Linguaggi

Mendicanti di luce

21.07.2022
“Siamo mendicanti. Di luce.”
Don Angelo Casati, da “Dialogo con don Angelo Casati”,
“Pangea”, Intervista a cura di Francesco Occhetto – 10 Dicembre 2021
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Io sono quel bambino
“Io sono quel bambino con la faccia rotonda e sporca,
che in ogni angolo ti infastidisce con il suo “mi dai una monetina?”
Io sono quel bambino con la faccia rotonda e sporca, certamente non voluto,
che da lontano contempla gli autobus, in cui gli altri bambini ridono forte
e fanno salti molto grandi.
Io sono quel bambino antipatico con la faccia sporca che ti guarda sotto gli enormi lampioni illuminati,o sotto le puttane anch’esse illuminate.
O davanti alle fanciulle che sembrano lievitare.
Io sono quel bambino antipatico con la faccia sporca che proietta l’insulto della sua faccia sporca.
Io sono quell’antipatico bambino di sempre arrabbiato e solo,
e ti lascia l’insulto di quell’arrabbiato bambino di sempre e ti avverte:
se ipocritamente mi accarezzi sulla testa io colgo l’occasione di rubarti il portafoglio.
Io sono il bambino con la faccia sporca davanti al panorama di terrore imminente,
lebbra imminente, pulci imminenti, di offese e crimini imminenti.
Io sono quel bambino dispettoso che improvvisa un letto con un vecchio scatolone
e che aspetta, certo che verrai con me”.
Reinaldo Arenas, “Io sono quel bambino”
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 Ad una mendicante dai capelli rossi

 

“Fanciulla esangue dal crine rosso,
di sotto i cenci che porti addosso
come trapela, misero e bello,
il corpo snello!

Nelle tue giovini membra malate,
tutte d’efelidi disseminate,
il derelitto poeta apprezza
qualche dolcezza.

Sui grossi zoccoli tu sopravanzi
ogni regina che nei romanzi
con vellutate scarpe di gala
varchi la sala.

Oh, fa che al posto di queste corte
frappe un magnifico manto di corte
lungo e frusciante ti s’accompagni
fino ai calcagni;

che dei viziosi all’occhio audace
sulla tua gamba non questa lacera
calza riluca, ma d’oro schietto
un pugnaletto;

che fra i malfermi nastri, per farci
dannare l’anima, s’aprano squarci
e il seno, bello come due occhi,
fuor ne trabocchi;

che le tue braccia non così leste
per noi si lascino cader la veste,
bensì discaccino con muta lite
le dita ardite…

Oh, gli smaniosi tuoi spasimanti
di quali fulgide perle e diamanti
ti coprirebbero! Quanti rondò
di ser Belleau!

Mille poeti al tuo servizio
ti porterebbero fior di primizie,
la tua caviglia spiando sotto
il pianerottolo!

Per sollazzarsene, matricolati
paggi, Ronsardi e titolati
occhieggerebbero gli eremi ombrosi
dove riposi!

Allora in fondo ai tuoi giacigli
più conteresti baci che gigli;
s’arrenderebbero a tua mercé
delfini e re!

A malapena frattanto vivi
di ciò che qualche Vèfour da trivio
ti butta in grembo, sparuto avanzo
per il tuo pranzo;

o di soppiatto, come un tesoro,
adocchi un ciondolo di similoro,
che regalarti, te lo confesso,
non m’è concesso.

Vattene dunque, e non portare
altro, né essenze né pietre rare,
se non la gracile tua nudità,
o mia beltà!”

Charles Baudelaire, “Ad una mendicante coi capelli rossi”, da “Fleurs du mal”

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Andrò dove hai camminato
“Andrò dove hai camminato, dove
hai steso la mano senza ricevere aiuto
dove hai gridato senza intendere eco:
tu, pane Pietà che disarmato mi nutri.”
François Cheng, da “Suite orphique”, 2024
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Mendicanti
“I mendicanti chiedono la carità
e godono del sole di maggio
lungo le case del villaggio
vestiti di povertà.
Ora s’apre una finestra
e cade un soldino sonoro
lustro come l’oro
sul marciapiede della via maestra.
Il mendicante cieco non sa
trovare tra la polvere e i sassi,
dentro l’orme dei passi,
quella goccia di carità.
Esplora ogni buca, ogni ruga
con ansia segreta, ma invano,
quand’ecco incontra una mano
che cerca, che tenta, che fruga.
« Cerchi tu la moneta smarrita,
uomo?» «La cerco. Ma anch’io
non ebbi in dono da Dio
gli occhi aperti sulla vita ».
« Vieni, ci ho un pan di cruschello.
Ti darò del mio pane salato;
che importa del soldo? Hai trovato
cercando, cercando, un fratello ».”
Renzo Pezzani, “Mendicanti”
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Pablo Picasso, “La mendicante accovacciata”, 1902
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‘E Pezziente

 

“All’angolo ‘e via Chiaia
se mette nu pezzente
‘puosto tutt’ ‘e journe,
e nun accocchie niente.
Pulito, dignitoso,
nu stenne maie na mana;
ll’uocchie ‘nchiuvate ‘nterra
pe na jurnata sana.
‘A ggente nun ‘o guarda
e nun ‘o ffanno apposta:
pe ffà chillu mestiere
nce vò ‘a faccia tosta!
Io ne cunosco a uno:
Peppino ” ‘a Fiurella!”.
S’ ‘a fà a Santa Teresa,
vicino ‘a Parrucchiella.
Si ‘o daje na cinche lire
‘o sango lle va stuorto,
t’ ‘a jetta ‘nnanze ‘e piere
e arreto te fa ‘e muorte.
Dà ‘e sorde c’ ‘o ‘nteresse,
‘a sera va ‘a cantina;
tene pure ‘a “seicento”,
tre cammere e cucina.
Invece chillo ‘e Chiaia,
misero e vergognoso,
stanotte è muorto ‘e famme,
povero e dignitoso.”

 

Antonio De Curtis (in arte, Totò)

 

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Il confine tra la mia vita e la morte altrui

“Il confine tra la mia vita e la morte altrui
passa dal divanetto di fronte alla tv,
pio litorale dove si riceve
il pane dell’orrore quotidiano.
Davanti all’ingiustizia che sublime
ci ha tratti in salvo per farci contemplare
il naufragio da terra,
essere giusti rappresenta
appena la minima moneta
di decenza da versare a noi stessi,
mendicanti di senso,
e al dio che impunemente
ci ha fatto accomodare sulla riva,
dal lato giusto del televisore.”
Valerio Magrelli, da “Didascalie per la lettura di un giornale”, 1999
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I giacigli per la notte
“Ho sentito dire che a New York
all’angolo della 26° strada e di Broadway
nei mesi invernali ogni sera c’è un uomo
e ai senzatetto che si radunano
pregando i passanti procura un giaciglio per la notte.
Con questo il mondo non cambia,
le relazioni fra gli uomini non migliorano,
l’epoca dello sfruttamento non è per questo più vicina alla fine.
Ma a qualcuno non manca un giaciglio per la notte,
il vento viene tenuto lontano da loro per una notte,
la neve destinata a loro cade sopra la strada.
Non deporre il libro tu che leggi, uomo.
A qualcuno non manca un giaciglio per la notte,
il vento viene tenuto lontano da loro per una notte,
la neve destinata a loro cade sopra la strada.
Ma con questo il mondo non cambia,
le relazione fra gli uomini per questo non migliorano,
l’epoca dello sfruttamento non è per questo più vicina alla fine.”
Bertolt Brecht, da “Poesie politiche”, 2015, traduzione di Franco Fortini
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Foto di Marco Mignano
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Nell’immagine in evidenza: Bartolomé Esteban Murillo, “Il giovane mendicante”, 1645-1650

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