“Piccola stazione, piccola stazione, quanta felicità ti devo.
Guardi da tutti i lati, a destra, a sinistra e anche dietro. I tuoi stendardi garriscono perdutamente, perché soffrire? Lasciamo stare, non siamo già abbastanza numerosi? Tracciamo con il gesso bianco o il carbone nero la felicità e il suo enigma; l’enigma e la sua affermazione. Sotto i portici ci sono delle finestre; a ogni finestra un occhio ci guarda e dietro delle voci ci chiamano. È a noi che viene, la felicità della stazione, è da noi che esce trasfigurata. Piccola stazione, piccola stazione, sei un giocattolo divino. Quale Zeus distratto ti ha dimenticata su questa piazza così quadrata e così gialla, vicino a questo getto d’acqua così limpido e conturbante? Tutte le tue bandierine garriscono insieme sotto la vertigine del cielo luminoso. Dietro i muri la vita scorre come una catastrofe. Ma che t’importa di tutto questo?…
Piccola stazione, piccola stazione, quanta felicità ti devo.”