“Siamo fatti di tempo.
Siamo i suoi piedi e le sue labbra.
I piedi del tempo camminano nei nostri piedi.
Prima o poi, si sa, i piedi del tempo cancellano le tracce.
Traversata del nulla, passi di nessuno?
Le labbra del tempo raccontano il viaggio.”
Storia clinica
Rese noto di soffrire di tachicardia ogni volta che lo vedeva, sia pure da lontano.
Dichiarò che le si seccavano le ghiandole salivari quando lui la guardava, se pure di sfuggita.
Ammise una ipersecrezione delle ghiandole sudoripare ogni qualvolta lui le parlava, sia pure per ricambiare il saluto.
Riconobbe di soffrire di gravi sbalzi di pressione quando lui la sfiorava, sia pure per errore.
Confessò che per lui soffriva di capogiri, che le si annebbiava la vista, che le si afflosciavano le ginocchia, che di giorno non riusciva a smettere di dire scemenze e che di notte non riusciva a dormire.
“E’ stato tanto tempo fa, dottore”, disse. “Non ho più provato nulla di simile.”
Il medico inarcò le sopracciglia: “Non ha mai più provato nulla di simile?”
E fece la diagnosi: “Il suo caso è grave”.
Il padre
“Vera non andò a scuola. Rimase tutto il giorno chiusa in casa. Al tramonto scrisse una lettera a suo padre. Il padre di Vera era molto malato, all’ospedale. Lei gli scrisse: “Ti dico che devi volerti bene, avere cura di te, proteggerti, coccolarti, apprezzarti, amarti, godere. Ti dico che ti voglio bene, che ho cura di te, che ti proteggo, che ti coccolo, che ti apprezzo, che ti amo, che ti godo”.
Héctor Carnevale resistette ancora alcuni giorni. Poi, con la lettera di sua figlia sotto il cuscino, se ne andò nel sonno.
Eduardo Galeano, da “Le labbra del tempo”, 2004