Affabulazioni

Le ripetizioni

15.04.2022

“Mario è abbastanza convinto che quel che è stato è stato, e amen, però l’idea di trovare un senso alla propria esistenza lo appassiona, gli sembra bella, pensa che se trovasse un senso alla propria esistenza la propria esistenza potrebbe essere felice.”

“La mia vita non è del tutto mia, è la porzione di una vita interminabile che attraversa le generazioni passate e attraverserà le generazioni future.”

“Basta una sola vera poesia per fare un vero poeta, basta una felicità per fare un uomo felice, il poeta che una volta ha scritto una vera poesia inseguirà la poesia per tutta la vita, Mario che ha sperimentato la felicità crede che inseguirà la felicità per tutta la vita: e che non sarà infelice, non sarà più capace di essere infelice.”

“Oggi so che il centro della mia anima sta nella schiena, tra le scapole, appena sotto. È il punto della schiena dove non posso arrivare con le mani. Ho la sensazione però che quel punto della schiena non sia il luogo naturale dell’anima: mi sembra quasi un rifugio, un luogo che l’anima abbia scelto perché il suo luogo naturale le è stato sottratto. Allora mi sono domandato quale sia il luogo naturale dell’anima e mi è venuta una paura improvvisa: che io avessi intravista l’anima, in bagno, proprio mentre stava facendo un tentativo di andarsene, di liberarsi da un corpo diventato intollerabile per lei.”.

“Sogna ancora di sé stesso, ancora triplicato. Sta in fila indiana, questa volta: sé stesso, sé stesso, sé stesso. Vede, allora, che ci sono piccole differenze tra un sé stesso e l’altro. Ma allora non mi so, pensa nel sogno. Allora vede che i sé stesso sono quattro: il primo della fila, però, è una specie di telaio; una cosa fatta di filo di ferro; come certi porta-abiti che ha visti nelle sartorie, o nei quadri di de Chirico; sembra una bolla, una rete che ha la sua forma e sulla quale può essere tesa, eventualmente, la pelle.”

“Il sogno sarà come una doppia vista che ci farà vedere l’interno delle cose al di là della bruttezza con la quale gli uomini così spesso ricoprono sé stessi e le cose del mondo. Sarà tutto bellissimo, e non sarà niente di speciale: solo essere vivi e liberi, amanti. Ti offro l’amore che sono in grado di fabbricare con le mie mani.”.

“Quando Viola, avvolta nell’asciugamano, entra nella camera da letto piccola Mario si alza e la abbraccia. Sente l’odore del sapone, l’odore della pelle. Le scioglie l’asciugamano lasciandolo cadere. Appoggia il suo corpo sul corpo di Viola, la fronte sulla fronte di Viola. In quel momento ricorda tutti i sogni della propria vita, tutti insieme, ed è felice. Viola, ridiventata uccello, rizza il ciuffo e vola via per la finestra aperta.”

“A destra del palco, nell’angolo meno illuminato della pista, Mario vede un ragazzo che balla da solo, anzi balla in un modo tale che sembra balli da solo, anche se le ragazze stanno a due passi da lui; il ragazzo balla a modo suo, con dei passi che non sono passi da ballo, balla come ballerebbe uno che per paura non abbia mai ballato in vita sua e che abbia deciso, pur conservando intatta la sua paura, di buttarsi nella pista a ballare; balla con le braccia rigide lungo il corpo, le mani tese all’infuori, la schiena e il collo dritti, gli occhi quasi sempre chiusi; oppure alza le braccia e unisce le mani dietro la nuca, buttando la testa all’indietro, come uno che dorma e mentre dorme sogna di ballare, e se aprisse gli occhi si accorgerebbe che sta ballando veramente; e fa tutto questo, il ragazzo, camminando lentamente all’indietro e in circolo, come uno che si muove senza voler sapere dove va, un esploratore del mistero, un viaggiatore che potrebbe attraversare il mondo incontrando solo le immagini di sé stesso riflesse all’interno delle palpebre, un giovane uomo che non può essere amato da nessuna e non può essere ferito da nessuno, eppure, e questo si percepisce guardandolo ruotare offrendo sempre le spalle indifese, eppure disponibile a tutto, indistruttibile. Quello sono io, pensa Mario: e in effetti è lui.”

“Nella quarta fotografia l’espressione cambia poco, mostra solo un po’ di sorpresa, la testa non è al centro ma spostata a destra, alla destra di Mario fotografato, a sinistra di Mario che guarda la fotografia, lo sguardo sembra sul punto di orientarsi non più verso il basso ma verso sinistra, la sinistra di Mario fotografato, la destra di Mario che guarda: e da questa sinistra, di un Mario, o destra, dell’altro Mario, un viso di ragazzina, probabilmente coetanea del Mario fotografato, è entrato nell’inquadratura, quindi nella cabina, ha appoggiato la tempia destra, la sinistra per Mario che guarda, alla tempia sinistra del Mario fotografato, la destra per Mario che guarda, porta lo sguardo – divertito, con dentro il divertimento di chi fa una cosa blandamente proibita, una sorpresa, uno scherzo, una marachella, una disubbidienza senza senso di colpa – direttamente dentro l’obbiettivo della macchina fotografica, come avendone intuita non solo la presenza ma anche l’esatta posizione.”

Il tempo è una somma di infinite ripetizioni con minime variazioni, infinite minime variazioni conducono alla cancellazione di tutto. Presto o tardi. Per il tempo, presto o tardi non fa differenza. Per il tempo, ora è come qualsiasi allora.”

“Che cosa importa, se un ricordo è vero o falso? Che cosa importa, se la nostra vita, la vita di chiunque, è vera o è inventata?
Il passato è passato, e non ha nessuna consistenza reale; le conseguenze sono eventi nuovi, e che veramente conseguano dal passato, e se questo eventuale conseguire dia veramente una consistenza reale al passato, è un’immaginazione come un’altra.
Il futuro deve ancora venire, e chissà se verrà: è un’immaginazione, anche lui. E le invenzioni della fantasia, le storie raccontate, i sogni, i ricordi, non sono né più né meno reali di queste mani che sollevo davanti alla faccia, e guardo, di te che mi ascolti, della storia che ti ho appena raccontata.
La nostra vita reale, se è reale davvero, questa fu l’ultima parola di Mario, avviene ora; e niente è più fuggevole e impalpabile dell’ora.”

“Io sono stata innamorata di te, papà, e tu hai voluto che io fossi innamorata di te, mi hai fatto innamorare che ero ancora bambina, che ero ancora piccolissima, tutti i miei ricordi di me sono ricordi di me che sono innamorata di te, del più bel papà del mondo, del papà che mi voleva bene più di qualunque altro papà, del papà che ho conosciuto quando ero già una bambina grande, che avevo tanto atteso e desiderato, e tante volte me l’ero figurato in sogno, e prima ancora di conoscerlo ero tanto tanto tanto innamorata di lui. Ti ricordi? Ti ricordi, papà, che sono stata innamorata di te? Ti ricordi che mi hai fatta innamorare di te?”

Giulio Mozzi, da “Le ripetizioni”, 2021

*****

Immagine: Opera di Loui Jover (pittore australiano)

Lascia un commento