Magazzino Memoria

Uno psicologo nei lager

03.02.2024
Improvvisamente, ho di fronte l’immagine di mia moglie. Mentre inciampiamo per chilometri, guardiamo la neve o scivoliamo su lastre ghiacciate, sempre sorreggendoci a vicenda, aiutandoci gli uni gli altri e trascinandoci avanti, nessuno parla più, ma sappiamo bene che in questi momenti ognuno di noi pensa a sua moglie. Di tanto in tanto guardo il cielo, dove impallidiscono le stelle, o là, dove comincia l’alba, dietro una scura cortina di nubi: ma il mio spirito è ora tutto preso dalla figura che si racchiude nella mia fantasia straordinariamente accesa, e della quale non ho mai avuto sentore prima, nella vita normale. Parlo con mia moglie. La sento rispondere, la vedo sorridere dolcemente, vedo il suo sguardo, e — corporeo o meno — il suo sguardo brilla più del sole che si leva in questo momento. D’un tratto, un pensiero mi fa sussultare: per la prima volta nella mia vita, provo la verità di ciò che per molti pensatori è stato il culmine della saggezza, di ciò che molti poeti hanno cantato; sperimento in me la verità che l’amore è, in un certo senso, il punto finale, il più alto, al quale l’essere umano possa innalzarsi.
Comprendo ora il senso del segreto più sublime che la poesia, il pensiero umano ed anche la fede possono offrire: la salvezza delle creature attraverso l’amore e nell’amore! Capisco che l’uomo, anche quando non gli resta niente in questo mondo, può sperimentare la beatitudine suprema — sia pure solo per qualche attimo — nella contemplazione interiore dell’essere amato. Nella situazione esterna più misera che si possa immaginare – nella condizione di non potersi esprimere attraverso l’azione, quando la sola cosa che si possa fare è sopportare il dolore con dirittura, sopportano a testa alta, ebbene, anche allora, l’uomo può realizzarsi in una contemplazione amorosa, nella contemplazione dell’immagine spirituale della persona amata, che porta in sé. Per la prima volta nella mia vita, sono in grado di capire ciò che si intende, quando si dice: gli angeli sono beati nell’infinita, amorevole contemplazione di uno splendore infinito…
Davanti a .me cade un compagno; quelli che gli marciano dietro, cadono anche loro. La sentinella accorre e li bastona senza pietà. La mia vita contemplativa è interrotta per qualche secondo, ma subito dopo la mia anima si innalza, si eleva nuovamente dalla mia esistenza di internato ad un mondo sovrumano e riprende il dialogo con l’essere amato: io chiedo — lei risponde, lei domanda — rispondo io.
Viktor Frankl, da “Contempla l’amore”, in “Uno psicologo nei lager”, 1946
Dal 1942 al 1945, Viktor Frankl venne internato in quattro campi di concentramento, tra cui Auschwitz e Dachau.

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