Linguaggi

Lavoro di donna

01.05.2024
“Io sono il mio lavoro migliore – una serie di mappe stradali, relazioni, ricette, scarabocchi e preghiere dalla prima linea”. –
Audre Lorde
*****
Lavoro di donna
“Ho dei bambini cui badare
vestiti da rattoppare
pavimenti da lavare
cibo da comprare
poi, il pollo da friggere
il bambino da asciugare
un reggimento da sfamare
il giardino da curare
ho camicie da stirare
i bimbetti da vestire
la canna da tagliare
e questa baracca da ripulire
dare un’occhiata agli ammalati
e raccogliere cotone.
Risplendi su di me, sole
bagnami, pioggia
posatevi dolcemente, gocce di rugiada
e rinfrescate ancora questa fronte.
Tempesta, spazzami via di qui
con una raffica di vento
lasciami fluttuare nel cielo
affinché possa riposare.
Cadete morbidi, fiocchi di neve
copritemi di bianco
freddi baci ghiacciati
lasciatemi riposare questa notte.
Sole, pioggia, curva del cielo
montagne, oceani, foglie e pietre
bagliori di stelle, barlume di luna:
siete tutto quello che io posso dire mio.”
Maya Angelou
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Madre operaia

“Nel lanificio dove aspro clamore
cupamente la volta ampia percote,
e fra stridenti rote
di mille donne sfruttasi il vigore,

già da tre lustri ella affatica. — Lesta
corre a la spola la sua man nervosa,
né l’alta e fragorosa
voce la scote de la gran tempesta

che le scoppia dattorno. — Ell’è sì stanca
qualche volta; oh, sì stanca e affievolita!…
Ma la fronte patita
spiana e rialza, con fermezza franca;

e par che dica: Avanti ancora!… — Oh, guai,
oh, guai se inferma ella cadesse un giorno,
e al suo posto ritorno
far non potesse, o sventurata, mai!… —

Non lo deve; nol può. — Suo figlio, il solo,
l’immenso orgoglio de la sua miseria,
cui ne la vasta e seria
fronte del genio essa divina il volo,

suo figlio studia. — Ed essa all’opificio
a stilla a stilla lascierà la vita,
e affranta, rifinita,
offrirà di sé stessa il sacrificio;

e la tremante e gelida vecchiaia
offrirà, come un dì la giovinezza,
e salute, e dolcezza
di riposo offrirà, santa operaia;

mio figlio studierà. — Temuto e grande
lo vedrà l’avvenire; ed a la bruna
sua testa la fortuna
d’oro e di lauro tesserà ghirlande!…

…. Ne la stamberga ove non giunge il sole
studia, figlio di popolo, che porti
scritte ne gli occhi assorti
de l’ingegno le mistiche parole,

e nei muscoli fieri e nella sana
verde energia de le tue fibre serbi
gli ardimenti superbi
de la indomita razza popolana.

Per aprirti la via morrà tua madre;
all’intrepido suo corpo caduto
getta un bacio e un saluto,
e corri incontro a le nemiche squadre,

e pugna colla voce e colla penna,
d’alti orizzonti il folgorar sublime,
nove ed eccelse cime
addita al vecchio secol che tentenna:

e incorrotto tu sia, saldo ed onesto…
nel vigile clamor d’un lanificio
tua madre il sacrificio
de la sua vita consumò per questo.”

Ada Negri, da “Fatalità”, 1892
*****
Il grembiule

“Oddio il mio grembiule
guarda come mi torno indietro
era una bobina di anima
ogni giorno un filo d’amore
ogni giorno quelle ore che mi massacravano

io ogni giorno non ridevo mai
e la sera tornavo così stanca
e vedevo mio marito che mi guardava
e io mi giravo dall’altra parte
ma il mio grembiule era pieno di rose
erano tutti i baci che avrei dato a lui
invece di quello sporco lavoro

non hanno voluto pagarmi
né il grembiule e neanche la vita
perché ero una donna che non poteva sognare
ero una volgare operaia
che in un giorno qualsiasi
e chissà perché
aveva perso di vista il suo grembiule
per pensare soltanto a lui.”

 

Alda Merini, da “Antenate bestie da manicomio”, 2008

 

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Giacomo Ceruti (Pitocchetto), “Donne che lavorano” 

 

 

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Così andammo

 

“Così andammo
Mia Madre e io fino alle porte dell’officina
– Va’ – mi disse lei. Io corsi
Incontro a quel mondo sconosciuto
Corsi perché mia Madre
Mi disse di andarci come alla guerra
Mi disse di andarci mia Madre
E mio Padre non ebbe nemmeno bisogno
Di dirmelo perché io volevo
Fare bene come lui. Mia Madre
E mio Padre finalmente uniti
Per mandarmi alla guerra.

E se la paura che è il frutto di un’immaginazione
Troppo fertile mi fa guardare
La bottiglia ad aria compressa più spesso
Del vetro iridato che devo manipolare
E se la paura e se la paura
E se la mia testa esplode nel fuoco e se il mio corpo
Brucia e se la mia adolescenza resta qui dentro questo
fuoco
Che esplode nella mia testa e se la mia paura
(L’uscita non è lontana. L’importante
È non perderla di vista nemmeno per un istante)

Ho chiesto alla caporeparto
Di fermare le macchine. – Non ci pensare neanche – mi dice
– E perché? –
Vorrei sentire la voce delle mie amiche
– Che razza di fantasia é questa sei matta da legare
Non ci pensare neanche!
Oh, sì, io ci penso io non penso che a questo
– E allora le sentirai quando sarà ora
A mezzogiorno e dopo le sei – dice la caporeparto con
gli occhi fuori dalle orbite
– Ma è adesso, che loro cantano
E io non riesco a sentirle!

«Maneggiare con cura»
Avevo scritto sul pacco
Pieno di oggetti fragili
Che andavano verso l’uscita verso la città
Perché l’anima delle mie compagne
Era passata nell’oggetto soffiato
Fragile e trasparente. La mia anima.

“Così andammo
Mia Madre e io fino alle porte dell’officina
– Va’ – mi disse lei. Io corsi
Incontro a quel mondo sconosciuto
Corsi perché mia Madre
Mi disse di andarci come alla guerra
Mi disse di andarci mia Madre
E mio Padre non ebbe nemmeno bisogno
Di dirmelo perché io volevo
Fare bene come lui. Mia Madre
E mio Padre finalmente uniti
Per mandarmi alla guerra.

E se la paura che è il frutto di un’immaginazione
Troppo fertile mi fa guardare
La bottiglia ad aria compressa più spesso
Del vetro iridato che devo manipolare
E se la paura e se la paura
E se la mia testa esplode nel fuoco e se il mio corpo
Brucia e se la mia adolescenza resta qui dentro questo
fuoco
Che esplode nella mia testa e se la mia paura
(L’uscita non è lontana. L’importante
È non perderla di vista nemmeno per un istante)

Ho chiesto alla caporeparto
Di fermare le macchine. – Non ci pensare neanche – mi dice
– E perché? –
Vorrei sentire la voce delle mie amiche
– Che razza di fantasia é questa sei matta da legare
Non ci pensare neanche!
Oh, sì, io ci penso io non penso che a questo
– E allora le sentirai quando sarà ora
A mezzogiorno e dopo le sei – dice la caporeparto con
gli occhi fuori dalle orbite
– Ma è adesso, che loro cantano
E io non riesco a sentirle!

«Maneggiare con cura»
Avevo scritto sul pacco
Pieno di oggetti fragili
Che andavano verso l’uscita verso la città
Perché l’anima delle mie compagne
Era passata nell’oggetto soffiato
Fragile e trasparente. La mia anima.”

 

Nella Nobili, da “La ragazzina in fabbrica”

 

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Nell’immagine in evidenza: Teofilo Patini, “Bestie da soma”, 1886

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