Pensieri

Fisica della malinconia

15.04.2022

«La malinconia, come i gas e i vapori, non possiede una consistenza e una forma propria, ma assume la forma e la consistenza del recipiente o dello spazio che occupa. Chi sa se appartiene ai gas nobili? Piuttosto no, per quanto ci possa affascinare l’aggettivo. I gas nobili sono omogenei e puri, monoatomici, e inoltre non hanno odore né colore. No, la malinconia non è elio, cripton, argon, xeno, radon… Ha odore e colore. Un gas camaleonte, che cambia tutti i colori e gli odori del mondo, come diversi colori e odori possono facilmente provocarla. Più importante è il fatto che il suo campo gravitazionale è trascurabilmente ristretto, se portiamo avanti l’analogia con i gas. Dal che deriva che attorno a noi roteano invisibili fronti, cicloni e anticicloni di malinconia. La migrazione, il loro trasferimento da un posto all’altro è un fatto importantissimo. […] Talora mi
assale una malinconia vaga, che non dovrebbe appartenermi. Una malinconia da Africa settentrionale, tanto per dire. (…) C’è una qualche grammatica dell’invecchiamento. L’infanzia e la giovinezza sono piene di verbi. Non puoi mai startene fermo. Tutto in te cresce, trabocca, si sviluppa. […] L’invecchiamento è aggettivale. Entriamo negli aggettivi della vecchiaia lenti, indeterminati, nebulosi, freddi o trasparenti come vetro.”

“Mi resi conto, per la prima volta con assoluta chiarezza, che quello che rimane non sono momenti eccezionali, non sono avvenimenti, ma appunto qualcosa che non accade. Un tempo libero dalla pretesa di eccezionalità. ricordi di pomeriggi nei quali non era successo nulla. Nulla se escludiamo la vita in tutta la sua pienezza. Il sottile odore del fumo di legna, le gocce, la sensazione di solitudine, il silenzio, lo scricchiolio della neve sotto i piedi, il leggero allarme dell’imbrunire, lento e irrevocabile.”

“Ho smesso di uscire, non rispondo al telefono, ho cambiato i negozi dove andavo a far la spesa per non consolidare le conoscenze triviali di tutti i giorni. Ho riflettuto a fondo su come formulare risposte in difesa. Avevo bisogno di un nuovo scudo di Achille contro la stupidità. Di trovare una riposta che non moltiplichi l’inettitudine e non slitti a vuoto come un cliché. Una risposta che non ti costringa a usare frasi fatte, una risposta che non menta, ma che al contempo non riveli cose che non vuoi rivelare. Una risposta che non presupponga l’avvio di una lunga e insensata conversazione.
Quale falsa tradizione di etichetta l’ha mai preparata, come si è fatta largo nei secoli questa domanda ipocrita? “Come stai?”, questo è il problema. That is the Question. (Il sublime “Essere o non essere” si è trasformato in questa domanda insignificante, ecco la dimostrazione della decadenza.)
Come stai?
Come stai?
Come stai?
Cosa rispondere a una domanda del genere?
Vedi, gli inglesi si sono fatti furbi e la hanno trasformata in un saluto. La hanno disossata, le hanno tolto il pungiglione inquisitorio.
“Come stai?” è la buccia di banana, sistemata con la massima gentilezza sotto le tue scarpe, il formaggio che ti adesca nella trappola del cliché.
Come stai? – il debole e spossante veleno della quotidianità. Non c’è una risposta aperta a questa domanda. Non c’è. So le risposte possibili, ma mi ripugnano, capite, mi ripugnano…Non voglio essere così prevedibile da rispondere “bene, grazie” oppure “così così, siamo ancora vivi” o anche “be’, ci stiamo ancora riprendendo”, o…
Non so come sto. Non posso essere categorico. Per rispondervi in maniera adeguata dovrei passare notti, mesi, anni, leggere torri di Babele di libri, scrivere, scrivere…La risposta è un intero romanzo.
Come sto?
Non sto. Punto.
Questa è la prima riga. E da qui in poi cominci la vera risposta.”

“Conosco fin da bambino, visti i frequenti traslochi di appartamento in appartamento, quella sensazione particolare nella quale gli oggetti sono sottratti al loro uso quotidiano, la sedia non è più una sedia, il tavolo non è più un tavolo, il letto è smontato. L’armadio è solo cassetti e assi di legno. I libri sono ficcati in sacchi di nylon bianchi presi da qualche parte, con su scritto “Sale marino in cristalli“, come fossero pesci che debbano essere salati. Ho timore che quando li sfoglierò mi sembreranno amari.”

“Cose che non si possono collezionare (elenco dell’effimero):
formaggi – vanno a male
mele – raggrinziscono, marciscono
nuvole – mutevoli per la loro intima struttura
giulebbe di mele cotogne – si ricopre di muffa
amanti – invecchiano, raggrinziscono (vedi le mele)
bambini – crescono
pupazzi di neve – si squagliano
girini e bruchi – corporeamente incostanti
Ne deriva che nulla di organico può essere collezionato. Un mondo sempre sul punto di scadere. Un mondo di breve durata, che si raggrinzisce, marcisce, va a male (e perciò stupendo).”
“LA MORTE È UNA CILIEGIA CHE MATURA SENZA DI NOI Nulla verrà distrutto da questa bomba. Le case rimarranno intatte, la scuola lo stesso, vie e alberi sempre uguali e il ciliegio nel cortile maturerà, solo noi non ci saremo più. Così ci hanno spiegato oggi a scuola le conseguenze della bomba ai neutroni. Quaderno con istruzioni, 1980. Solo adesso mi rendo conto di quanto fosse precisa questa descrizione. La strada è la stessa, gli alberi pure, ecco il ciliegio, solo noi siamo morti. Nulla è rimasto di me, che un tempo volevo salvare il mondo. Vuol dire che qualcuno, malgrado tutto, ha gettato la bomba. L’assenza di nonno, nonna, papà, mamma e di quel ragazzo, del quale mi è difficile parlare in prima persona, non fa che confermare la cosa. Nessuno ha ancora inventato la maschera antigas e il rifugio antiaereo contro il tempo.”
Georgi Gospodinov, da “Fisica della malinconia” (“Descrizione di una fobia, Corridoio laterale”), 2011

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Immagine: Edvard Munch, “Malinconia”, 1894

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