Affabulazioni

Caligola

17.04.2022

Elicone: Buon giorno Caligola.

Caligola: Buon giorno Elicone.

Elicone: Sembri affaticato.

Caligola: Ho camminato molto.

Elicone: Sì, la tua assenza è durata a lungo.

Caligola: Era difficile da trovare.

Elicone: Che cosa?

Caligola: Ciò che volevo.

Elicone: E che volevi?

Caligola: La luna.

Elicone: Che?

Caligola: La luna. Sì, volevo la luna.

Elicone: Ah, e per fare cosa?

Caligola: È una delle cose che non ho.

Elicone: Sicuramente. E adesso è tutto a posto?

Caligola: No, non ho potuto averla. Sì, ed è per questo che sono stanco. Tu pensi che io sia pazzo.

Elicone: Sai bene che io non penso mai. Sono troppo intelligente per pensare.

Caligola: Sì, d’accordo. Ma non sono pazzo e posso dire perfino di non essere mai stato così ragionevole come ora. Semplicemente mi sono sentito all’improvviso un bisogno di impossibile. Le cose così come sono non mi sembrano soddisfacenti.

Elicone: È un’opinione abbastanza diffusa.

Caligola: È vero, ma non lo sapevo prima. Adesso lo so. […] Questo mondo così com’è fatto non è sopportabile. Ho bisogno della luna, o della felicità o dell’immortalità, di qualcosa che sia demente forse, ma che non sia di questo mondo.

Elicone: È un ragionamento che sta in piedi. Ma, in generale, non lo si può sostenere fino in fondo,  non lo sai?

Caligola: È perché non lo si sostiene mai fino in fondo che non lo si sostiene fino in fondo. E non si ottiene nulla. Ma basta forse restare logici fino alla fine.

Elicone: Io so ciò che pensi. Quante storie, per esempio per la morte di una donna.

Caligola: No, Elicone, non è questo. Mi sembra di ricordare, è vero, che alcuni giorni fa è morta una donna che io amavo. Ma cos’è l’amore? Poca cosa. Questa morte non è niente, te lo giuro. Essa è solo il segno di una verità che mi rende la luna necessaria. È una verità molto semplice e perfettamente chiara, un po’ stupida forse, ma difficile da scoprire e pesante da portare.

Elicone: Ma, in fin dei conti, qual è la verità, Gaio?

Caligola: Gli uomini muoiono e non sono felici.[…]

Caligola: E, ti prego, aiutami ormai.

Elicone: Non ho ragioni per non farlo, Gaio, ma non so molte cose e poche mi interessano. In che cosa ti posso aiutare?

Caligola: Nell’impossibile.”

Albert Camus, da “Caligola”, 1944 (l’opera subì una profonda revisione testuale e venne pubblicata in versione definitiva del 1958)

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SCIPIONE: E come dev’essere immonda la tua solitudine!
CALIGOLA: (esplodendo di rabbia, si getta su di lui, l’afferra per il collo e lo scuote)
La solitudine, sì, la solitudine! La conosci tu la solitudine?
Sì, quella dei poeti e degli impotenti.
La solitudine? Quale solitudine?
Ma lo sai che non si è mai soli?
E che dovunque ci portiamo addosso
il peso del nostro passato e anche quello del nostro futuro?
Tutti quelli che abbiamo ucciso sono sempre con noi.
E fossero solo loro, poco male.
Ma ci sono anche quelli che abbiamo amato,
quelli che abbiamo amato e che ci hanno amato.
Il rimpianto,
il desiderio,
il disincanto e la dolcezza,
le puttane e la banda degli dei!
La solitudine risuona di denti che stridono,
chiasso, lamenti perduti…
se soltanto potessi godere la vera solitudine, non questa mia solitudine infestata dai fantasmi,
ma quella vera, fatta di silenzio e tremore d’alberi.
sentire tutta l’ebbrezza del flusso del mio cuore.
(Seduto, colto da una stanchezza improvvisa)
La solitudine! Ma no, Scipione.
La solitudine risuona di denti che stridono, chiasso, lamenti perduti.
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Immagine: Foto di Teun Hocks

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