Ciak

In nome del Papa Re

21.05.2022

Casa di Monsignor Colombo. Porta di ingresso a destra, porticina di una cantina in prima a sinistra, porta di interno seconda a sinistra. Arredi, due scrivanie,una poltrona, tenda grande sul fondale che, alzata, darà luogo agli altri spazi dell’azione.

Colombo sta dettando una lettera al Perpetuo Serafino

SERAFINO               – Dato in Roma, dì 22, del mese di ottobre dell’anno del Signore 1867

MONSIGNORE        –  Beatissimo padre, il sottoscritto, monsignor Colombo da Priverno, dichiara:

SERAFINO               – Aspettate, prima mettiamo chi siete!

MONSIGNORE        – Come chi so’?

SERAFINO               – Giudice del tribunale supremo della sacra consulta….

MONSIGNORE        – Dichiara…

SERAFINO               – …Vescovo ausiliario di Itri, Sovilo e Castro dei Volsci…

MONSIGNORE                    – Dichiara!

SERAFINO                           – …Pretore del pontificio collegio di Ciociaria e terra di lavoro.

MONSIGNORE                    – A capo!

SERAFINO                           – A capo di cosa?

MONSIGNORE                    – Dei titoli! Sò finiti i titoli? Andiamo al fatto, Serafì!

SERAFINO               – Ah, come volete voi. Dov’ eravamo rimasti?

MONSIGNORE                    – A “dichiara”..

SERAFINO               – Dichiara?

MONSIGNORE                    – (pausa) Ah… Niente, ‘n dichiaro niente. Qui ce vò ‘na premessa di carattere generale.

SERAFINO               – Cancello?

MONSIGNORE                    – Scrivi. Visto lo stato miserevole, in cui versa Roma, in questi giorni di angoscia e di paura…

SERAFINO               – Di paura…

MONSIGNORE                    – …Porte della città murate a pozzolana… strade deserte, come se fosse scoppiato il colera… cannoni sulle piazze, barricate…(botto da fuori) daje! Pattuglie de Zuavi, che battono il selciato giorno e notte….

SERAFINO               – Giorno e notte…

MONSIGNORE                    – Che hai lasciato aperto?

SERAFINO               – Er  periodo.

MONSIGNORE                    – No. Sento uno spiffero, una correntina d’aria…

SERAFINO               – È tutto chiuso.

MONSIGNORE                    – E allora che è sto gelo che me corre su per filo della schiena?

SERAFINO               – È quello che ve ce core da vent’ anni, almeno da quando ve conosco io.

MONSIGNORE                    – Bande garibaldesche che battono il contado… e la rivoluzione, che dentro e fuori le mura, incalza, al grido dissennato ‘O Roma, o morte!’,….

SERAFINO                – A proposito, ma che sarà tutta sta smania de pija’ Roma, che se ne faranno poi?

MONSIGNORE                    – Gli Italiani?

SERAFINO               – Sì, gli Italiani.

MONSIGNORE                    – Te ne accorgerai. (pausa) Ma visto altresì, beatissimo padre, il tuo silenzio…

SERAFINO               – Ma je damo der tu ar papa?

MONSIGNORE                    – Beh tanto è n’ appunto, dopo ‘o correggemo.

SERAFINO               – Il tuo silenzio…

MONSIGNORE                    – Davanti al massacro compiuto dagli Zuavi pontifici nel lanificio Aiani in Trastevere, là dove i tuoi eroi da presepio hanno scannato sedici Romani…

SERAFINO               – Ma devo scrivere proprio così? Contestuale?

MONSIGNORE                    – Perchè non è vero?

SERAFINO               – Va beh, va beh, tanto è un appunto, poi dopo correggemo.

MONSIGNORE                    – No. Questo rimane così

SERAFINO                – Ma adesso ve la pigliate pure co li Zuavi, gente accorsa da tutto er monno pe’ risponne all’accorato appello del pontefice? Cristiani veri! De fede!

MONSIGNORE                    – (fa il segno dei soldi con le mani)

SERAFINO                           – Va beh,  so’ pagati bene… però ce difendono!

MONSIGNORE                    – Contro Giuditta Tavani Arquati?

SERAFINO               – E chi è?

MONSIGNORE                    – Una delle sedici vittime del lanificio.

SERAFINO               – (critico) Aaah, annamo bene.

MONSIGNORE        – Ma come… l’hanno scannata come ‘na capra, j’hanno infierito a baionettate sul cadavere, oh! Una donna di quarantadue anni, gravida, che te vie’ incontro col figlioletto al collo…

SERAFINO               – (lo interrompe) E ‘a pistola ‘n mano.

MONSIGNORE        – Ah, manco quella je volevi dà… Scrivi, scrivi…(butta documenti nel camino)

SERAFINO               – Volete brucia’ la casa adesso?

MONSIGNORE                    – È la tua?

SERAFINO               – Ah, pe’ mme potemo pure brucia’ ‘l tavolino, ‘e ssedie, tutto…

MONSIGNORE                    – Il sottoscritto! Eccettera, eccetera… ferito da questi avvenimenti, e dopo alcune notti passate insonne…

SERAFINO               – Insonne…

MONSIGNORE                    – Insonne! Ad ascoltare la voce della coscienza e l’esplosione delle bombe alla Orsini, che ormai a Roma scoppiano dappertutto…

SERAFINO               – Dappertutto…

MONSIGNORE                    – Però hai notato? Stanotte non s’è inteso manco un botto.

SERAFINO               – Eh. Non è ancora detto…

(si sente una forte esplosione, al Monsignor cadono di mano le carte)

MONSIGNORE                    – Ma portassi pure iella, tu!

SERAFINO               – Casomai so ‘n presago!

MONSIGNORE                  – Eh, lo stavo per dì pure io. (chiude la finestra, getta fogli a terra) Dov’eravamo rimasti? Ho perso il filo.

SERAFINO               – Il discorso è sempre retto dal sottoscritto, e cioè da voi.

MONSIGNORE                    – Ecco.  E qui riacchiappiamo “dichiara.”

SERAFINO               – Dichiara?

MONSIGNORE                    – Dichiara fin da adesso la sua indisponibilità per i processi penali, che in conseguenza dei fatti ricordati, ipso facto, seguiranno. E prega pertanto la Santità Vostra, di esonerarlo per il prosequio dall’incarico di giudice, e da tutte le mansioni attinenti a esso ufficio.

SERAFINO               – Ve chiamate fori?!

MONSIGNORE                    – Stiamo al  “redde  rationem”, Serafì. E’ il punto di arrivo di un lungo travaglio interiore.

SERAFINO               – E proprio adesso?

MONSIGNORE                    – Eh sì, una crisi di coscienza mica sceglie il momento, arriva quando je pare a lei.

SERAFINO                – E guarda caso v’ ariva quanno che stanno p’ ariva’ l’italiani. Sarà na coincidenza, ma se fossi papa io, me farebbe ‘na bruttissima impressione.

MONSIGNORE                    – Sarà una coincidenza, ma anche se fossi papa tu, io guarda caso, me so rotto li cojoni proprio adesso!

SERAFINO               – Voi! Voi che siete sempre stato il più fedele servitore del trono e dell’altare… che avete punito con mano ferma e giusta i ribelli, l’assassini, i sicari! Voi non potete! Se adesso trema la mano a voi, è finita!

MONSIGNORE                – Serafì… Qui non finisce perchè arrivano gli Italiani, qui, arrivano gli Italiani proprio perchè è finita.

SERAFINO               – Io ‘n capisco.

MONSIGNORE        – Non importa. Tu metti solo a chiude: prostrato come sempre al sacro piede, distinti saluti, Colombo da Priverno….(riferendosi al contenitore su cui ha fatto i sulfamidici) E butta quella zozzeria laggiù

Dal film “In Nome del Papa Re”, di Luigi Magni, 1977

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