Affabulazioni

Le labbra del tempo

11.11.2022

“Siamo fatti di tempo.
Siamo i suoi piedi e le sue labbra.
I piedi del tempo camminano nei nostri piedi.
Prima o poi, si sa, i piedi del tempo cancellano le tracce.
Traversata del nulla, passi di nessuno?
Le labbra del tempo raccontano il viaggio.”

Eduardo Galeano
“Dalle talpe abbiamo imparato a fare i tunnel.
Dai castori abbiamo imparato a costruire dighe.
Dagli uccelli abbiamo imparato a fare le case.
Dai ragni abbiamo imparato a tessere.
Dal tronco che rotolava giù abbiamo imparato la ruota.
Dal tronco che galleggiava alla deriva abbiamo imparato la nave.
Dal vento abbiamo imparato la vela.
Chi ci avrà ma insegnato le cattiverie?
Da chi abbiamo imparato a tormentare il prossimo e a umiliare il mondo?”
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gmb akash photography
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Il viaggio
“Oriol Vall, che si occupa dei neonati in un ospedale di Barcellona, dice che il primo gesto umano è l’abbraccio. Dopo essere venuti al mondo, al principio dei loro giorni, i bebè agitano le mani, come per cercare qualcuno.
Altri medici, che si occupano di quelli che hanno già vissuto, dicono che i vecchi, alla fine dei loro giorni, muoiono cercando di alzare le braccia.
Ed è così, per quanto ci si pensi su, e per quante parole si utilizzino. A questo atto, semplicemente, si riduce tutto: fra due battiti d’ali, senza altre spiegazioni, trascorre il viaggio.”

Storia clinica

 

Rese noto di soffrire di tachicardia ogni volta che lo vedeva, sia pure da lontano.

Dichiarò che le si seccavano le ghiandole salivari quando lui la guardava, se pure di sfuggita.

Ammise una ipersecrezione delle ghiandole sudoripare ogni qualvolta lui le parlava, sia pure per ricambiare il saluto.

Riconobbe di soffrire di gravi sbalzi di pressione quando lui la sfiorava, sia pure per errore.

Confessò che per lui soffriva di capogiri, che le si annebbiava la vista, che le si afflosciavano le ginocchia, che di giorno non riusciva a smettere di dire scemenze e che di notte non riusciva a dormire.

E’ stato tanto tempo fa, dottore”, disse. “Non ho più provato nulla di simile.

Il medico inarcò le sopracciglia: “Non ha mai più provato nulla di simile?

E fece la diagnosi: “Il suo caso è grave”.



Il padre

 

“Vera non andò a scuola. Rimase tutto il giorno chiusa in casa. Al tramonto scrisse una lettera a suo  padre. Il padre di Vera era molto malato, all’ospedale. Lei gli scrisse: “Ti dico che devi volerti bene, avere cura di te, proteggerti, coccolarti, apprezzarti, amarti, godere. Ti dico che ti voglio bene, che ho cura di te, che ti proteggo, che ti coccolo, che ti apprezzo, che ti amo, che ti godo”.

Héctor Carnevale resistette ancora alcuni giorni. Poi, con la lettera di sua figlia sotto il cuscino, se ne andò nel sonno.

 

Il leone

 

“Il leone, simbolo del coraggio e della nobiltà, vibra negli inni, sventola nelle bandiere e custodisce castelli e città. La iena, simbolo della vigliaccheria e della crudeltà, non vibra, non sventola, né custodisce nulla. Il leone, dà il nome a re e plebei, ma non c’è notizia del fatto che qualcuno si sia mai chiamato o si chiami Iena.
Il leone è un mammifero carnivoro della famiglia dei felini. Il maschio si dedica a ruggire. Le sue femmine si incaricano di cacciare un cervo, una zebra o qualche altro animaletto indifeso o distratto, mentre il maschio aspetta. Quando il cibo è pronto, il maschio si serve per primo. Di quello che avanza mangiano le femmine. E alla fine, se qualcosa rimane, mangiano i cuccioli. Se non resta niente, s’arrangiano.
La iena, mammifero carnivoro della famiglia dei canidi, ha altre abitudini. E’ il signore che porta il cibo, e lui mangia per ultimo, dopo che i cuccioli e le signore si sono servite.
Per elogiare, diciamo: “È un leone”. E per insultare: “È una iena”. La iena se la ride. Chissà perché.”

 

Le prime parole

“Circa quattromilacinquecento milioni di anni fa, anno più, anno meno, una stella nana sputò un pianeta, che attualmente risponde al nome di Terra.Circa quattromiladuecento milioni di anni fa, la prima cellula bevve la broda marina, le piacque e si duplicò per avere qualcuno da invitare a bere qualcosa.Circa quattro milioni e rotti di anni fa, la donna e l’uomo, quasi ancora scimmie, si eressero sulle zampe, si abbracciarono e per la prima volta provarono la gioia e il timore di vedersi, faccia a faccia mentre stavano in quel modo.
Circa quattrocentocinquantamila anni fa, la donna e l’uomo sfregarono due pietre e accesero il primo fuoco, con cui provarono a difendersi dal freddo e dalla paura.
Circa trecentomila anni fa, la donna e l’uomo si dissero le prime parole, e credettero di potersi capire.
E in questo stiamo, ancora: provando ad essere due, morti di paura, di freddo, sfregando parole.”

 

 

Eduardo Galeano, da “Le labbra del tempo”, 2004

 

 

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