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Poeti dimenticati: Eros Alesi

18.09.2022
Lettera di un datore di lavoro a un suo dipendente
“Carissimo operaio,
ti voglio tanto bene,
perché sei così fesso da farti
sfruttare da me (comm. Ambrogio)
ti sei ridotto un relitto umano,
un essere incapace di pensare,
un nevrotico, un complessato,
e tutto questo lo hai fatto
per permettermi:
una bellissima villa al mare,
una velocissima spider
tante donne,
e moltissima grana.
Ringrazio di tutto cuore
Il tuo PADRONE.
(continua così se no ti farò
crepare di fame)
Pasticca…”
Eros Alesi, detto “Pasticca”, un poeta quasi sconosciuto, riscoperto quando era ormai troppo tardi per farlo.
La sua è una vita che è un vuoto a perdere: un padre alcolizzato, una madre vittima della sua violenza…
“Che avevo 6-7 anni quando ti vedevo Bello – forte – orgoglioso – sicuro –
spavaldo rispettato e temuto dagli altri, che avevo 10-11 anni quando ti
vedevo violento, assente, cattivo, che ti vedevo come l’orco che ti giudicavo
un Bastardo perché picchiavi la mia mamma.
Che avevo 13-14 anni quando ti vedevo che vedevi di perdere il tuo ruolo.
Che vedevo che tu vedevi il sorgere del mio nuovo ruolo, del nuovo ruolo di
mia madre.
Che avevo 15 anni e mezzo, quando vedevo che tu vedevi i litri di vino e le
bottiglie di cognac aumentare spaventosamente.
Che vedevo che tu vedevi che i tuoi sguardi non erano più belli, forti,
orgogliosi, fieri, rispettati e temuti dagli altri.
Che vedevo che tu vedevi mia madre allontanarsi. Che vedevo che tu vedevi
l’inizio di un normale drammatico sfacelo.
Che vedevo che tu vedevi i litri di vino e le bottiglie di cognac aumentare
fortemente.
Che avevo 15 anni e mezzo che vedevo che tu vedevi che io scappavo di
casa, che mia madre scappava di casa.
Che tu hai voluto fare il Duro.”
Le sue scuole: la strada e il riformatorio; la morfina è quella che lui chiama “mamma”; il manicomio è la sola “terapia” che gli viene offerta.
“Che spesso il doloroso e problematico dubbio, che il mio amore e sincerità e
buonafede non venga captata, o venga captata diversamente, che per questo
parlo, che per questo sporco di blu questo foglio.”
Più tardi verrà considerato uno dei poeti più interessanti della “Beat Generation italiana”. Più tardi. Troppo, troppo tardi. Eros Alesi, classe 1951, si suicida buttandosi giù dal Muro Torto.
È il 1971.

“Avevo fame
nessuno mi ha sfamato
Avevo freddo
Nessuno mi ha coperto
Sono caduto per terra
Nessuno mi ha rialzato.
Quando sarai stanco di fare questa
vita
prendi una pistola e falla finita
saranno pochi attimi
e finirai di soffrire.
L’uomo è un essere fragile
e cade spesso vittima di esseri
più deboli di lui
Non basta avere un ideale
ma di averne uno giusto
e credere in qualcosa che dura
Quando sono in piena solitudine
mi sento perduto in un freddo
deserto.

Pasticca”

Eros Alesi, da “Urlo grido beat”, Numero unico, Milano, dicembre 1967

*****

“O mamma che cosa ho tralasciato –
O mamma che cosa ho dimenticato – o
mamma addio con una lunga sciarpa nera
addio con il partito comunista e una calza rotta –
addio con i sei peli neri sul porro del tuo seno –
addio col tuo vecchio vestito e una lunga barba nera attorno alla vagina –
addio con la tua pancia afflosciata –
con la tua paura di Hitler –
con la tua bocca di brutti racconti –
con le tue dita di mandolini in rovina –
con le tue braccia di grasse verande di Paterson –
con la tua pancia di scioperi e ciminiere –
con il tuo mento di Trotzky.”

 

Eros Alesi, da “Che Puff. Il profumo del mondo”

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L’opera completa di Eros Alesi è stata edita da Stampa Alternativa, la casa editrice di Marcello Baraghini, con il titolo: CHE PUFF! Il profumo del mondo, nella storica collana Millelire. 

 

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