Affabulazioni

L’estro quotidiano

11.11.2022
“Quando al mattino mi sveglio e per un po’ me ne sto sdraiato a letto a inseguire i pensieri, ecco che arriva Poldo, senza tante cerimonie si piazza come una piccola sfinge sulla mia pancia, e accende il motorino con cui esprime il proprio gradimento. Poi prende confidenza e avanza verso il mio petto, avvicina alla mia faccia il suo triangolino rosa, mi annusa, e mi fissa serio intensamente. È bianco di pelo con gli occhi celesti, pacifico come un Budda, e subito la sua pace entra in me.
Che ne sai della guerra in Iraq, delle Due Torri, dei Kamikaze? Che ne sai tu dei nostri guai? Non leggi i giornali, non guardi la televisione, niente sai di destra e di sinistra, non hai mai assistito a un dibattito politico, mai sentito nominare Berlusconi, sfido io che te ne stai gonfio e tronfio a ronfare sul mio petto. Perché mi guardi così? Ti guardo anch’io, e cerco di scoprire nei tuoi occhi di ceramica, e nella pupilla nera al centro, un qualsiasi messaggio che s’accordi col tuo ronfare amoroso e con questo totale apparente tuo appagamento. Sembri tenero e fiducioso, ma l’occhio tondo e imperscrutabile mi fa pensare all’abisso incolmabile che s’aprì tra l’uomo e l’animale nella notte dei tempi e ruppe la sacra unità del mondo primigenio. Sì, metti pure la quarta, hai ben ragione di farlo tu, lo sai che sei un privilegiato?
Ci pensi mai agli altri gatti, giù nella piazza e nelle strade sotto casa, che fanno una vita da cani, e scusami per il paragone? E ci pensi ai gatti dei Fori o a quelli di piazza Argentina? Li hai mai visti tra le rovine accucciati e mesti nella loro lesa maestà? Se ne stanno solitari nel recinto, tra tronche colonne e capitelli, ma non tutti se la passano bene nei “Cats Sanctuaries” romani. Uno ha le orecchie mozzate e uno un occhio pesto, uno è azzoppato e uno ustionato, e tanti hanno le palle tagliate. Di loro si prendono cura le gattare, qualcuna buona samaritana, qualche altra un po’ kapò e castratrice, benintenzionata s’intende (perché è la ragione che purtroppo lo impone, la ragione che seleziona). Ma me lo sai dire dove va a finire il “Cat Pride” quando ti tagliano quelle, senza nemmeno chiedere la tua opinione in proposito?
Eh, caro Poldo, sei fortunato tu, e in confronto a questi tuoi confratelli sei un signore, anche se ti sembra naturale. Sei riverito e coccolato come un signore, ma più ricevi più pretendi, e ti comporti come se pagassi tu l’affitto di casa e fossi io il tuo ospite. Dimmi, perché credi che tutto ti sia dovuto? Forse perché sei bello? Perché sei un egoista, un narciso? Un esteta, un seduttore? Ci casco sempre, e non ti resisto. Lo capisco, t’infastidisco, tu vuoi solo carezze, e ronfi e ti strusci, strofini al mio viso il tuo muso dai tratti minuti, coi baffi di nailon mobili e alati, il triangolino rosato al centro che forma una x con la bocca, le orecchie aguzze sensibili ad ogni fruscio. Sotto la mano che ti accarezza stringi gli occhi rapito, ma io ti conosco. Conosco quell’Altro, che copri e nascondi tra tante moine. Vien fuori di botto, anche quando il sonno ti ha preso, e vai in coma. Ma ecco, nel tempo di un lampo il risveglio, e pronto all’assalto, tutto unghie pelo irto e mugolii, ti trasformi in un draghetto cinese. L’occhio celeste crudele scintilla, e Mister Hyde, che prima dormiva, ora è Jekyll.”
Raffaele La Capria, da “L’estro quotidiano”, 2005

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