteca. Le pagine le hanno tenuto compagnia assai più di me.
Rileggeva i grandi romanzi di Proust, Dostoevskij, Tolstoj, di giorno e anche di notte quando smetteva il sonno. “E dimme quaccheccosa, nun me lassa’ accussì“: mi diceva all’improvviso la strofa della canzone di Pino Daniele, durante le nostre cene, in cui stavo più zitto e chiuso, zitto e svuotato dalla giornata in cantiere. Mangiavo pensando a un verso della lettura fatta al mattino presto, a un appiglio che non riuscivo a tenere la domenica, provando una via di roccia.
E dimme quaccheccosa, nun me lassa’ accussì“: mi scuotevo dall’assenza con un sorriso scemo, senza sapere dire né tenere la compagnia che le serviva. La sua voce che rompeva il silenzio con la strofa della canzone, oggi mi batte in testa, come un maldidenti.
Invece era lei a dire: leggeva tre giornali quotidiani, uno di Napoli, ne ascoltava la lettura alla radio, seguiva i notiziari della televisione. Mi informava del mondo attraverso i suoi punti di vista e sentimenti. Prendeva parti, difendeva, accusava. Mi voleva schierare in un suo sdegno, un puntiglio, una compassione. Mi istigava, ma io avevo già le mie totali istigazioni.
Del mio passato non chiedeva né voleva sapere. Per lei io ero uno scrittore e basta.
Mi raccontava storie di belle età venute e svaporate, album di figurine di famiglia sfogliati in qualche sera dalla sua voce. Sentivo e risentivo nomi di persone a lei care e per me spente. Mi sentivo lontano e mi sbagliavo. Mi riguardavano tutte, le figurine del suo album. Ero fatto di loro, erano i miei ingredienti, molto più che parenti. Attraverso quelle persone mi parlava di me. Mi faceva sapere che io ero quella folla.
Ora anche lei fa parte del racconto. Nelle sere in cucina, seduto al nostro tavolo deserto, mastico la mia cena occhi nel piatto e inghiotto le mancanze di cui sono composto.

Erri De Luca

Fonte: Fondazione Erri De Luca

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Foto di Sonia Simbolo

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