Affabulazioni

Piccole anime volatili

08.07.2022

“In uno dei primi anni in questa casa, in primavera verso maggio, un uccellino veniva a cinguettare sul mio balcone, al sorgere del sole. Non era l’ora di alzarmi, eppure quei gorgheggi gioiosi non mi disturbavano, al contrario, li ascoltavo volentieri rimanendo a letto tra il sonno e la veglia, estasiata da quel canto. Un giorno mi resi conto che l’uccellino aveva cessato di venire ed io sentivo la mancanza di quella gioia vibrante mattutina. Dopo poco tempo, mentre spolveravo, scuotendo il panno dalla finestra, lo vidi volare giù nel cortile. In tutta fretta, tolsi il grembiule e scesi le scale fino al piano interrato. Entrai nella stanza dove un tempo le donne venivano a lavare la biancheria, l’attraversai, guadagnando poi la ripida rampa di scale che porta fuori del cortile. Una scena agghiacciante arrestò la mia animosità: davanti ai miei occhi, stesi sul selciato, tre uccellini pronti per volare con le ali aperte e gli occhi ciechi. Mi avvicinai per render loro l’ultimo saluto e li coprii con ciò che restava del loro nido, diventato la loro sepoltura. Quell’uccellino era la loro mamma. Che dolore doveva aver provato quando, al rientro, al posto dei piccoli aveva trovato il vuoto.
Un mese dopo, eravamo in piena estate, incontrai la mia vicina di finestra. Mi raccontò che, poverina, era stata un mese senza acqua calda. L’idraulico fece l’insolita scoperta: “Un nido con tre uccellini che avrebbero volato di lì a breve”. A questo punto si trattava di attendere un altro poco. Lei però non poteva aspettare: voleva l’acqua calda! Quindi il tubo fu ripulito da quell’insolente nido, buttandolo giù in cortile, senza pietà.
Ascoltai inorridita quella storia che aveva incrociato la mia. Intanto, le zanzare mi tempestavano le gambe di punture: io le sopportavo pensando alle trafitture subite da quel piccolo cuore di mamma. Dopo quell’evento, fece mettere una rete di protezione al tubo, che poi tolse quando mise in vendita la casa. Da allora si sono avvicendate diverse persone in quell’appartamento ma, soprattutto, sono tornati i passerotti. Al momento nessun idraulico è stato chiamato per buttare giù dal tubo i nuovi allegri inquilini. Ma non sono soli: al mattino, al risveglio, aprendo le finestre, c’è quasi sempre un uccello dal becco un po’ lungo e dal colore blu intenso, quasi nero. Mi saluta con un fischio e io rispondo con il mio, quasi sempre sfiatato, e allora rimedio con un . È una bella figliata che nidifica in un comignolo di pietra. Fa parte di questo palazzo che mi sta di fronte. “Peccato”, disse mia sorella Clara in una sua visita recente, “ti toglie la visuale di tutta la strada fino al parchetto”. Oltre al quotidiano saluto mattutino, al tramonto l’uccello dal becco lungo resta fermo con lo sguardo verso il sole per non poco tempo e poi, di colpo, rientra tuffandosi nel suo nido. In questo periodo di pandemia ho visto svolazzare più volte, in questo pezzetto di cielo comune, due gazze. Dopo il loro frequente volteggiare e posarsi su quel nido, gli altri uccelli dal becco lungo non li ho visti più: le gazze devono aver rubato quelle uova. Sono poi ricomparsi con mia grande gioia. Da alcuni giorni però sono tornate le gazze attratte dal comignolo, fonte di vita rubata. Sul palazzo, al mio fianco destro, i passerotti del tubo cinguettano e anche a loro rifaccio il verso per salutarli. Restano lì fiduciosi e pieni di vita. L’altro giorno è arrivata una gazza che si è posata sul comignolo. I due passerotti hanno interrotto il melodioso gorgheggio e sono sfrecciati via svelti, uno alla mia sinistra e l’altro alla mia destra. Ho pensato che sarebbero andati ad avvisare l’uccello dal becco lungo. Dopo una decina di minuti, infatti, li ho visti arrivare con altri passeri dalla parte destra e insieme c’era l’uccello dal becco lungo, che si è diretto verso il comignolo già libero, perché la “ladra” se l’era data subito ad ali spiegate!
Oggi ascolto un silenzio assordante non dovuto al solo tacere dei macchinari del manto stradale. È sabato e sono alla fine del giorno. Fin dal mattino mi sono accorta dell’assenza dei passerotti e ho notato, tra l’altro, un panno verde scuro sporco, sulla tettoia sotto il tubo del nido. Mentre mi affrettavo a preparare l’”erbazzone“, torta rustica toscana, infornarla e mangiarla, mi giungeva da fuori, dalla parte del tubo, una ridondante voce femminile. Dopo aver sentito alcuni brani dei suoi discorsi, mi fu chiaro che un’altra donna aveva spazzato via il nido, con quella pezza rivoltata sulla grondaia. Questa volta però gli uccellini già volavano. Nel corso della giornata ne ho visti due fare capolino dal tubo e poi via, si sono alzati in volo. Ho cercato di incontrare la famiglia che possiede il tubo per dire di risistemare quella protezione salutare per loro e, soprattutto, per i piccoli uccelli. La torta salata l’ho mangiata con dolore e amarezza.
Il giorno dopo, in mattinata, mentre sistemavo i vasi di piante sul terrazzino, è arrivato un nugolo gioioso di passerotti cinguettando attorno a quel tubo. È durato un attimo. Erano loro, la famigliola mia coinquilina che, per un pezzetto di vita, mi ha allietata con i suoi canti gioiosi.
Questa mattina, poco prima del risveglio, ho sognato un uccello che mi è venuto vicino. Mi sono svegliata e mi sono ricordata di uno dei cardellini accuditi dalla mia nonna materna Felicetta. Il giorno in cui morì mio nonno Matteo, l’uccellino fece lutto. Stette fermo in un angolo della gabbia: non toccò cibo né bevve. Ebbene, questo cardellino visse 17 anni, perse non poche piume, ingobbì e poi morì, sazio di giorni vissuti nell’amore ricevuto e dato.”

Anna Maria Brigida – Fonte: Il clan delle femmine

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Foto di Andrea Coltrioli

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