“Questa è la mia mano, posso muoverla, e in essa pulsa il mio sangue. Il sole compie ancora il suo alto arco nel cielo. E io… io, Antonius Block, gioco a scacchi con la Morte.”
Antonius Block: “Voglio parlarti il più sinceramente possibile, ma il mio cuore è vuoto. Il vuoto è uno specchio che mi guarda. Vi vedo riflessa la mia immagine e provo disgusto e paura. Per la mia indifferenza verso il prossimo mi sono isolato dalla compagnia umana. Ora vivo in un mondo di fantasmi, rinchiuso nei miei sogni e nelle mie fantasie.
Perché non posso uccidere Dio dentro di me? Perché egli continua a vivere in questo modo doloroso e umiliante anche se io lo maledico e voglio strapparmelo dal cuore? Perché, nonostante tutto, egli è un’illusoria realtà ch’io non posso scuotere da me? Mi ascolti?”
Antonius Block: Io voglio la conoscenza, non la fede, non supposizioni, la conoscenza. Voglio che Dio tenda la sua mano verso di me, si riveli e mi parli.
La Morte: “Ma egli rimane zitto.”
Antonius Block: “Lo chiamo nel buio, ma sembra come se non ci fosse nessuno.”
La Morte: “Forse non c’è nessuno.”
Antonius Block: “Allora la vita è un atroce orrore. Nessuno può vivere in vista della morte, sapendo che tutto è il nulla.
Se tutto è imperfetto in questo imperfetto mondo, l’amore invece è perfetto nella sua assoluta e squisita imperfezione.
Dall’oscurità che tutti ci attornia mi rivolgo a te, o Signore Iddio: abbi misericordia, che siamo inetti, e sgomenti, e ignari. […] Dio, tu che in qualche luogo esisti, che devi certamente esistere, abbi misericordia di noi.”
Dal film “Il settimo sigillo”, diretto da Ingmar Bergman nel 1957