Riflessioni

Marta

05.08.2022

Marta, a breve 5 anni, per l’esattezza l’8 agosto. La mia prima, indiscussa, nipotina. Acquisita, certo, ma proprio per questo speciale, perché “voluta” come altre persone acquisite della mia vita. Ma non è di lei che vorrei parlare, anche se meriterebbe pagine di inchiostro e file parallele di caratteri in corsivo.
Prendo spunto dal suo piccolo universo di Barbie e scarabocchi per trarne alcune riflessioni e trovare anche stavolta la medesima conferma: siamo nati con tutte le conoscenze del caso, eppure la vita sembra funzionare al contrario. Si viene al mondo sapendo, ma si vive scordando e imparando diaboliche sovrastrutture che si tramandano dalla notte dei tempi.
Alcuni (pochi) riescono però a riscoprire quel che già possedevano… ma chissà se poi è un bene o un male.

Ti ricordi quando anche tu, come Marta, hai gridato a gran voce “è mio!!!” appena vedevi la manina furtiva dell’amichetto/a di turno scivolare sul giocattolo che stavi ignorando? Ti ricordi come, all’improvviso, l’oggetto che rischiavi di perdere risvegliava il tuo interesse sopito?
I bambini non si pongono domande, al massimo le pongono a noi, in modo diretto, brutale e sconveniente. Sono animali in preda all’istinto, con il quale sono perfettamente in contatto. Sentono che perdere o rischiare di perdere quel gioco comporterebbe un danno, e lo dicono, non si risparmiano, non sanno tacere. Sarà che il possesso non è altro che questo: credere che qualcosa sia un’estensione di noi, proprio come potrebbe esserlo un braccio o un piede. E potremmo mai immaginare di cedere così, senza repliche, un braccio o un piede a terze persone? Direi di no.
Solitamente dai due anni in poi si inizia a comprendere quali siano i confini oggettivi del proprio corpo. Eppure la cantilena dell’ “è mio” continua a scandire le nostre vite. Sarà che il possesso è un gioco bizzarro, che sfugge di mano fin dal principio: crediamo di esser padroni indiscussi di qualcosa, ma la verità è che in quel qualcosa abbiamo riposto una parte di noi. E’ chiusa lì, a doppia mandata. Difficile il distacco. Difficile insegnarlo…
C’è chi crescendo ci si è drogato di possesso, confinando se stesso non più negli oggetti ma nelle persone. Ma puoi mai pensare che per disegnare un bel cerchio, il compasso rinunci al suo centro? Ed è questo che dobbiamo trovare, il “centro” del nostro universo, che possa ripararci dai distacchi e dagli abbandoni. Che è sì distacco e abbandono da qualcuno, ma lo è anche da quella parte di noi che, inevitabilmente, è finita nel “centro” di un altro.

Foto e testo di Sonia Simbolo

Lascia un commento