Linguaggi

Questo nostro mondo…

29.04.2022

“Non ci sono passeggeri nell’Astronave Terra. Siamo tutti membri dell’equipaggio.”

Marshall McLuhan, da “Gli strumenti del comunicare”, 1964

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Elegia
“Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.
È come una gran bolla di cristallo
sottile
stasera il mondo:
e sempre più gonfia e si leva.
O chi credeva
di noi spiarne il ritmo e il respiro?
Meglio non muoversi.
È un azzurro subacqueo
che ci ravvolge
e in esso
pullulan forme imagini arabeschi.
Qui non c’è luna per noi:
più oltre deve sostare:
ne schiumano i confini del visibile.
Fiori d’ombra
non visti, immaginati,
frutteti imprigionati
fra due mura,
profumi tra le dita dei verzieri!
Oscura notte, crei fantasmi o adagi
tra le tue braccia un mondo?
Non muoverti.
Come un’immensa bolla
tutto gonfia, si leva.
E tutta questa finta realtà
scoppierà
forse.
Noi forse resteremo.
Noi forse.
Non muoverti.
Se ti muovi lo infrangi.
Piangi?”
Eugenio Montale, “Elegia”, 26 gennaio 1918
(Composta da Montale all’età di 22 anni, fu trovata dall’amico Silvio Ramat tra le carte del poeta soltanto dopo la morte di quest’ultimo e inserita nel volume postumo “Altri versi e poesie disperse”)
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Poesia demente
“Il mondo fu fatto
in pochissimo tempo,
tra grandi litigate,
e solo all’ultimo
momento fu deciso,
per sfiducia,
di istituire la morte e di dividere i sessi.
Dio era molto geloso
dei suoi quattro o cinque colleghi e per ripicca
disse:
Ma tanto in pochi anni saranno tutti rotti, chi senza
un braccio, chi senza una gamba, tanto vale
farli morire!
E un altro disse:
E quelli nuovi come li fai?
Non li faccio io, li fanno
loro! Bella roba. E così,
all’ultimo momento,
in pochi minuti, inventarono l’istinto sessuale,
e l’infanzia. Quasi vennero alle mani.
E uno disse: ma non vedi
che così sarà pieno di guai?
Chi se ne frega – disse Dio.– Tanto questo mondo non mi piace.
È venuto male. Bella roba –interloquì un altro. – Cosa pretendevi, con l’idea che tutti devono mangiarsi
l’uno con l’altro? È logico che si sarebbero
consumati. E allora? Tu che avresti fatto?
Quasi vennero alle mani.”
Carlo Bordini, da “I costruttori di vulcani. tutte le poesie 1975-2010”
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Immagine dal web
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Il mondo è un gran bel posto

“Il mondo è un gran bel posto
per nascerci
se non date importanza alla felicità
che non è sempre
tutto questo spasso
se non date importanza a una punta d’inferno
qua e là
proprio quando tutto va bene
perché anche in paradiso
non è che cantino
tutti i momenti
Il mondo è un gran bel posto
per nascerci
se non date importanza alla gente che muore
continuamente
che in fondo poi fa male la metà
se non si tratta di voi
Oh il mondo è un gran bel posto
per nascerci
se non vi state troppo a preoccupare
di qualche cervello morto
su ai posti di comando
o di una bomba o due
di tanto in tanto
contro le vostre facce voltate
o di consimili contrattempi
cui va soggetta la nostra
società di Gran Marca
con i suoi uomini che si distinguono
e i suoi uomini che estinguono
e i suoi preti
e altri scherani
e con le varie segregazioni
e congressuali investigazioni
e altre costipazioni
che sono il retaggio
della nostra carne demente
Sì il mondo è il più bel posto del mondo
per un sacco di cose come
fare la pantomima della farsa
e fare la pantomima dell’amore
e fare la pantomima della tristezza
e cantare in sordina d’amore e avere ispirazioni
e andare a zonzo
guardando tutto
e odorando fiori
toccando il culo alle statue
e persino pensando
e baciando la gente e
facendo figli portando pantaloni
e agitando cappelli e
ballando
e andando a bagnarsi nei fiumi
a fare picnic
in piena estate
o solo genericamente


Ma poi proprio in mezzo a tutto quanto
arriva sorridente il
beccamorto.”

Lawrence Ferlinghetti, “Il mondo è un gran bel posto”

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Giulio Paolini, “Belvedere”, 2006

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La féin de’ mond

“Al ròdi mi carètt
a ‘l s’è farmè,
a ‘l pépi ad tèra còta
a ‘l s’è brusé la saira
a fè la vegia tra i paier;
i méur i è vecc
al crépi al vén d’in zò
com’è di fòlmin.
E’ ciòd dla méridiéna l’è caschè.”

(“La fine del mondo. Le ruote dei carri si sono fermate, alla sera le pipe di cotto si sono spente durante la veglia nei pagliai, i muri sono vecchi le crepe scendono come i fulmini. Il chiodo della meridiana è cascato.”)

Tonino Guerra, “La féin de’ mond”

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Il conto

“E’ un’unica città il mondo intero,
libera che assomiglia ad una tazza
con al fondo la roba in cui si sguazza.
e poi la specie umana tutta quanta
non può di cose e cibi fare senza
va a rovesciarsi sopra al recipiente.
fra quelli che vi trovano rifugio
i cuori si scazzottano a vicenda,
dei fuori sparsi non si tiene conto,
essendo che nessuno ha più pazienza:
democrazia, quasi delinquenza.”

Guido Oldani, “Il conto”

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Canzone sulla fine del mondo
“Il giorno della fine del mondo
L’ape gira sul fiore del nasturzio,
Il pescatore ripara la rete luccicante.
Nel mare saltano allegri delfini,
Giovani passeri si appoggiano alle grondaie
E il serpente ha la pelle dorata che ci si aspetta.
Il giorno della fine del mondo
Le donne vanno per i campi sotto l’ombrello,
L’ubriaco si addormenta sul ciglio dell’aiuola,
I fruttivendoli gridano in strada
E la barca dalla vela gialla si accosta all’isola,
Il suono del violino si prolunga nell’aria
E disserra la notte stellata.
E chi si aspettava folgori e lampi,
Rimane deluso.
E chi si aspettava segni e trombe di arcangeli,
Non crede che già stia avvenendo.
Finché il sole e la luna sono su in alto,
Finché il calabrone visita la rosa,
Finché nascono rosei bambini,
Nessuno crede che già stia avvenendo.
Solo un vecchietto canuto, che sarebbe un profeta,
Ma profeta non è, perché ha altro da fare,
Dice legando i pomodori:
Non ci sarà altra fine del mondo,
Non ci sarà altra fine del mondo.”

Czesław Miłosz, “Canzone sulla fine del mondo”

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Eppure

“Eppure
sempre mi sorprendo a commuovermi
quando realizzo
che da qualsiasi punto del pianeta
ognuno di noi
guarda la stessa luna e lo stesso sole
e si ferma a sognare tra le stesse stelle.”
Lory Nugnes, da “Passante Anonimo”
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Progetto un mondo
“Progetto un mondo, nuova edizione,
nuova edizione, riveduta,
per gli idioti, ché ridano;
per i malinconici, ché piangano,
per i calvi, ché si pettinino,
per i sordi, ché gli parlino.
Ecco un capitolo :
la lingua di Animali e Piante,
dove per ogni specie
c’è un vocabolario adatto.
Anche un semplice buongiorno
scambiato con un pesce
àncora alla vita
te, il pesce, chiunque.
Quell’improvvisazione di foresta,
da tanto presentita, d’un tratto,
nelle parole manifesta!
Quell’epica di gufi!
Quegli aforismi di riccio,
composti quando
siamo convinti
che stia solo dormendo!
Il Tempo ( capitolo secondo )
ha il diritto di intromettersi
in tutto, bene o male che sia.
Tuttavia – lui che sgretola le montagne,
sposta oceani
ed è presente al moto delle stelle,
non avrà il minimo potere
sugli amanti, perché troppo nudi,
troppo avvinti, col cuore in gola
arruffato come un passero.
La vecchiaia è solo la morale
a fronte d’una vota criminosa.
Ah, dunque sono giovani tutti!
La Sofferenza ( capitolo terzo )
non insulta il corpo.
La morte
ti coglie nel tuo letto.
E sognerai
che non occorre affatto respirare,
che il silenzio senza respiro
è una musica passabile;
sei piccolo come una scintilla
e ti spegni al ritmo di quella.
Una morte solo così. Hai sentito
più dolore tenendo in mano una rosa,
provato maggiore sgomento
per un petalo sul pavimento.
Un mondo solo così. Solo così
vivere. E morire solo quel tanto.
E tutto il resto eccolo qui –
è come Bach suonato su un bicchiere
per un istante.”
Wislawa Szymborska, “Progetto un mondo”
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Guido Vedovato, “L’uomo delle api”
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Qui

“Non so come dove,
ma qui sulla Terra c’è parecchio di tutto.
Qui si producono sedie e tristezze,
forbicette, violini, sensibilità, transistor,
dighe, scherzi, tazzine.

Forse altrove c’è di tutto di più,
soltanto per ovvie ragioni là mancano dipinti,
cinescopi, ravioli, fazzoletti per lacrime.

Qui ci sono tanti posti con dintorni.
Alcuni puoi amarli in modo speciale,
chiamarli a modo tuo
e proteggere dal male.

Forse altrove ci sono luoghi simili,
però nessuno li ritiene belli.

Forse come in nessun luogo, o in pochi luoghi,
hai qui un tronco separato,
e con esso le cose occorrenti,
affinché ai bimbi altrui tu aggiunga i tuoi.
Inoltre hai braccia, gambe e una testa stupita.

L’ignoranza qui viene lavorata,
continuamente qualcosa calcola, confronta, misura,
estrae con ciò deduzioni e radici.

Lo so, lo so, che cosa pensi.
Niente qui di solido,
perché da sempre per sempre siamo in balìa della furia degli elementi.
Ma osservi – gli elementi si stancano facilmente
e debbono talvolta lungamente riposare
fino alla volta successiva.

E so che cosa pensi ancora.
Guerre, guerre, guerre.
Pure tra di esse capitano delle pause.
Attenti! – gli uomini sono cattivi.
Calma! – gli uomini sono buoni.
Stando sull’attenti non si produce nulla.
Nella calma col sudore della fronte si costruiscono le case
e presto vi si abita.

La vita sulla terra viene fuori abbastanza a buon mercato.
Per i sogni per esempio qui non paghi un centesimo.
Per le illusioni – solo quando svaniscono.
Per il possesso del corpo – soltanto con il corpo.

E se questo è ancora poco,
giri senza biglietto nella giostra dei pianeti,
insieme con essi, gratuitamente, nella bufera galattica,
in epoche così vertiginose,
che nulla qui sulla Terra ha neppure il tempo di tremare.

Allora osserva bene:
il tavolo sta dove stava,
sul tavolo il foglio, così come fu messo,
per la finestra socchiusa soltanto un buffo d’aria,
e nella parete nessuna grossa crepa,
per la quale dovunque ti soffierebbe.

Wislawa Szymborska, “Qui”

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In questo mondo la giustizia è presa a bastonate

“In questo mondo la giustizia è presa a bastonate,
chi scaglia un sasso, chi schiaccia il debole
e chi se la dà a gambe,
chi chiude i giuramenti fatti in un sarcofago,
chi spoglia la salma dell’anello d’oro,
chi impicca l’innocente come un ladro,
chi sale sull’arca di un vantaggio e annega l’altro.

In questo mondo la giustizia è presa a bastonate,
gli onesti posseggono a stento di che vivere,
i poveri fanno la corte al pane,
ai vecchi manca la pillola che curi l’abbandono.
E gli ammalati guardano i giorni vaporare,
i senza lavoro bestemmiano il destino.
—Finché morte non vi separi—
dice il parroco agli sposi,
ma in questa vita sperimentiamo divisione,
gli agguati agiscono di fretta
e già all’alba le nebulose degli inganni s’addensano
come la brina sulle foglie.
In questo mondo i compromessi hanno i calli duri,
le maschere sul viso delle storie sono tante
e l’imbroglione si comporta da vero galantuomo.

In questo mondo la giustizia è presa a bastonate,
troppe le rendite degli egoisti e dei maligni,
troppi i collegi dei traditori e dei vigliacchi,
troppe le stelle perdute,
troppi diritti decrepiti e incompresi.

In questo mondo la giustizia è presa a bastonate.

Monia Gaita

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James Ensor, “L’intrigo”, 1890

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Il mondo fa paura

“Il mondo fa paura
ma in esso nuotano
in un immenso acquario
betulle volpi
torrenti di fiori
strade di campagna
e case di legno
e ancora i concerti di Brahms
e i valzer di Chopin.”
Jaroslaw Iwaszkiewicz
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Oggi rammendo l’affetto verso il mondo
“Oggi rammendo
l’affetto verso il mondo,
il nido,
il maglione bucato,
il manto dell’edera,
le parole rosso sangue,
il futuro,
il presente,
il passato.
Voglio provare a fare la pace.
Voglio provare a intenerire il creato.”
Francesca Genti, da “Poesie d’amore per ragazze kamikaze”
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Catarina Patricio, “O que é constrangido a superar-se a si mesmo até ao infinito”, 2014
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Dinosauria, noi
“Nati così
in mezzo a tutto questo
tra facce di gesso che ghignano
e la signora morte che se la ride
mentre gli ascensori si rompono
mentre gli orizzonti politici si dissolvono
mentre il ragazzo della spesa del supermercato ha una laurea
mentre i pesci sporchi di petrolio sputano la loro preda oleosa
e il sole è mascherato
Siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra queste guerre attentamente matte
tra la vista di finestre di fabbrica rotte di vuoto
in mezzo a bar dove le persone non si parlano più
nelle risse che finiscono tra sparatorie e coltellate
Siamo nati così
in mezzo a tutto questo
tra ospedali così costosi che conviene lasciarsi morire
tra avvocati talmente esosi che è meglio dichiararsi colpevoli
in un Paese dove le galere sono piene e i manicomi chiusi
in un posto dove le masse trasformano i cretini in eroi di successo
nati in mezzo a tutto questo
ci muoviamo e viviamo in tutto ciò
a causa di tutto questo moriamo
castrati
corrotti
diseredati
per tutto questo
ingannati da questo
usati da questo
pisciati addosso da questo
resi pazzi e malati da questo
resi violenti
resi inumani
da questo
il cuore è annerito
le dita cercano la gola
la pistola
il coltello
la bomba
le dita vanno in cerca di un dio insensibile
le dita cercano la bottiglia
le pillole
qualcosa da sniffare
siamo nati in questo essere letale triste
siamo nati in un governo in debito di 60 anni
che presto non potrà nemmeno pagare gli interessi su quel debito
e le banche bruceranno
il denaro sarà inutile
ammazzarsi per strada in pieno giorno non sarà più un crimine
resteranno solo pistole e folle di sbandati
la terra sarà inutile
il cibo diventerà un rendimento decrescente
l’energia nucleare finirà in mano alle masse
il pianeta sarà scosso da un’esplosione dopo l’altra
uomini robot radioatitvi si inseguiranno l’un l’altro
il ricco e lo scelto staranno a guardare da piattaforme spaziali
l’inferno di Dante sarà fatto per somigliare a un parco giochi per bambini
il sole sarà invisibile e sarà la notte eterna
gli alberi moriranno
e tutta la vegetazione morirà
uomini radioattivi si nutriranno della carne di uomini radioattivi
il mare sarà avvelenato
laghi e fiumi spariranno
la pioggia sarà il nuovo oro
la puzza delle carcasse di uomini e animali si propagherà nel vento oscuro
gli ultimi pochi superstiti saranno oppressi da malattie nuove ed orrende
e le piattaforme spaziali saranno distrutte dalla collisione
il progressivo esaurimento di provviste
l’effetto naturale della decadenza generale
e il più bel silenzio mai ascoltato
nascerà da tutto questo
il sole nascosto
attenderà il capitolo successivo”
Charles Bukowski, “Dinosauria noi”, da “The last night of the earth poems”, 1994
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Preghiera per rinnovare il mondo
“I vivi assomigliano alle api, in un giorno di bufera,
sballottate, spinte verso l’alveare:
grani di polline giallo sulle loro zampe
diventerà divino nutrimento.
Il nostro destino, felice o maledetto,
è il nettare di esseri invisibili
che si dilettano di ciascuno dei nostri istanti.
Sono i nostri cari defunti? O i banditi dèi della boscaglia?
Sono i nostri amati santi, i futuri amici sconosciuti.
In essi si compie l’eterno ritorno.
Le nostre azioni, avvisaglie d’avvenire, attingono al passato.
A volte sono i morti, le api,
che riattraversano la vita carichi dell’amore
di cui cantano gli uccelli, fiori che ci abbagliano.
Mi sembra di essere tra loro.
Un altro che traccia il cielo.”
Maurice Chappaz (poeta e scrittore svizzero), “Preghiera per rinnovare il mondo”

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Foto e performance artistica di Kalune

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Il mondo
“A volte sei bello. Un vestito cosmico.
Un guardaroba celestiale di paesaggi.
Del tuo corpo si occupano gli eruditi.
Gli studiosi degli elementi.
Qualcuno prevede sempre la tua fine.
Non hai parenti stretti. A chi
lascerai tutto questo? Pianeti ficcanaso
forse ne avrebbero voglia.
Sei eterno? L’odore
della stagione morta lo nega.
La menzogna a volte ha ragione.
Ce la farò senza di te.
In fondo non mi hai promesso nulla.
Non so nemmeno
se è la storia che ha creato noi
o se noi abbiamo creato la storia.
Se siamo solo l’eco
di un cuore altrui.”
Ewa Lipska, da “Il lettore di impronte digitali”, 2017 – Traduzione di Marina Ciccarini

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La fodera del mondo

– Quando morirò, vedrò la fodera del mondo.
L’altra parte, dietro l’uccello, la montagna, il tramonto.
Il vero significato che vorrà essere letto.
Ciò ch’era inconciliabile, si concilierà.
E sarà compreso ciò ch’era incomprensibile.
– Ma se non c’è una fodera del mondo?
Se il tordo sul ramo non è affatto un segno
ma solo un tordo sul ramo, se il giorno e la notte
si susseguono senza badare a un senso
e non c’è nulla sulla terra, oltre questa terra?
Se così fosse, resterebbe ancora la parola
suscitata una volta da effimere labbra,
che corre e corre, messaggero instancabile,
nei campi interstellari, nei vortici galattici
e protesta, chiama, grida.
Czesław Miłosz, “La fodera del mondo”, da “Le regioni ulteriori”, 1966 – Traduzione di Valeria Rosselli
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Foto di Riccardo Schirinzi
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Non ho inventato nulla
“Non ho inventato nulla
Non è che abbia inventato questa lingua
di acqua e sere, rumori
e mormorii primitivi.
Non ho inventato tutti questi ricordi e pietre di colori
né l’odore rosso di una rosa fresca.
Non ho inventato i lunghi sentieri
Gli angustiosi e spopolati giorni.
Non inventai nulla
quando arrivai il mondo era già amaro
c’era una scia di sangue e
polvere nei sogni.”
Carlos Higuera Ramos, da “La última arquitectura del viento”, 2015
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In evidenza: Foto di Sonia Simbolo

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