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Brigadas Ramona Parra 

23.09.2023

Gli storici, e qualche erudito, affermano che fu nel porto di Valparaíso in Cile, nel mese di luglio del 1963, che venne dipinto il primo murale di propaganda politica.
In seguito, nel 1969, durante una marcia contro la guerra in Vietnam partita da questa città portuale e giunta fino a Santiago, nacque ufficialmente il gruppo di pittura murale Brigadas Ramona Parra (così chiamato in onore di un’operaia tessile assassinata in piazza Bulnes, nel centro della capitale, nel 1947) a cui diedero vita i giovani comunisti.
Ben presto tutti i partiti di Unidad Popular ebbero le proprie Brigadas.
Immediatamente dopo, e in particolare a partire dal 1970 durante la campagna presidenziale che portò Salvador Allende alla presidenza della Repubblica, la pittura murale si rivelò di grande importanza, diventando un fenomeno politico-culturale che richiamò l’attenzione del mondo intero.

Tutto nacque da un fatto successo durante la campagna elettorale antecedente l’elezione presidenziale del 1964. Salvador Allende e i suoi sostenitori affrontarono quella campagna elettorale in mezzo a grandi difficoltà economiche, in contrasto con l’enorme capacità di mezzi e risorse su cui contava la candidatura di Eduardo Frei Montalva. La sua organizzazione, infatti, non solo disponeva di mezzi finanziari, ma si avvaleva anche di un’équipe di professionisti: giornalisti, sociologi, psicologi, specialisti in comunicazione. La propaganda a sostegno di Frei riempiva giornali e periodici, supportata da slogan molto mirati, estremamente efficaci, frutto di ricerche fatte da esperti qualificati e competenti.

La propaganda era studiata e realizzata da un’agenzia pubblicitaria le cui strategie non tralasciavano alcun aspetto della comunicazione, inclusa anche la propaganda nelle strade che fino a quel momento era stata dominio prevalente della sinistra. Così nell’aprile del 1963, nei primi giorni della campagna elettorale, in tutte le strade delle città cilene apparvero, dipinte sui muri, le cosiddette stelle di Frei, alcune di dimensioni monumentali.
I collaboratori e sostenitori di Allende furono colti di sorpresa, anche perché in quella fase si trovarono impreparati ad affrontare questa nuova sfida. Abituati ad una certa improvvisazione, cercarono invano di inseguire i metodi della propaganda di Frei.

Si proposero allora di iniziare con una vera offensiva pittorica nelle strade, e il suo inizio fu un’indimenticabile sera di maggio del 1963 quando uscirono a migliaia nelle strade a dipingere fino alle ore piccole.
Il materiale utilizzato era costituito da dieci sacchi di nerofumo, colla da falegname e una notevole quantità di secchi di metallo, il tutto donato dagli operai del porto e dai lavoratori delle raffinerie di petrolio. Con questo materiale prezioso furono preparati circa duemila litri di pittura nera di buona qualità.
La provincia di Valparaíso fu così riempita con le famose “X” dipinte della campagna di Allende.
Mancò purtroppo un coordinamento per procedere con questa azione dimostrativa. Furono commessi molti errori fra cui, per esempio, l’aver dipinto monumenti, palazzi e luoghi di pubblica utilità, fatto che originò una velenosa ma efficace campagna stampa sul quotidiano El Mercurio de Valparaíso e sulla sua edizione serale La Estrella. Gli attivisti furono qualificati come vandali, delinquenti, imbrattatori, ecc. e i giornalisti arricchirono le loro cronache con fotografie maliziosamente ritoccate. Così i sostenitori di Allende si trovarono completamente vulnerabili.

Fu in questo clima che nacque l’idea di cercare nuove forme propagandistiche, come ad esempio rappresentare artisticamente, in manifesti dipinti direttamente sui muri, le parole d’ordine e le aspirazioni popolari. L’idea era venuta a un pittore di Valparaíso che aveva tratteggiato alcuni bozzetti. Fu facile svegliare l’entusiasmo, un po’ meno trovare i mezzi per la realizzazione dell’idea.
Finalmente il problema fu risolto e venne scelto un muro in avenida España, la strategica arteria che unisce Valparaíso a Viña del Mar. Il murale fu dipinto in una sola notte da due pittori, aiutati da un gruppo di giovani. Fu il primo murale politico dipinto in Cile. Subito dopo ne venne dipinto un altro nella stessa via, ma molto più lungo e più vicino al centro della città. Questo dipinto ebbe un forte impatto sulla popolazione e provocò la reazione immediata del Partido de la Democracia Cristiana, che portò a Valparaíso alcuni professionisti della propaganda i quali realizzarono un enorme dipinto raffigurante la stella di Frei con lo slogan “cinquantamila borse di studio per i bambini poveri”. In risposta, la sera successiva, il gruppo muralista di Allende dipinse a fianco della stella la scritta “nel governo popolare non ci saranno bambini poveri”.

Era iniziata quella che fu definita “la battaglia di propaganda dell’avenida España”. Vi parteciparono gruppi giovanili dei diversi cerros (colline), che ebbero il compito di coprire in forma longitudinale l’arteria stradale con le “X” di Salvador Allende le quali, arricchite da quel momento con i colori nazionali, ebbero un grande impatto visivo e propagandistico.
Il poeta cileno Pablo Neruda, che viveva allora nel cerro Bellavista, manifestò il suo interesse ed entusiasmo, definendo l’iniziativa “una bella azione policromatica”.

L’azione più spettacolare avvenne grazie a un murale monumentale che fu dipinto sul ponte Capuchinos (luogo con un’enorme visibilità poiché vi transita tutto il traffico stradale fra Valparaíso e Viña del Mar). Il murale rappresentava un’allegoria delle lotte del popolo e delle sue speranze. Aveva una lunghezza di centotrenta metri e un’altezza che variava dai tre ai sei metri. Vi lavorarono tre gruppi diversi (ogni gruppo con un soggetto diverso), composti in gran maggioranza da studenti dell’Università del Cile e dell’Università Federico Santa Maria, diretti dai pittori Gastón Vilavecchia, artista italiano residente a Viña del Mar, Nemesio Rivera e Jorge Osorio. Si formò una sfilata popolare di gente (molti in modo organizzato) che andava a vedere lo stato d’avanzamento dell’opera e, oltre alla solidarietà, portava da mangiare ai pittori.
Molti dirigenti del movimento di Allende nutrivano però delle perplessità sulla validità di questa azione, perplessità che furono presto dissipate dall’opinione dello stesso Salvador Allende che qualificò il movimento dei murales come una delle iniziative più notevoli della sua campagna elettorale.

Da quel momento la pittura murale diventò un fenomeno artistico nazionale di massa e raggiunse la sua pienezza nella campagna elettorale del 1970, dando origine in seguito al muralismo come forma collettiva e artistica. Ciò che era nato come un’iniziativa locale, scaturita dall’immaginazione di un gruppo di persone, diventò uno dei contributi più importanti e originali della creatività popolare cilena, la cui eco giungerà molto più in là delle frontiere cilene.

I ricordi di Eduardo Mono Carrasco

I murales urbani erano anonimi e passeggeri. Il messaggio cambiava al ritmo dei fatti che accadevano. I dipinti si amalgamavano così con la vita stessa e l’arte era in perenne conflitto con il vento, la pioggia e il lavoro di altri uomini. Ciò che veniva dipinto oggi si distruggeva domani.

Durante la campagna presidenziale lavorammo ai limiti della legge, scappando e nascondendoci infinite volte da polizia e carabineros e rischiando di essere aggrediti da bande di estremisti di destra.
Si facevano bei dipinti a una velocità sbalorditiva. Le prime volte si trattava di semplici scritte di un solo colore, senza nessuna pretesa estetica, realizzate utilizzando la parte larga delle pennellesse all’altezza del braccio. Con l’andare del tempo e con l’esperienza ci rendemmo conto che si poteva fare di meglio. Utilizzavamo i tre colori nazionali: bianco per il fondo, rosso e blu per riempire le lettere. Il nero serviva per fare il contorno finale. Negli ultimi mesi della campagna elettorale ogni brigada realizzava con questa metodologia all’incirca quindici murales per notte.

Dopo il trionfo di Salvador Allende la parola d’ordine era: “abbiamo vinto, andiamo avanti a costruire un Cile nuovo!”. Il 7 settembre del 1970 eravamo nelle strade di Santiago a dipingere i primi murales veri e propri, abbellendo la città. Era una sensazione fantastica, la strada era nostra, l’avevamo conquistata con immensi sacrifici.
Le Brigadas Ramona Parra produssero un grande cambiamento artistico e portarono il muralismo nelle strade, a cielo aperto, per informare visivamente lo spettatore e per educarlo attraverso la denuncia sociale.

Nell’aprile del 1971 dalle strade i murales entrarono anche nel Museo d’Arte Contemporanea del Comune della Quinta Normal, nella zona metropolitana di Santiago, grazie al suo direttore, il pittore Guillermo Nuñez.

In quegli anni le nostre rappresentazioni simboliche erano facce in movimento, mani che portavano bandiere, martelli, falci, matite, libri scolastici, ingranaggi, stelle che si scomponevano davanti agli occhi degli spettatori e diventavano colombe, mani, fiori. Erano immagini metaforiche che potevano avere diverse letture visive, realizzate con elementi compositi per risparmiare tempo nella loro costruzione e rendere più efficace il messaggio. Ne risultava una grafica di colori puri, piani, con grosse linee nere che contornavano e che modulavano la luce e le ombre. I murales erano come gigantografie di titoli giornalistici, erano l’informazione, il periodico che serviva a orientare la gente, erano una sfida verso orizzonti più ampi.

Nel lavoro collettivo i compiti si distribuivano d’accordo con le volontà e le capacità. Era come se i tracciatori fossero i direttori di un’orchestra dove pennelli e colori diventavano strumenti musicali variopinti.
Nei gruppi muralisti si viveva in un clima di serenità, di fratellanza e di difesa reciproca; le ragazze erano le più agguerrite nel lavoro. Tutti avevamo un soprannome che derivava da particolari situazioni o dall’aspetto fisico; io ero chiamato Mono (che in spagnolo vuol dire scimmia) per le mie capacità di arrampicarmi nei posti più impossibili e per via della mia faccia da primate.

In sostanza, dalla lotta quotidiana era nata un’arte, rapida, diretta, semplice. Non eravamo consapevoli di dar vita a una nuova forma di espressione, a una nuova e autentica arte popolare. I murales cileni sono sempre stati anonimi, il che stava a significare che appartenevano a tutti, a chi partecipava dipingendo e a chi guardava rispettandoli.

In quegli anni il muralismo si estendeva anche per il contatto che sapeva creare con le masse; alcuni artisti, dopo aver visto i risultati positivi della nostra esperienza, cominciarono a unirsi in gruppi e a uscire la sera con le Brigadas.
Roberto Sebastián Matta, il grande artista cileno, venne a Santiago nel 1970 per dipingere un murale nella piscina municipale di La Granja, un comune popolare alla periferia della città, insieme alla Brigada Ramona Parra. Oggi quel murale, che la dittatura cancellò, o meglio provò a cancellare per ben quindici volte, è stato restaurato ed è patrimonio culturale del Cile, motivo di studio e di ricerca universitaria.

L’arte muralista fa pensare alle immagini eroiche apparse nel 1789 in Francia, ai manifesti pop cubani, a quelli del maggio 1968, fatti in fretta, concepiti per la verità del momento. Ma ci fa pensare anche agli affreschi preistorici, alle attività domestiche rappresentate nelle pitture egizie, ai profili assiri, ai semplici disegni dei primi cristiani, alla pazzia muralistica messicana, e a Mirò, Léger, Chagall, Picasso.

Per comprendere quello che è successo nel Cile di quegli anni nel campo della pittura e della musica non si può non fare i conti con lo straordinario rinnovamento culturale che venne portato avanti durante i tre anni del governo di Allende. Nella storia del Cile ogni volta che le battaglie raggiungevano un alto livello di maturità politica, l’arte e la cultura si trasformavano. Un critico d’arte spagnolo ha scritto: “l’arte cambia quando cambia la vita”.

 

Liberamente tratto da Il sogno dipinto – I murales del Cile nella memoria storica e Inti-Illimani – storia e mito di Eduardo Mono Carrasco* – Fonte: “Le pietre raccontano”

 

*Eduardo Mono Carrasco, nome clandestino e provvisorio di Héctor Roberto Carrasco Grafico, muralista, promotore culturale, scrittore, fondatore del gruppo muralista cileno Brigada Ramona Parra.

Vive e lavora in Italia dal 1974, anno in cui è arrivato dal suo Paese come rifugiato politico, dopo il colpo di stato militare di Augusto Pinochet.

Nel 1971, in un quartiere popolare di Santiago, dipinge con il famoso artista Roberto Sebastian Matta un’importante opera murale, coperta più volte negli anni dalla dittatura, oggi restaurata e resa Patrimonio Culturale del Paese.

In Italia e in Europa dipinge centinaia di murales: nelle piazze, sui muri delle città, nei teatri, nelle scuole e nelle palestre di grandi e piccoli paesi. Ha creato numerosi gruppi di pittura collettiva con i giovani in diverse città, realizzando opere che oggi rimangono testimonianza visiva del suo percorso nell’arte popolare collettiva della pittura murale.
É operatore culturale, curatore di mostre tematiche e realizzatore di progetti per grandi eventi come fiere di settore e mostre multimediali.
Nel luglio del 2004 l’Ambasciata del Cile a Roma gli conferisce la Medaglia Pablo Neruda, onorificenza governativa promossa dalla Fundación Pablo Neruda.
É rappresentante in Italia del gruppo musicale Inti Illimani Histórico.

 

Informazioni tratte da muralescarrasco.com

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Fine ottobre 1970, Benvenuti nel nuovo Cile,murale realizzato lungo la strada verso l’aeroporto di Santiago per dare il benvenuto ai cittadini e alle autorità argentine in visita in Cile

 

1971, La terra è il pane, murale realizzato a Temuco, città a sud di Santiago, zona nella quale si trovavano i maggiori latifondi del Paese

 

1971, La cultura è il nostro futuro. La cultura aveva un’enorme importanza per il Governo di Salvador Allende, le brigadas dipinsero molti murales dedicati a questa tematica

 

1971, Il rame è il salario del Cile, murale realizzato a Rancagua, città a sud di Santiago dove si trova la miniera El Teniente

 

1972, Ci sarà lavoro per tutti, murale realizzato in un quartiere popolare vicino a un’arteria industriale

 

 

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