Ma la vita: captata nella sua forma irriducibile,
senza più ornamento o commento melodico,
vita a cui aspiriamo come pace nella stanchezza
(non la morte),
vita minima, essenziale; un inizio; un sonno;
meno che terra, senza calore; senza scienza né ironia;
quello che si possa desiderare di meno crudele: vita
in cui l’aria, non respirata, mi avvolga;
nessuno spreco di tessuti; loro assenza;
confusione tra mattino e sera, senza più dolore,
perché il tempo non si divide più in sezioni; il tempo
eliminato, domato.
Non ciò che è morto né l’eterno o il divino,
soltanto quello che è vivo, piccolo, silenzioso, indifferente
e solitario vivo.
Questo io cerco.”
“Dicesti: «Andrò in un’altra terra, su un altro mare.
Ci sarà una città meglio di questa.
Ogni mio sforzo è una condanna scritta;
e il mio cuore è sepolto come un morto.
In questo marasma quanto durerà la mente?
Ovunque giro l’occhio, ovunque guardo
vedo le nere macerie della mia vita, qui
dove tanti anni ho trascorso, distrutto e rovinato».
Non troverai nuove terre, non troverai altri mari.
Ti verrà dietro la città. Per le stesse strade
girerai. Negli stessi quartieri invecchierai;
e in queste stesse case imbiancherai.
Finirai sempre in questa città.
Verso altri luoghi – non sperare –
non c’è nave per te, non c’è altra via.
Come hai distrutto la tua vita qui
in questo cantuccio, nel mondo intero l’hai perduta.”
Kostantinos Kavafis, “La città”, Traduzione di Nicola Crocetti
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Fuga
“Anima, andiamo. Non ti sgomentare
di tanto freddo, e non guardare il lago,
s’esso ti fa pensare ad una piaga
livida e brulicante. Sí, le nubi
gravano sopra i pini ad incupirli.
Ma noi ci porteremo ove l’intrico
dei rami è tanto folto, che la pioggia
non giunge a inumidire il suolo: lieve,
tamburellando sulla volta scura,
essa accompagnerà il nostro cammino.
E noi calpesteremo il molle strato
d’aghi caduti e le ricciute macchie
di licheni e mirtilli; inciamperemo
nelle radici, disperate membra
brancicanti la terra; strettamente
ci addosseremo ai tronchi, per sostegno;
e fuggiremo. Con la piena forza
della carne e del cuore, fuggiremo:
lungi da questo velenoso mondo
che mi attira e mi respinge. E tu sarai,
nella pineta, a sera, l’ombra china
che custodisce: ed io per te soltanto,
sopra la dolce strada senza meta,
un’anima aggrappata al proprio amore.”
Antonia Pozzi, da “Antonia Pozzi, Parole”, 1989
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Street art di Millo (Chieti)
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Immagine in evidenza: Pere Borrell del Caso, “Escapando de la crítica”, 1874